La Tesla Model 2 per l’Europa si farà nello stabilimento di Grünheide, alle porte di Berlino, in Germania. Lo ha riferito il patron della Tesla, Elon Musk, nel corso di una visita allo stabilimento tedesco. La Model 2, si cui si parla ormai da qualche anno e che potrebbe esordire nel corso del 2024 per entrare in produzione l’anno successivo, è il modello elettrico compatto con cui il marchio americano punta a sdoganarsi definitivamente alle masse a livello globale (la Model 2, oltreché in Germania, potrebbe essere prodotta pure in Messico, Usa e Cina). Prezzo? Si vocifera attorno ai 25 mila euro.

Che è, grossomodo, la cifra auspicata da Volkswagen per la sua elettrica di dimensioni urbane, denominata ID.2 e prevista per il 2025. In casa Stellantis, invece, il marchio Citroen pianifica per lo stesso anno il lancio di una variante economica della neo-svelata e-C3 che, grazie a una batteria di piccole dimensioni, potrebbe avere un listino inferiore ai 20 mila (mentre la e-C3 con batteria più grande costerà 23.900 euro e arriverà nelle concessionarie nel 2024).

Ma torniamo alla Model 2: l’auto sarà indispensabile per l’ampliamento della capacità produttiva dell’impianto tedesco, che con l’arrivo in gamma della “2” potrebbe passare da 250 mila unità a un milione di veicoli all’anno. La Model 2 sfrutterà la nuova piattaforma “Gen-3”, che consentirà maggiori economie di scala, legate pure al processo di fabbricazione “Gigacasting”: trattasi di un metodo di fusione che consente di unire insieme grandi sezioni di un’automobile, la stessa che altrimenti sarebbe composta da un maggior numero di componenti, di dimensioni più piccole. Grazie alle cosiddette “giga-presse”, grandi quantità di alluminio fuso vengono “forzate” in uno stampo sotto un’enorme pressione, da cui risulta un componente che viene rapidamente raffreddato una volta uscito dal suddetto stampo. E fin qui nulla di nuovo sotto al sole.

A fare la differenza, però, sono le dimensioni dei componenti fabbricati, decisamente più grandi di quelli prodotti sino a oggi dalla presse convenzionali: queste parti extralarge consentono di limitare il numero di “pezzi” necessari a costruire una scocca, con enormi benefici sui costi di produzione. Tesla afferma che la sezione Gigacast utilizzata nella parte posteriore della Model Y le ha permesso di ridurre i costi associati alla costruzione del SUV del 40%; e che applicare tale tecnologia alla linea produttiva della Model 3 ha consentito di rimuovere circa 600 robot dalle catena di montaggio.

Non solo, la fusione di componenti di grandi dimensioni aiuta a ridurre il peso a vuoto del veicolo, migliorando quindi la manovrabilità e l’efficienza dell’auto finita. Nel caso di Tesla ciò consente pure di viaggiare più lontano con una singola ricarica elettrica o percorrere la stessa distanza con una batteria più piccola, rendendo così il veicolo più economico per l’acquirente. Il costruttore statunitense è ora al lavoro per rendere questo processo produttivo ancora più efficace: il target è realizzare l’intera struttura del pavimento di un veicolo con un unico componente.

Solo vantaggi col Gigacasting, quindi? Ovviamente no: i costi di installazione delle giga-presse sono enormi. Inoltre, il tasso di scarto delle parti fallate durante la produzione potrebbe essere un problema non da poco: combinando insieme più componenti che normalmente sarebbero fabbricati separatamente, si corre il rischio che un piccolo difetto di manifattura comporterebbe lo scarto di un’intera sezione del veicolo. E, per gli stessi motivi, potrebbe diventare più difficile e costoso riparare i danni alla scocca in caso di incidente.

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