Cosa c’entra il processo Open con le indagini per narcotraffico internazionale? Assolutamente niente. Eppure la decisione della Consulta, che ha dato ragione a Matteo Renzi nella sua crociata contro i pm di Firenze, ha aperto la strada alla scarcerazione di due presunti trafficanti di cocaina e potenzialmente a quella di moltissimi altri indagati e imputati in tutta Italia. Sulla base di quella sentenza, infatti, la Corte di Cassazione ha ribaltato il proprio orientamento su un tema delicatissimo: le regole per sequestrare i messaggi presenti sui telefonini criptati con sistemi come Sky Ecc, Encrochat o Blackberry, sempre più utilizzati dai narcos e dai criminali di alto livello. Per acquisirli, i magistrati italiani spesso devono rivolgersi all’estero, alle autorità del Paese in cui i dispositivi si trovano. Se sono all’interno dell’Ue, dal 2017 esiste uno strumento speciale: l’ordine europeo di indagine (Oie), una specie di rogatoria con cui ogni Stato membro può chiedere agli altri di raccogliere prove o fornire quelle già raccolte.
Le sentenze sui narcos – Nei casi appena decisi dalla Suprema Corte, le chat ottenute in questo modo servivano a dimostrare i gravi indizi di colpevolezza a carico di due indagati sottoposti a custodia cautelare in carcere per associazione a delinquere finalizzata a rifornire di droga i clan calabresi. Uno dei due, tra l’altro, è Bruno Iaria, boss già condannato in via definitiva a 13 anni in quanto capo della locale di ‘ndrangheta di Cuorgnè, in provincia di Torino. L’altro, invece, è Indrit Kolgjokaj, presunto narcotrafficante albanese coinvolto nella maxi inchiesta Eureka, coordinata dalla procura nazionale Antimafia in collaborazione con i magistrati tedeschi e belgi.
I precedenti – L’utilizzabilità dei messaggi dipende soprattutto da una questione giuridica: a chi spetta acquisirli dall’estero? La legge dice che l’ordine d’indagine dev’essere emesso dalla stessa autorità a cui spetterebbe compiere l’atto in Italia. Se si tratta di un sequestro di documenti, ad esempio, può procedere in autonomia il pm, mentre nel caso di un’intercettazione serve l’ok del gip. Finora la Cassazione aveva sempre detto che le chat criptate sono “dati informativi documentali conservati all’estero (…) e non flusso comunicativo”: tradotto, documenti sequestrabili dal pubblico ministero. L’ultima massima in questo senso risale al 27 giugno e proviene dalla Quarta sezione penale.
I giudici aprono la strada alle scarcerazioni – Lo scorso 2 novembre, invece, la Sesta sezione (nota per il suo spiccato orientamento garantista) deposita due sentenze “gemelle” che affermano il contrario: per acquisirle ci vuole l’autorizzazione di un giudice, proprio come le intercettazioni o i tabulati. Così le ordinanze che hanno messo in carcere Iaria e Kolgjokaj vengono annullate con rinvio: ora i Tribunali del Riesame (rispettivamente di Milano e Reggio Calabria) dovranno prendere una nuova decisione senza poter considerare i messaggi criptati, cioè le prove regine a loro carico. La scarcerazione quindi è quasi scontata, a meno che i pm, prima della nuova pronuncia (che deve arrivare entro trenta giorni) non riescano a ripetere l’acquisizione passando dal gip.
