La discriminatoria idea della “concorrenza”, oramai pienamente affermata in campo economico, secondo la quale vince il più forte e il vinto deve sottostare alla volontà del vincitore, anima il retrivo disegno di legge costituzionale, approvato dal Consiglio dei Ministri del 3 novembre u.s. che introduce l’elezione diretta del Presidente del Consiglio dei Ministri (il cosiddetto “premierato”). Tale disegno di legge costituzionale prevede un agghiacciante sistema di governo, che, come è già stato fatto in economia, uccide la Collettività considerata nel suo complesso, dando vita a una “democrazia dimezzata”, nella quale vengono soddisfatti soltanto i bisogni e i desideri dei cittadini elettoralmente più influenti e quindi capaci di dar luogo a una “maggioranza elettorale”. In sostanza, salta completamente l’intera Costituzione e la sua vera essenza democratica, il cui asse portante è sancito da vari “principi fondamentali” (che non sono modificabili con leggi di revisione costituzionale, ma soltanto da una nuova Carta costituzionale, emessa da una nuova Assemblea costituente), tra i quali campeggia quello sancito dall’articolo 3, secondo il quale “è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.
Detto disegno, infatti, lungi dal preoccuparsi del bene dell’intero popolo, si preoccupa, in nome di una male intesa “governabilità”, di assicurare soltanto la continuità del governo, attribuendo, in piena violazione dell’attuale art. 67 Cost., al partito o alla coalizione elettoralmente vincente, la soggezione a un “vincolo di mandato” imposto dai loro elettori. Ed è per di più previsto che, affinché sia mantenuta fede a tale vincolo, il Presidente del Consiglio può essere sostituito soltanto da un parlamentare della maggioranza, al fine di proseguire nell’attuazione del medesimo programma di governo, e che l’eventuale cessazione del mandato del sostituto determina lo scioglimento delle Camere. Con l’incredibile conseguenza dell’impossibilità di mutare detto programma neppure da parte della stessa maggioranza (questo è detto espressamente nel comunicato) anche se lo richiedessero in modo impellente le mutate condizioni politiche, ambientali ed economiche del Paese. Una disposizione assurda di una inspiegabile illogicità.
Altra incredibile disposizione è quella che impone alla legge la determinazione di un sistema elettorale delle Camere, che, attraverso un premio assegnato su base nazionale, assicuri al partito o alla coalizione di partiti collegati al Presidente del Consiglio il 55 per cento dei seggi parlamentari, per garantire la governabilità. Insomma, chi arriva primo prende tutto. In altri termini quello che conta non è l’interesse di tutti i cittadini, un interesse che richiede una forte opposizione e, come è sancito nel citato art. 3 Cost., “l’effettiva partecipazione di tutti i cittadini all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”, ma l’interesse del vincitore, il quale, in un siffatto sistema elettorale premiale, non potrà essere che una minoranza dell’intero popolo.
Da chi sia formata questa minoranza e quali interessi possa difendere e realizzare non è difficile immaginare. Basti pensare che il popolo, senza che nessuno se ne accorgesse, è stato spogliato, con le cosiddette “privatizzazioni” della appartenenza della “proprietà pubblica demaniale” (art. 42 Cost.), costituita dalle maggiori fonti di produzione di ricchezza (industrie strategiche, servizi pubblici essenziali e fonti di energia, come previsto dall’art. 43 Cost.) e ora, con tale disegno di legge costituzionale, verrebbe spogliato anche di ogni potere in campo politico. Le multinazionali e la finanza sarebbero state servite. Ma si tratta di un disegno tanto scoordinato, ingiusto e servile che proprio non è immaginabile che un vero Parlamento lo approvi.