di Federica Pistono*
Da sempre, tra letteratura e società esiste una relazione di natura simbiotica. Spesso, la letteratura funziona come uno specchio in cui si riflettono molti dei caratteri di una società, altre volte è la società a trasformare i suoi schemi e modelli grazie a un risveglio della coscienza prodotto dalla letteratura. Proprio perché costituisce una simulazione dell’azione umana, in cui si riverberano pensieri, abitudini, desideri e pulsioni della società, è importante, in tempo di crisi, riconoscere alla letteratura il ruolo di ritratto della vita, realizzato attraverso le parole, le azioni e le reazioni dei diversi personaggi.
In questo momento così tragico per la Striscia di Gaza, per l’intero Medio Oriente e per la stessa umanità, può essere utile, a chi desideri capire qualcosa delle condizioni di vita del popolo che abita quel lembo di terra, leggere un romanzo a firma palestinese che voglia raccontare proprio l’ordinaria e folle quotidianità di quella grande prigione a cielo aperto.
Il romanzo è Fuori da Gaza della scrittrice anglo-palestinese Selma Dabbagh (Il Sirente, 2017, traduzione di Barbara Benini), un libro necessario, in questo momento, perché narra la storia di una famiglia palestinese di Gaza e riflette come in uno specchio la vita nella Striscia, area sotto assedio, ridotta allo stato di enclave palestinese in territorio israeliano.
Come osservava il grande poeta palestinese Mahmoud Darwish, “l’unico valore di chi vive sotto occupazione è il grado di resistenza all’occupante”. Il romanzo di Selma Dabbagh sembra ispirarsi proprio a queste parole, indagando le pieghe più profonde dell’anima di Gaza e ricostruendo i molteplici aspetti di una società complessa, un mondo in cui l’occupazione, la guerra e la violenza finiscono per modellare anche la sfera più intima delle persone.
L’espediente narrativo utilizzato dalla scrittrice è quello di raccontare la storia di una famiglia della media borghesia, colta e benestante, la cui casa si ritrova all’improvviso a essere l’unica rimasta in piedi in mezzo alle macerie del quartiere, distrutto dagli attacchi israeliani. La prima parte dell’opera descrive l’ambiente familiare e il contesto socio-culturale in cui si muovono i giovani protagonisti, i gemelli Rashid e Iman: il padre è un ex militante dell’OLP, la madre ha un passato segreto nei movimenti di lotta per la liberazione della Palestina, e il fratello maggiore, Sabri, è costretto su una sedia a rotelle dopo aver perso le gambe in un attentato. I veri protagonisti della storia sono i due gemelli, che, dopo aver passato molti anni all’estero, si ritrovano ora intrappolati nella Striscia, e sognano soltanto il momento in cui potranno evadere. Rashid è un giovane che spera in un futuro all’estero e sembra aver già trovato la via di fuga: ha appena vinto una borsa di studio che gli consentirà di trasferirsi in Inghilterra e vivere con la fidanzata inglese, Lisa, un’attivista per i diritti dei palestinesi. Il sogno di Rashid è quello di un’esistenza normale, fatta di lavoro e famiglia, dignità e rispetto. La sorella gemella Iman milita in un centro culturale, compiendo ogni sforzo allo scopo di aiutare i connazionali. Sabri, invece, dalla sua sedia a rotelle, cerca di scrivere un libro, finendo troppo spesso per contemplare i moncherini delle proprie gambe e rievocare un passato che non esiste più, sognando notti d’amore con la moglie che ha preferito lasciarlo.
Nella seconda parte del romanzo, l’azione si sposta a Londra e nel Golfo, ripercorrendo le vite dei due gemelli nel loro tentativo di costruirsi un futuro, per poi concludersi a Gaza, chiudendo un circuito circolare. A Londra, Rashid non riesce a realizzare i suoi sogni, ma va incontro a una cocente delusione: si sente ancora una volta sradicato, fuori posto, e prova la sensazione di essere nuovamente imprigionato, questa volta sotto l’etichetta di “palestinese”. Così, lentamente e tristemente, nel senso di straniamento e sotto il peso degli stereotipi, sfuma anche il sogno di una vita fuori da Gaza.
Il romanzo presenta molti motivi di interesse, oltre alla descrizione quasi fotografica della realtà di Gaza: fra i tanti, emerge una focalizzazione sulla crudeltà del fato che incombe su tutti i protagonisti, stretti tra due necessità: da un lato, quella di sopravvivere quotidianamente in una situazione di continuo pericolo, dall’altro quella compiere la scelta suprema della vita, decidere cioè se restare in patria o andarsene. Un romanzo che invita il lettore alla riflessione, offrendogli l’opportunità di vivere una storia di “ordinaria” vita palestinese.
* Dottore di Ricerca in Letteratura araba, traduttrice, arabista, docente, si occupa di narrativa araba contemporanea e di traduzione in italiano di letteratura araba