Sentenza Renzi e legge sui tabulati – Qual è il motivo di questo clamoroso cambio di orientamento? Le motivazioni (identiche) delle due sentenze attribuiscono una “rilevanza centrale” proprio alla decisione della Corte costituzionale sul caso Open, depositata il 27 luglio. In quel provvedimento si legge che i messaggi scambiato con Renzi, sequestrati su dispositivi di terze persone, erano da considerare “corrispondenza” e non semplici documenti, perciò i pm non potevano prenderli senza l’autorizzazione del Senato. Ebbene, secondo la Cassazione quella pronuncia, per quanto emessa con riferimento alle immunità di un parlamentare, “possiede una valenza di carattere generale“: la Consulta infatti avrebbe “esteso alla libertà delle comunicazioni i criteri applicati per legittimare le limitazioni della libertà personale“, prevedendo per il sequestro di corrispondenza nei confronti di qualsiasi cittadino un “vaglio dell’autorità giurisdizionale (…) associato alla garanzia del contraddittorio”. L’altro argomento principe, usato per annullare le ordinanze di custodia cautelare dei due presunti narcos, riguarda la nuova legge sui tabulati telefonici: dal 2021 non si possono più acquisire senza passare dal giudice. “Sarebbe davvero singolare – scrive la Suprema corte – ritenere che per l’acquisizione dei dati esterni del traffico telefonico e telematico sia necessario un preventivo provvedimento autorizzativo del giudice, mentre per compiere il sequestro di dati informatici riguardanti il contenuto delle comunicazioni oggetto di quel traffico sia sufficiente un provvedimento del pubblico ministero”.
Palla alle Sezioni Unite – Le decisioni Iaria e Kolgjokaj, come detto, smentiscono analoghe decisioni prese nel recente passato da altri giudici della Suprema corte. Per questo motivo la questione è stata appena rimessa alle Sezioni unite, lo speciale collegio della Cassazione che interviene a sciogliere i contrasti interpretativi interni. Se a prevalere fosse la tesi della Sesta sezione, che ha preso spunto dalla sentenza Renzi, gli effetti sui procedimenti in corso potrebbero essere devastanti. Un assaggio probabilmente si è già avuto a Milano, dove la Corte d’Appello ha assolto l’ex superlatitante Vincenzo Amato dall’accusa di essere al vertice di un’organizzazione a delinquere dedita al traffico internazionale di cocaina, ribaltando la condanna a 16 anni che gli era stata inflitta in primo grado.
Genchi: “La sentenza Renzi vale per la generalità dei cittadini” – A difendere Amato è l’avvocato Gioacchino Genchi, che nella sua arringa ha citato esplicitamente la sentenza della Consulta su Renzi per chiedere l’assoluzione dell’imputato. “A prescindere dalla vicenda di specie che riguardava il conflitto di attribuzione relativo all’acquisizione di alcune chat del senatore Renzi, il giudice delle leggi ha tenuto aprecisare che la tutela riservata dall’articolo 15 della Costituzione alla corrispondenza va estesa per l’appunto alla generalità dei cittadini e non solo a coloro che sono investiti del mandato parlamentare”, spiega l’ex superpoliziotto, noto per la sua esperienza in campo informatico. Dell’assoluzione di Amato non sono ancora state depositate le motivazioni e dunque non è possibile al momento sapere se davvero la decisione dei giudici della corte d’Appello è arrivata a causa della sentenza della Consulta su Renzi. Nell’appello di Genchi, tra l’altro, erano numerose le censure sempre relative alle modalità di acquisizioni dei messaggi. “Per fare un esempio l’Ufficio postale non può trattenere corrispondenza inoltrata dai singoli cittadini, al pari dei gestori telefonici che non possono abusivamente registrare le chiamate, i messaggi e le email scambiate dagli abbonati al servizio telefonico per poi consegnarne copia a proprio piacimento al primo agente dei Servizi Segreti di turno che va a bussare. Il tutto, peraltro, selezionando accuratamente ciò che viene fornito ed escludendo altre abusive registrazioni di chat e conversazioni che potrebbero risultare di interesse per la difesa degli interlocutori”, spiega il legale. Che citando la sentenza Renzi nella sua arringa potrebbe avere avuto un’intuizione fondamentale, capace di cambiare la storia processuale di molte altre indagini per narcotraffico.