Alle 15 in Inghilterra sarebbero stati sospesi i trattamenti che tengono in vita Indi Gregory, una neonata inglese di 8 mesi gravemente malata per una patologia mitocondriale incurabile ricoverata al Queen Medical Center di Nottingham. Le autorità britanniche avevano negato il trasferimento all’ospedale Bambino Gesù di Roma. Il Consiglio dei ministri italiano, convocato d’urgenza, le ha conferito la cittadinanza italiana per opporsi di fatto alla decisione dell’Alta corte di Londra nei giorni scorsi ha negato la possibilità del trasferimento in Italia per continuare a mantenerla in vita tramite il supporto delle macchine. “Sono molto orgoglioso di dire che mia figlia abbia la cittadinanza italiana e ringrazio il governo italiano e il popolo italiano dal profondo del mio cuore. Dio benedica l’Italia” dice a LaPresse Dean Gregory. “Dicono che non ci siano molte speranze per la piccola Indi, ma fino alla fine farò quello che posso per difendere la sua vita. E per difendere il diritto della sua mamma e del suo papà a fare tutto quello che possono per lei” scrive la premier Giorgia Meloni sui social, pubblicando una foto della neonata
Cosa dice la legge – Il conferimento della cittadinanza italiana alla piccola Indi Gregory è “ai sensi dell’art. 9, comma 2, della legge 5 febbraio 1992, n. 91”. Una scelta motivata in considerazione dell’eccezionale interesse per la comunità nazionale ad assicurare al minore ulteriori sviluppi terapeutici. Questa svolta è arrivata al termine di una trattativa portata avanti dal governo da diverse settimane, in totale riservatezza. I genitori di Indi Gregory hanno ufficialmente accettato il conferimento della cittadinanza italiana concessa alla figlia dal Consiglio dei ministri con un decreto controfirmato dal presidente della Repubblica. Lo si apprende da fonti che stanno seguendo il dossier. I genitori, spiegano le stesse fonti, hanno immediatamente presentato ricorso all’Alta corte di Londra per chiedere il trasferimento della neonata di 8 mesi all’ospedale Bambino Gesù di Roma e ora si attende la decisione della magistratura britannica. Le spese per l’eventuale trasferimento in Italia saranno a carico della famiglia, mentre le cure al Bambino Gesù saranno coperte dallo Stato italiano.
L’offerta dell’ospedale Bambino Gesù – L’ospedale pediatrico Bambino Gesù da tempo ha offerto la possibilità di assisterla, come aveva fatto in passato per altri due bimbi inglesi, ma la giustizia britannica ha negato la possibilità di trasferimento. – il caso di Indi si era fatto avanti l’ospedale italiano come già successo nei casi di Charlie Gard e Alfie Evans, al centro entrambi di una dolorosa vicenda giudiziaria e mediatica, morti nel Regno una volta sospeso il supporto vitale. Anche per Indi c’è stata in corso una lunga battaglia nei tribunali d’Inghilterra tra i giovani genitori, Claire Staniforth e Dean Gregory, aiutati dal Christian Legal Centre, e i medici sostenuti nei loro pareri dai giudici.
La vicenda giudiziaria – Il padre della neonata aveva commentato la decisione della corte, in cui viene usata la solita formula secondo cui un trasferimento non sarebbe nell’interesse della piccola e comporterebbe per lei ulteriori sofferenze, definendola “ripugnante”. “Anche se il trasferimento in Italia comporta qualche rischio, l’unica alternativa che ci è stata offerta nel Regno Unito è quella di accettare la morte di Indi” aveva detto Gregory alla Bbc, sottolineando che non c’è nulla da perdere né per i genitori né per la figlia. Sebbene il verdetto draconiano del giudice non offra molte speranze, in quanto “nulla suggerisce che la prognosi di Indi Gregory possa essere modificata in modo positivo dal trattamento dell’ospedale italiano”, il padre e la madre avevano fatto sapere che intendevano andare avanti con la battaglia legale annunciando n ricorso in appello. Il loro nuovo tentativo quindi era stato respinto
Gli altri casi – Ci sono stati altri casi in cui il volere dei genitori di rivolgersi a ospedali italiani era stato pienamente rispettato. Come successo per Tafida Raqeeb, che aveva 5 anni quando in gravi condizioni era stata trasferita da Londra al Gaslini di Genova dove è tuttora ricoverata. I suoi familiari avevano vinto lo scontro in tribunale affinché non le venisse interrotto il supporto alle funzioni vitali come chiesto invece dal Royal London Hospital. Il caso di Alex Montresor – affetto da una malattia genetica rara ma non considerato incurabile – era stato sottoposto a un trapianto di cellule staminali da genitore che non aveva potuto ottenere in Gran Bretagna e a cui era stato sottoposto invece al Bambino Gesù di Roma. Il bimbo è guarito ed è tornato a casa.
Le reazioni – “La vita e la morte non sono opzioni equivalenti, e men che meno possono esserlo per lo Stato. I genitori della piccola #Indi chiedono soltanto di continuare a curare la loro bambina. Il governo italiano – afferma la ministra alla Famiglia, alla Natalità e alle Pari Opportunità Eugenia Roccella in un post su Facebook – è accanto a loro, e rendere Indi nostra concittadina è il modo più efficace per dimostrarlo. Come italiana e come ministra della Famiglia di questo governo ne sono fiera”.
“Il sistema sanitario inglese è all’avanguardia nel campo della genetica e dell’ingegneria genetica, portare in Italia la piccola Indi è una inutile crudeltà – dice a LaPresse Andrea Crisanti, senatore del Pd – A cosa servono le cure palliative? Penso che da parte del Governo ci sia stata solo una questione politica. Con quale scopo? Solo per avere pubblicità a buon mercato sulla pelle dei genitori della bambina”.
Il bioeticista: “Accanimento non è consentito” – “L’accanimento clinico non è consentito nel nostro Paese. La vicenda della piccola Indi, dagli elementi disponibili a partire dalle notizie di stampa, sembra configurarsi in questa fattispecie” commenta all’Adnkronos Salute Lorenzo D’Avack, già presidente del Comitato nazionale per la bioetica (Cnb) di cui è ancora componente. “Quali siano le ragioni per cui si ritiene possibile trasferire la bambina, ed eventualmente curarla in Italia, è difficile da dire: bisognerebbe conoscere perfettamente le cartelle cliniche e capire esattamente per quale ragione si ritiene che le decisioni prese in Inghilterra dall’Alta Corte non siano considerate sufficienti”, osserva D’Avack. “A parte la vicenda medica – continua il bioeticista – dal punto di vista strettamente etico-giuridico dovremmo partire dal presupposto, fino a prova contraria, che ciò che l’Alta Corte ha fatto in Inghilterra sia fondato. E se è fondato è chiaro che non si potrebbe e non si dovrebbe, secondo il Codice deontologico dei medici, adottare forme di accanimento clinico. Il codice dice apertamente che il medico deve curare fino a quando è in grado di contenere le condizioni di salute del paziente. Anche la Chiesa non condivide l’accanimento, in linea generale, non nel caso specifico. Mantenendoci in un ragionamento teorico, quindi, al di là di specifiche che non conosciamo, va sottolineato che l’accanimento clinico non è accettabile”.