Partita a razzo in apertura il titolo Telecom perde ora in borsa più dell’1%. Nel weekend il consiglio di amministrazione ha approvato la vendita di Netco (la rete), accettando l’offerta del fondo americano di private equity Kkr che ha messo sul piatto fino a 22 miliardi di euro. L’entusiasmo è durato poco, poi ha prevalso la consapevolezza di come la partita sia ancora complicata. Alla vendita si oppone infatti la francese Vivendi, primo azionista di Tim con il, che reputa l’offerta inadeguata. “La decisione del cda è illegittima”, hanno affermato i francesi annunciando l’intenzione di usare ogni strumento legale a sua disposizione per contestare la decisione e tutelare i suoi diritti e quelli di tutti gli azionisti.

L’amministratore delegato del gruppo Piero Labriola ha inviato una comunicazione ai dipendenti per spiegare che il via libera alla cessione a Kkr è una decisione che “non riguarda le sorti della rete fissa, perché nessuno ritiene che questa operazione segnerà un freno al suo sviluppo (anzi!), né qualcuno può pensare che l’ingresso di un fondo d’investimento possa rendere meno italiana questa infrastruttura che insiste sul nostro territorio, peraltro soggetta al Golden Power (la facoltà per il governo di bloccare operazioni in contrasto con interessi strategici, ndr) e con la partecipazione del Ministero dell’Economia e delle Finanze e di F2i”.

“Vivendi ha i suoi diritti e li eserciterà”, ha detto questa mattina il ministro dell’economia Giancarlo Giorgetti. “Il Mef (che possiede il 9,8% di Tim tramite Cassa depositi e prestiti, ndr) ha partecipato all’offerta, abbiamo fatto un’offerta e il consiglio di amministrazione l’ha accettata – mette un punto Giorgetti – adesso ovviamente gli azionisti hanno i loro diritti, li faranno valere nelle sedi opportune: però il progetto è quello”. “La vendita della rete Tim, decisa secondo le logiche finanziarie di un ristretto gruppo di azionisti, non risponde a logiche di mercato e tantomeno industriali. Siamo preoccupati per questa decisione presa con l’assenso e l’appoggio decisivo del governo, che impegna oltre 2 miliardi e mezzo di risorse pubbliche per acquisire una quota minoritaria della nuova società, senza che ciò garantisca un controllo pubblico della rete. È inaccettabile che il governo Meloni, che professa a parole la difesa di sovranità tecnologica, nei fatti dia impulso allo smantellamento di una impresa strategica, per dar vita ad una incerta operazione finanziaria”, commenta l’economista Annarosa Pesole, responsabile dipartimento Transizione digitale del Pd.

“Siamo contrari perché questo spezzatino non è la strada da seguire. Solo in Italia si fa così, negli altri Paesi le grandi imprese non dividono la rete dall’azienda, dalle attività e dai servizi”.
Così il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini. “Noi pensiamo che questo sia un limite, un errore di politica industriale. Tra l’altro hanno venduto allo stesso fondo che ha comprato Magneti Marelli e che sta chiudendo in giro sue attività”, ha sottolineato il leader della Cgil. L’azienda ha convocato i sindacati per il prossimo 14 novembre al fine di “illustrare nel dettaglio le decisioni assunte e il progetto industriale”.

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Il cda di Tim approva la vendita della rete fissa al fondo statunitense Kkr. Vivendi: “Decisione illegittima, andavano consultati gli azionisti”

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