Oggi vorrei parlarvi di un libro di notevole interesse, per chiunque si accosti ai temi del Sacro e della spiritualità senza rigidità dogmatiche, bensì con uno sguardo intelligentemente sincretico e in perenne, onesta ricerca: La Dea degli Ebrei di Raphael Patai. Un testo indubbiamente sorprendente, pubblicato originariamente nel 1967 e ora proposto in Italia da Venexia, una casa editrice il cui catalogo offre una scelta molto interessante e variegata all’interno degli studi tradizionali, dell’esoterismo e della storia delle religioni.

Il libro fin dal titolo sfida le definizioni monolitiche in ambito confessionale: l’Ebraismo, infatti, viene considerato, convenzionalmente, la religione monoteista e patriarcale per antonomasia. Come tutti i testi che vanno a decostruire sovrastrutture interpretative stratificatesi lungo i secoli, il testo di Raphael Patai può far storcere il naso a più di un ortodosso e destare scandalo tra i supposti custodi della tradizione. Eppure è un libro che ha una vasta mole di riferimenti bibliografici, filologici e anche archeologici, a supporto della sua tesi. Si tratta, dunque, di un testo molto denso di riferimenti, citazioni, note: non è esattamente un libro da leggere distrattamente sotto l’ombrellone, al contrario pretende uno studio attento; ma per il lettore consapevole è in grado di rivelare un aspetto molto spesso, è il caso di dirlo, occultato e rimosso di una delle tradizioni.

Vorrei proporvene alcuni brevi estratti, a partire dal testo introduttivo di William G. Dever che ben ne spiega l’impatto dirompente: “Quando il libro di Raphael Patai The Hebrew Goddess fu pubblicato nel 1967, non c’era un solo studioso della Bibbia, di archeologia o religioni comparate che ipotizzasse al fianco di Yahweh, il Dio di Israele, l’esistenza di una consorte femminile. La maggior parte dei lettori, seppur incuriositi dal titolo, accolse con scetticismo quanto sostenuto nel libro. (…) quando Patai scrisse la prima edizione di The Hebrew Goddess, in giro non c’era nulla sul tema. Tuttavia, da allora sono stati pubblicati almeno quindici volumi sull’ormai nota “religione del popolo”, molti dei quali citano finalmente la dea ebraica Asherah”.

Questa, infatti, la tesi di Patai, dotto saggista poliglotta (conosceva diciassette lingue!) di origini ungheresi, dall’indubbio prestigio accademico: “La Dea degli Ebrei ha lo scopo di dimostrare che la religione popolare ebraica, lungi dall’aderire a un rigido monoteismo, conteneva fin dai tempi più remoti forti elementi politeisti, il principale dei quali era il culto della Dea Madre, sposa consorte del Dio della Bibbia. La verità religiosa dell’esistenza di una dea, amorevole quanto terribile, in armonia coniugale o in contrasto rivendicante, a fianco di un Dio unico e onnipotente si manifestò trionfalmente in quella che può essere chiamata la svolta cabbalistica, in cui la dottrina mistico-mitica di Dio e della Sua Shekhinah si è inserita e ha mantenuto la sua presa. Dalla dea Asherah fino alla Shekhinah e alla Lilith della Kabbalah, l’esigenza spirituale popolare di una forza femminile compagna del Re del Mondo non si è mai sopita, è la Dea degli Ebrei”, come recita il lancio editoriale in quarta di copertina.

Uno dei pregi di Patai è quello di conciliare il peso filologico a supporto delle argomentazioni con uno stile penetrante e appassionato. L’incipit del testo è subito efficace: “Le dee sono ubique – questa, in poche parole, la conclusione che traiamo dalla voluminosa e ancora crescente letteratura sulla storia della religione”. Nella sua riflessione, Patai non può non riferirsi agli studi junghiani: “La psicologia analitica junghiana considera la Grande Dea come un’immagine primordiale o un archetipo, ovvero un’immagine interiore della psiche umana simbolicamente espressa nelle figure mitologiche e nelle creazioni umane artistiche”.

Il libro procede analizzando le figure femminili afferenti alla mistica ebraica, rappresentati dalla Shekinah, la Matronit e il suo rovescio archetipico Lilith; segnalo, inoltre, l’importante capitolo dedicato agli “yichudim” (“unificazioni”), rituali mistici della tradizione cabalistico-chassidica vòlti a riunificare i due aspetti, maschile e femminile, del Divino.

Giovedì 9 novembre alle 19 avrò il piacere di presentare questo volume nella storica Libreria Rotondi, di Via Merulana 82 a Roma, accanto a uno studioso di altissimo livello come Daniele Capuano. Un invito per tutti i ricercatori della verità.

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