Niente di più iniquo si poteva fare per assegnare una manciata di soldi a qualche pendolare. In Germania l’abbonamento mensile è stato abbassato a 49 euro per i pendolari di tutti i mezzi, dopo la promozione post Covid di 9 euro mensili per un anno su tutta la rete tedesca. In Spagna c’è la gratuità a condizione che si usino effettivamente i mezzi pubblici. Questi sono interventi strutturali, costosi ma efficaci.
Il provvedimento italiano, invece, dimostra che il Ministro dei Trasporti non ha una strategia per il rilancio del trasporto pubblico e neppure per il sostegno ai bassi redditi, visti la limitatezza dei contributi e il carattere congiunturale del provvedimento. Il crollo di passeggeri dei trasporti pubblici dopo il Covid non è stato ancora recuperato e così sono aumentate la congestione del traffico viario e la crisi ambientale nelle aree urbane. Il pallino del ministro Salvini non è quello di gestire al meglio le infrastrutture e i servizi esistenti, ma di puntare solo sulle grandi opere, a partire dal ponte sullo Stretto.
“È singolare e deprimente che un lavoratore, uno studente debbano fare la lotteria alle otto del mattino con Spid alla mano per avere un massimo di 60 euro di sconto sul trasporto pubblico rimanendo escluso perché la lotteria è finita in 5 minuti. È uno schifo”. Questo messaggio l’ho ricevuto personalmente sul mio numero di WhatsApp da un conoscente della provincia di Brescia domenica 1° ottobre scorso. In questi giorni leggo dalle agenzie stampa che dal click day del 1° novembre una pendolare ha detto: “Se più di 300mila persone (me compresa) fanno la fila per 60 euro di bonus trasporti neanche fosse oro qualche problema c’è. Fossi nella presidente del Consiglio, mi farei un paio di domande sulle condizioni del Paese”.
Ci si chiede se una lotta tra poveri sia il modo di gestire il bonus trasporti che dovrebbe contemporaneamente sostenere i redditi delle famiglie e incentivare il trasporto pubblico. Nel click day, il bonus tanto sbandierato dal governo (il sito è gestito dal ministero del Lavoro e delle Politiche sociali) ogni mese assegna una scarna quota dei 100 milioni stanziati per il 2023. Il primo novembre, su oltre 4,5 milioni di “partecipanti alla lotteria”, ce l’hanno fatta quasi in 577mila, il 12,8%, a diventare i nuovi possessori del bonus trasporti, cioè quelli che hanno ricevuto la validazione del voucher sul sito del ministero del Lavoro dopo una lista d’attesa a volte di ore. Il primo di ottobre erano stati 213.280, il 4,7% del totale, ad accaparrarsi il contributo governativo.
A quel punto siamo andati alla ricerca di altre reazioni sulle numerose pagine dei comitati pendolari delle ferrovie italiane. La parola “schifo” troneggiava nei commenti degli scontenti esclusi dalla lotteria. Il bonus trasporti è stato introdotto con il decreto Aiuti 2022 con un importo di 300 milioni. Quest’anno disponeva di 100 milioni di euro. Il bonus è rivolto a tutti i cittadini con un reddito non superiore ai 20mila euro, mentre lo scorso anno era di 35mila euro.
La prima finestra era stata aperta alla fine di aprile con decorrenza maggio 2023, con uno stanziamento totale di 100 milioni di euro. Il buono è nominativo e permette di acquistare abbonamenti ai servizi del trasporto pubblico a livello regionale: si possono richiedere sconti per l’acquisto di un solo abbonamento annuale o mensile di trasporto pubblico locale, regionale, interregionale o per il trasporto ferroviario nazionale. Tale “beneficenza” è arrivata in grave ritardo, a maggio, poiché il decreto attuativo è stato approvato in aprile, in ritardo proprio come accade per i treni e gli autobus di linea italiani. Il governo fa i decreti e non si occupa della loro applicazione. Chi è stato fortunato nella lotteria di ottobre non lo è stato quasi certamente in quella di novembre.
Il bonus aveva l’obiettivo di sostenere famiglie, studenti e lavoratori nell’acquisto di abbonamenti per i servizi di trasporto pubblico locale e regionale. Realizzato così sembra un ulteriore sussidio mascherato alle aziende di trasporto pubblico che recuperano ricavi da tariffa non aumentando efficienza, produttività e qualità dell’offerta di trasporto.