di Giuseppe Castro
Essere pacifisti in questo momento significa non solo condannare la mattanza di Hamas del 7 ottobre e quella perpetrata in questi giorni dal governo di Israele su Gaza, ma anche affermare che avere permesso ad Israele di fare il bello e il cattivo tempo in Palestina, con buona pace delle risoluzioni ONU e degli accordi di Oslo, è stato determinante nel causare il declino politico dell’OLP, voce dei palestinesi moderati, e radicalizzare una parte dei palestinesi.
ùMolti affermano che criticare la politica del governo israeliano degli ultimi 20 anni equivalga a giustificare le azioni terroristiche di Hamas. Alcuni sono arrivati a dire che questo modo di approcciarsi ai fatti, contestualizzando i conflitti all’interno di un contesto più ampio ed evidenziando le responsabilità storiche di tutti gli attori coinvolti, possa giustificare persino gli eccidi fatti dai tedeschi durante la Seconda guerra mondiale.
Inutile dire che cercare di comprendere le cause di un fenomeno non equivale a giustificarlo. Tuttavia, il paragone tedesco, a dispetto delle intenzioni offensive di chi lo esprime, è effettivamente un utile metro di paragone di quanto avviene oggi in Palestina.
Il nazismo, infatti, non nasce magicamente dal nulla nella Germania del ’33, così come il fanatismo di Hamas non spunta dal nulla oggi. Dopo la Prima guerra mondiale la Germania fu sostanzialmente depredata attraverso un trattato di pace così vessatorio da causare l’iperinflazione del 1922-1923. I tedeschi furono ridotti alla fame. Nel ’29, la grande depressione ridusse nuovamente la Germania sul lastrico. La repubblica di Weimar appariva inefficiente e incapace di garantire il benessere pubblico. L’estrema destra condita di antisemitismo venne considerata da una parte della popolazione la soluzione a tutti i mali. Così il mondo marciò rapidamente al passo dell’oca verso la Seconda guerra mondiale.
La Seconda guerra mondiale la vollero i tedeschi? Sì! Nel ’39 era necessario combattere i tedeschi fino al crollo del regime nazista? Non vi erano altre soluzioni: la Germania in quel momento era un terrificante pericolo per il mondo! Ma resta il fatto che le ragioni profonde della Seconda guerra mondiale giungevano da lontano, dalle condizioni di pace al termine della Prima. Questo non vuol dire giustificare i tedeschi e le loro atrocità, vuol dire solo constatare che le scemenze fatte in un dato momento storico, per esempio imponendo condizioni di pace vessatorie ai vinti, possono avere conseguenze terribili in un secondo momento. Non a caso, i vincitori della Seconda guerra mondiale, imparata la lezione, inondarono l’Europa di denaro attraverso il piano Marshall favorendo una politica di riduzione delle diseguaglianze. La conseguenza fu la fine delle recriminazioni politiche e degli estremismi e l’inizio dell’epoca d’oro del ‘900. I tedeschi, che solo qualche anno prima marciavano incazzati al passo dell’oca, giravano ora felici per l’Europa come turisti in sandali e calzini bianchi.
Ma torniamo in Palestina. Se è difficile negare le responsabilità politiche di Netanyahu nella catastrofe attuale, l’esperienza storica ci fornisce una soluzione per il medio-lungo termine: è necessario garantire un futuro sereno, a qualsiasi costo, sia a palestinesi sia a israeliani. L’estremismo e il fanatismo si nutrono di fame e ingiustizia. La soluzione non può essere cacciare i palestinesi da Gaza (ideona del governo israeliano!) ma riprendere il percorso cominciato ad Oslo nel ’93: due popoli, due stati. Un percorso di pace serio indebolirebbe gradatamente Hamas (che va comunque debellato o costretto a posizioni moderate – il danno è ormai fatto).
Ma le terribili stragi di Gaza non possono essere una soluzione. Anzi, probabilmente saranno causa di ulteriori stragi domani. Le scemenze che facciamo oggi ricadranno sul futuro dei nostri figli: apriamo i libri di storia e lavoriamo per una pace duratura, prendendo esempio da quel che fecero i nostri nonni nel ’45!