Manovra finanziaria poco immaginativa e mediocre. Ecco come descrivere la prima grande prova del governo Meloni, governo guidato, ricordiamolo, da una leader eletta dal popolo. Certo, questa è l’ennesima delusione per chi aveva creduto che la prima donna presidente del Consiglio avrebbe dato non una scossa ma un vero scossone alla politica delle lobby, tutte interconnesse con la partitocrazia italiana.
Per chi l’aveva paragonata alla signora Thatcher, prima donna a capo del governo britannico, la delusione deve essere ancora più forte. Giorgia Meloni non è la signora di ferro. Al contrario ha dimostrato di essere la quintessenza del trasformismo italiano, una malattia che ci portiamo dietro dai tempi di Giolitti, e che rende i grandi cambiamenti pressoché impossibili. E così la manovra finanziaria di Giorgia, lungi da dare un segno chiaro e forte dei cambiamenti promessi in campagna elettorale, non è altro che l’ennesima finanziaria miope, priva di qualsiasi visione di lungo periodo.
Manca una strategia di crescita per un paese che stagna da decenni. Non c’è menzione della ristrutturazione manifatturiera in chiave verde e digitale; niente proposte per combattere il turismo eccessivo o per salvaguardare quello sano, essenziale per la bilancia dei pagamenti; nulla si dice sullo sviluppo scientifico e sulla ricerca, settori ormai quasi inesistenti in Italia; non una riga è stata spesa per salvaguardare il capitale umano, per incoraggiare i giovani a non emigrare; infine si è abilmente evitato di menzionare il cronico problema della povertà, 5 milioni di famiglie in povertà assoluta, pari a circa 15 milioni tra adulti e bambini, un serbatoio umano in perdita netta.
Con queste premesse la manovra finisce per essere l’ennesimo rimpasto di tasse e spese per tirare avanti un altro anno, poi si vedrà.
Cardine è ancora una volta salvaguardare gli interessi delle élite vicine agli snodi del potere. Si decide così di non tassare gli extraprofitti delle banche. Di cosa si tratta? E’ semplice, negli ultimi anni le banche hanno ottenuto prestiti a tassi vicini allo zero dalla Banca centrale europea e adesso danno questi soldi in prestito come mutui o prestiti a tassi tra il 5 e il 6 per cento. Questa ricchezza, letteralmente piovuta dal cielo sotto le raffiche della tempesta inflazione, è generata dagli extraprofitti, profitti eccezionali, fuori dal comune. Ebbene, tassarli significherebbe andare contro gli interessi di individui e gruppi proprietari delle banche. E così si è deciso di farli confluire in un fondo creato da ciascuna banca da dove possono facilmente, ma sempre con accortezza, essere incamerati nel capitale della banca tax free.
Discorso analogo si fa per l’industria energetica, la società del gas che ha stipulato contratti annuali per periodi medio-lunghi a prezzi di gran lunga inferiori agli attuali non vede tassati gli extraprofitti prodotti dall’impennata dei costi energetici.
Certo quei soldi avrebbero fatto comodo, ma sostituirli è semplice: si crea una nebulosa di nuove tasse, tanto piccole da essere quasi insignificanti per il singolo individuo ma considerevoli se aggregate per lo stato. Quella delle microtasse è una trovata nuova, prima non ci aveva mai pensato nessuno: questa l’innovazione del governo. Tra le microtasse ce ne sono alcune che penalizzano le donne, come l’aumento dell’imposta sui pannolini, assorbenti, coppette per l’allattamento. Beni necessari, direi essenziali per donne e madri.
La protezione delle élite, dei soliti noti insomma, produce anche spese assurde e investimenti sbagliati. Il governo stanzia 11,6 miliardi di euro nell’arco di pochi anni per costruire il ponte sullo stretto di Messina quando non ha un centesimo per coprire 16 miliardi di euro di extra deficit. Meglio sarebbe stato rimandare la costruzione del ponte a quando le casse dello stato fossero state più in carne e spendere meno di un miliardo di euro per una flotta di traghetti veloci, di ultima generazione, che facciano la spola tra le due coste.
Stendiamo poi un pietoso velo sulle pensioni e sui meccanismi machiavellici per evitare che si vada in pensione anticipata: così facendo non si lascia il posto per i giovani.
In sintesi, la manovra colpisce ancora una volta il ceto medio, quello che le tasse, ahimè, le paga sempre e per tutti. Però ci si chiede: Giorgia lo sa che bastonare chi l’ha portata a Palazzo Chigi è un bell’errore? Lei non ha i miliardi di Berlusconi da elargire come caramelle, Giorgia la prossima vittoria elettorale se le deve guadagnare e se continua così non ce la farà.