Il 3 maggio scorso la Corte d’assise decise di disporre una perizia psichiatrica su Giovanni Padovani, 27enne ex calciatore, accusato dell’omicidio dell’ex fidanzata Alessandra Matteuzzi, 56 anni, aggredita, il 23 agosto 2022 sotto casa a Bologna. L’imputato, secondo i periti, non ha un vizio di mente e aveva una piena capacità di intendere e di volere nel momento in cui uccise l’ex fidanzata. Padovani, calciatore dilettante, imputato davanti alla Corte di assise di Bologna, trucidò la donna con calci, pugni, colpi di martello e panchina. La vittima lo aveva denunciato per stalking.
Secondo i periti (Pietro Pietrini, Giuseppe Sartori, Cristina Scarpazza) nominati dai giudici Padovani non presentava alcuna condizione di infermità di mente tale da incidere in maniera significativa sulla sua capacità. In precedenza un’altra perizia aveva già stabilito che l’imputato era in grado di stare in giudizio. Alla fine dell’ulteriore analisi disposta dalla Corte, gli specialisti hanno ritenuto che Padovani fosse pienamente in possesso della facoltà di fare diversamente se solo lo avesse voluto e hanno concluso che nei tempi antecedenti e coevi al fatto aveva anche una piena e assoluta consapevolezza del disvalore sociale e antigiuridico delle azioni a lui ascritte e delle conseguenze sul piano giuridico, come si ricava da quanto scrisse lui stesso ai suoi compagni di squadra. Padovani aveva chiesto di essere trasferito nel reparto Rems (residenza per l’esecuzione delle misure di sicurezza) del carcere di Reggio Emilia dove è detenuto. Ma i giudici, proprio in attesa della perizia, aveva rigettato l’istanza. Anche la Procura aveva dato parere contrario.
Padovani, ritengono i periti, era dunque consapevole che il suo comportamento rappresenta una violazione alla morale naturale, delle conseguenze della sua azione e dei suoi effetti giuridici. E anche rispetto alla capacità di volere, secondo i periti era in grado di trattenere l’impulso aggressivo, come dimostra il fatto che non aggredì Alessandra subito, a mani nude, ma andò a prendere il martello nascosto in precedenza. Era inoltre in grado di fare altrimenti, come dimostra il fatto che si calmò, una volta trattenuto dalle prime persone intervenute a soccorrere la vittima, chiedendo di potersi avvicinare per controllare lo stato di salute per poi inveire ancora sul corpo. Il pieno controllo è dimostrato, infine, dalla frase detta agli stessi primi testimoni soccorritori: “Non ce l’ho con voi, non vi faccio niente, mi puoi anche picchiare che non reagisco”. Padovani è stato sottoposto anche ad un esame del Dna, per capire se ci fossero fattori genetici che potevano portare ad un rischio aumentato di non controllo degli impulsi: sono emersi alcuni fattori che accrescerebbero la predisposizione a sviluppare depressione, ansia e aggressività. Ma secondo i periti questo rischio non può essere considerato un elemento sufficiente a scemare la capacità di autodeterminazione.