Duangphet Phromthep, detto “Dom”, 17 anni, capitano della squadra di calcio thailandese dei Wild Boars, si è tolto la vita impiccandosi il 12 febbraio scorso mentre era a scuola a Market Harborough, nel Regno Unito. La causa della morte è stata certificata in questi giorni dalle autorità inglesi. Cinque anni fa lui e i suoi giovanissimi compagni avevano tenuto il mondo con il fiato sospeso: nel 2018 erano rimasti intrappolati per nove giorni in una grotta, dopo che un’improvvisa tempesta avevano bloccato l’uscita. La vicenda era stata raccontata da un documentario su Netflix (“The Trapped 13: come siamo sopravvissuti”) e da un film, Tredici vite di Ron Howard.

Proprio lo stress dovuto all’esperienza e all’ indesiderata notorietà potrebbe spiegare il gesto estremo: stando a quanto ha riferito al Times la psicologa che lo aveva seguito dopo l’incidente, “Dom non voleva essere sotto i riflettori. Non gli piaceva che le persone lo cercassero o che gli chiedessero della vicenda della grotta. Si lamentava del fatto che la sua privacy non venisse protetta”. I funerali si sono tenuti nel Regno Unito: la famiglia, residente a Chiang Rai, in Thailandia, ha chiesto aiuto per riportare la salma in patria, ottenendo, dopo la cremazione, la riconsegna delle ceneri di Duangphet, avvenuta all’aeroporto di Suvarnabhumi il 4 marzo.

Se hai bisogno di aiuto o conosci qualcuno che potrebbe averne bisogno, ricordati che esiste Telefono amico Italia (0223272327), un servizio di ascolto attivo ogni giorno dalle 10 alle 24 da contattare in caso di solitudine, angoscia, tristezza, sconforto e rabbia. Per ricevere aiuto si può chiamare anche il 112, numero unico di emergenza. O contattare i volontari della onlus Samaritans allo 0677208977 (operativi tutti i giorni dalle ore 13 alle 22).

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