Vista la lunga serie di precedenti che il duo russo Vovan e Lexus ha collezionato prima di aggiungere anche Giorgia Meloni al loro medagliere di scherzi, per farsi un’idea di come se la sia cavata la nostra premier basta una carrellata degli altri malcapitati, da Pedro Sanchez a Boris Johnson, da Elton John all’autrice di Harry Potter, J.K. Rowling, vittima l’anno scorso di una video conferenza dove ha creduto di parlare con Volodymyr Zelensky. Nonostante i ringraziamenti per le donazioni della sua fondazione, che il finto Zelensky assicura di usare per gli armamenti, e le domande sull’orientamento sessuale di Albus Silente, vecchio mago tra i personaggi principali della saga, la scrittrice ha continuato la video-call. E come tanti altri ha regalato al famigerato duo russo un’altro contenuto da pubblicare online.

Ma una cosa è prendere in giro personaggi famosi, un’altra è affrontare temi di attualità sul tavolo delle maggiori istituzioni con premier e ministri, tanto che YouTube ha deciso di bandire i due comici dalla sua piattaforma, costringendoli a ripiegare sulla versione russa. La capacità di arrivare alle più alte cariche dei governi è valsa ai due ex giornalisti trentenni la nomea di spie, o quantomeno l’accusa, sempre respinta, di essere vicini ai servizi segreti del Cremlino, partecipando addirittura alla cosiddetta guerra ibrida al fianco di Vladimir Putin, ipotesi che ora impensierisce anche i servizi italiani. Al netto dei mezzi utilizzati e dell’imbarazzo causato a chi non è riuscito a filtrare le comunicazioni, ultimo il consigliere diplomatico di Palazzo Chigi Francesco Talò che, almeno per ora, si è assunto ogni responsabilità, il problema sta poi nella loquacità delle vittime. Insomma, hanno parlato troppo? I dispiaceri di Meloni, convinta di parlare al telefono con il presidente dell’Unione africana, sono nelle sue uscite sul conflitto ucraino, con “stanchezza da tutte le parti” tanto che servirà presto “una via d’uscita”, e in quelle sull’immigrazione, dove Meloni ammette che il dossier fondamentale per il suo governo in Europa non interessa a nessuno: “Non rispondono nemmeno al telefono”.

Come se la sono cavata gli altri? “Non sapevo assolutamente si trattasse di una manipolazione. Il contatto è avvenuto attraverso una persona che si è presentata come il capo di gabinetto dell’ex presidente ucraino Petro Poroshenko. Non avevamo motivo di sospettare”, si è giustificato l’ex presidente francese Francois Hollande, tra le vittime più note della coppia russa, costretto a palare degli accordi di Minsk alle cui trattative lavorò proprio con Poroshenko. Una volta pubblicato il video della conversazione, Hollande ha dovuto smarcarsi dall’accusa di aver sostenuto che dietro agli accordi vi fosse una strategia della Nato per militarizzare l’Ucraina. “In nessuno dei miei commenti ho suggerito che avremmo firmato per permettere agli ucraini di prepararsi alla guerra”, si è smarcato l’ex premier, visibilmente indispettito dallo scherzo subito e forse pentito di non aver ulteriormente pesato le parole.

Già vittima una prima volta nel 2018, quando era ministro degli Esteri, il premier britannico Boris Johnson ha visto Vovan e Lexus tornare all’attacco proprio a ridosso dell’attacco russo all’Ucraina e insidiare alcuni dei suoi ministri, compreso quello della difesa, Ben Wallace, contattato dal sedicente primo ministro ucraino Denys Smihal per cercare di incastrarlo sulle presunte ambizioni nucleari di Kiev. Ma Wallace risponde con grande cautela, rimandando a Johnson come unico titolato ad affrontare temi così delicati e infine interrompendo la chiamata. Tanto che sarà lui stesso su Twitter a comunicare il tentativo dell’impostore e successivamente a commentare che “le cose devono andare male per il Cremlino se deve ricorrere a scherzi e video falsi”. Nondimeno, in molti si sono chiesti come abbiano fatto i comici ad arrivare al titolare della Difesa britannica in un momento di alta tensione internazionale proprio per la guerra in Ucraina e infatti è stata avviata un’indagine.

Più di recente, Vovan e Lexus mettono a segno una telefonata col primo ministro spagnolo Pedro Sanchez. “Potrebbe succedere a chiunque”, aveva commentato il leader dei socialisti quando il premier era Mariano Rajoy, vittima dello scherzo di un finto Carles Puigdemont, allora alla guida della Generalitat catalana. E infatti è successo anche a lui, contattato da chi si è finto “un presidente africano” interessato a discutere degli accordi ucraini sui cereali come del sistema dei pagamenti SWIFT dal quale la Russia era stata esclusa dalle sanzioni Ue. Ma Sanchez non si sbottona, anzi, mantiene sempre la posizione ufficiale del governo, dell’Unione Europea e della Nato. E se sul recente golpe in Niger Meloni confessa al sedicente capo dell’Unione africana di non condividere il punto di vista francese che nell’area avrebbe “altre priorità”, Sanchez si limita invece a dirsi contrario all’abbandono del Paese da parte dei militari europei “per non lasciare che la Russia controlli la regione”.

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