Millecinquencento esemplari da abbattere in cinque anni. La loro carne? Venduta a 3,50 euro al chilo. Prende il via il “Piano di conservazione e gestione del cervo”, dopo una lunga gestazione e grandi contestazioni, da parte del Parco nazionale dello Stelvio, in Trentino. I cacciatori saranno coinvolti direttamente nell’abbattimento dei cervi, con l’obiettivo di mitigare gli squilibri ecologici causati dalla sovrabbondanza della specie.

Dopo una lunga fase di stallo e l’opposizione degli animalisti, il via libera della giunta provinciale era arrivato nel novembre 2022 con l’approvazione di una delibera presentata dal vicepresidente e assessore all’ambiente, Marco Tonina. Nella provincia di Trento, secondo le autorità, l’elevata densità di cervi ha provocato delle ripercussioni negative sia alla fauna che alla flora del territorio.

Stando a quanto riportato nella delibera, questa specie avrebbe creato una serie di problemi ai camosci, ai caprioli e alla struttura del bosco. I cervi brucano le gemme apicali delle piante, come l’abete rosso, che in questo modo crescono basse, senza sviluppare il tronco. Non solo: i cervi hanno danneggiato anche il fieno con degli ammanchi che arrivano fino al 30%.

Per il raggiungimento dello scopo è stato stabilito l’abbattimento di 180 cervi per il primo biennio, mentre per il triennio successivo il limite è di 400 capi all’anno. In questo modo nel Parco nazionale dello Stelvio rimarranno 900 esemplari.

I capi abbattuti saranno poi venduti direttamente dall’ente parco: il prezzo parte da 3,50 euro al chilogrammo. Il progetto è stato duramente contestato dalle associazioni animaliste. La risposta del Parco dello Stelvio? Organizzare un nuovo incontro pubblico per ribadire le ragioni alla base del piano di abbattimenti.

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