La destra che ci governa è una specie di Cerbero con tre teste, quella leghista e populista, quella post-fascista e infine quella pseudo-liberista. È naturale allora chiedersi quale delle tre abbia avuto più successo nella nuova legge di bilancio per il 2024.
Una valutazione di questo tipo è difficile perché gli elementi da considerare sono tanti e intrecciati tra di loro. Però sicuramente vi è un perdente secco, il signor Salvini che, dati anche i modesti esiti elettorali, sembra, a ragione, non fare un grande servizio al suo partito. In effetti Salvini ha costruito la sua fortuna adoperando due clavi elettorali che ha brandito di continuo in questi ultimi anni, da quando cioè la Lega Nord è diventata Lega per Salvini premier.
La prima è la controriforma della riforma Fornero per anticipare l’età pensionistica agli italiani. La seconda è la tassa piatta sul reddito che prometteva agli italiani un sostanzioso risparmio delle tasse. In nessuno dei due casi però la furia salviniana ha portato a casa risultati di rilievo, facendo addirittura peggio del Governo Draghi. Per carità di patria lasciamo stare un terzo punto, il capitolo immigrazione, dove la destra salviniana ha mostrato un fallimento assoluto. L’anno scorso la giustificazione era l’ingresso in corsa del nuovo governo, quest’anno il bonus edilizio, l’anno prossimo qualcos’altro si troverà per giustificare le promesse elettorali clamorosamente mancate. I populisti fanno così, danno la colpa sempre a qualche entità ostile.
Per il 2024 nel capitolo pensioni non troviamo nessuna modifica sostanziale della Fornero, ma sono piccolissimi aggiustamenti che favoriscono qualche migliaio di lavoratori. Ormai il cittadino comune ha perso anche il senso delle varie geometrie inventate dalla politica, come quota 101, 102, 103 e ora 104, però già tramontata. Tutti questi tentativi si sono scontrati con il fatto che le risorse pubbliche sono limitate. Ma non da ora, ormai da qualche anno.
Casomai, il sig. Salvini dovrebbe ringraziare la prof.ssa Fornero che con la sua riforma strutturale ha liberato risorse e consentito questi modesti aggiustamenti parziali. La riforma della Fornero è come un ottomila che il povero Salvini sta cercando di scalare con le proverbiali ciabatte da spiaggia della sua totale incompetenza economica. Non sorprende che ogni volta venga strapazzato, anche se il soggetto non sembra provare la minima vergogna. Ho una piccola proposta per evitare le solite “salvinate” sulle pensioni: ogniqualvolta Salvini pronuncia il cognome Fornero dovrebbe pagare una multa di 1000 euro a favore di qualche ente benefico.
Non solo non c’è stato l’anticipo promesso a milioni di lavoratori e lavoratrici, ma il governo sta facendo vergognosamente cassa sui pensionati tagliando l’adeguamento all’inflazione e con altri provvedimenti contro il pubblico impiego.
Non meno disastroso è il capitolo della riforma dell’Irpef sulla base di una sola aliquota, avanzata prima di Forza Italia e ora da Salvini che la ripropone ad ogni piè sospinto. Qui il risultato è ancor più tristemente ridicolo. Agli italiani, ma non tutti naturalmente – via i più poveri sotto i 15.000 euro e anche i più ricchi, quelli con un reddito lordo di 50.000 mila euro secondo Meloni – riceveranno un bonus mensile sotto forma di riduzione dell’Irpef di circa 20 euro che potranno spendere come credono.
Naturalmente questa riduzione è prevista solo per il 2024, anno delle elezioni europee. È probabile che per il 2025 sia revocato, dato il molto preannunciato peggioramento della finanza pubblica a causa anche dei generosi interessi sui titoli di stato che Giorgetti regala agli italiani. Anche qui, è un fatto acclarato, aveva fatto molto meglio Draghi pur lavorando ancora con il disavanzo.
In un paese normale un leader così scadente nei risultati ottenuti sarebbe stato mandato a casa dai suoi stessi elettori, oppure dovrebbe chiedere scusa e modificare la sua linea di azione. Ma non pare che questo sia il caso e in politica per ragioni abbastanza oscure vale il motto sportivo rovesciato: leader incapace non si cambia. Credo che a questo punto molti elettori ed ex elettori leghisti rimpiangano la segreteria di Bossi. Il senatùr almeno aveva un’idea forte, quella della autonomia regionale, che poteva dare una qualche risposta ad alcuni problemi della società italiana. Un’idea che per certi aspetti poteva essere, condivisa o no, anche molto produttiva.
Ma dell’autonomia regionale all’attuale leader leghista non importa quasi nulla e tutto è fermo in un vicolo cieco. Si dirà che per realizzare questo progetto il governo dispone di cinque anni. Vero, ma con un leader come Salvini ne occorrerebbero molti di più, forse perché vuole fare un dispetto al suo avversario di sempre, il governatore del Veneto Luca Zaia che vorrebbe intanto scaldare per altri cinque anni la sua comoda poltrona che occupa da ben quindici.
Altro che valore fondamentale, l’autonomia regionale sembra essere solo un gioco di potere in casa leghista, con buona pace delle fantasie di Bossi.