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Il primo discorso a “denti stretti” di re Carlo III: dal ricordo dell’amata madre al (difficile) passaggio sulla ripresa dell’estrazione di “gas e petrolio”

Re Carlo III ha un compito solenne ma limitato, legge un programma che però non ha scritto. I contenuti sono frutto della mano del capo del governo che passa attraverso la voce del monarca la sua agenda politica

di Antonella Zangaro

La prima volta che colui che oggi indossa la corona entrò a Westminster per assistere al discorso della regina era il 1970. Oggi, dopo una vita di preparazione metodica e di attesa estenuante, re Carlo III ha consegnano al Parlamento e alla Storia il suo primo “discorso del re” in occasione della cerimonia dello State Opening. La verità è che, già nel maggio dello scorso anno, l’allora principe del Galles aveva parlato alle camere inglesi per sostituire la regina Elisabetta impossibilitata a muoversi per i problemi alle gambe che le hanno impedito di svolgere il suo dovere come aveva fatto per 70 anni. Se Carlo, nel 2022, era andato da solo a conferire con la politica inglese; quest’anno si è fatto accompagnare dall’inseparabile Camilla; lui in abito ufficiale da grande ammiraglio della Royal Navy, lei in bianco con corona salda in testa.

A salutarli all’uscita di Buckingham Palace la scorta della Royal Guard ed un sole raro in questa stagione a Londra. I saluti e le bandierine di prassi nel primo tratto, fischi e contestazioni all’ingresso di Parliament Square. Un gruppo di circa 500 anti monarchici ha scandito il classico “Not My King” (“non è il mio re”) con cartelli e proteste contenute dalla polizia. L’arrivo alla Camera dei Lord ha seguito la lenta solennità della tradizione tanto cara ai britannici che, nonostante tutto, mai rinuncerebbero veramente alle loro teste coronate. E loro, come da copione, svolgono il compito di mettere in scena riti antichi ma pieni di simbologie.

Re Carlo si è seduto tenendo alla sua sinistra Camilla e ha salutato la politica schierata davanti a lui ricordando l’amata madre. Dopo 72 anni, dopo Giorgio VI, nel 1951, lui è di nuovo un re che parla alla sua nazione, nel solco delle “spirito di servizio” ispirato da chi l’ha lungamente preceduto. Tradizione vuole che, nonostante la legislatura duri 5 anni tra un’elezione e l’altra (normalmente i governi in Inghilterra reggono quanto previsto..), l’apertura della nuova sessione parlamentare venga lanciata annualmente. Un’occasione per il Primo Ministro ed il suo gabinetto per divulgare i contenuti della futura azione legislativa così come i piani di ingaggio per l’anno che verrà.

Re Carlo III ha un compito solenne ma limitato, legge un programma che però non ha scritto. I contenuti sono frutto della mano del capo del governo che passa attraverso la voce del monarca la sua agenda politica. Ne trae sicuramente vantaggio, di fatto mette davanti al popolo la faccia del re e approfitta del suo traino di solennità per far digerire anche i bocconi amari che il parlamento sarà chiamato a votare nei successivi 12/18 mesi. Peccato che a parlare di crisi, costo della vita e problemi del Paese sia un uomo con una corona in testa e che lo faccia per mano di un ricchissimo privilegiato che vive comodamente al 10 di Downing Street. Ma tant’è.

Resta il fatto che, immaginare che Carlo fosse convinto di tutto quello che è stato invitato a leggere oggi è difficile da credere, ma così vuole il rigido cerimoniale. Chi lo conosce bene, nota la Bbc, ritiene che il re l’abbia detto a “denti stretti“. L’imparzialità fa parte dei compiti del monarca inglese ma non certo del DNA di questo, notoriamente impegnato in battaglie contro il cambiamento climatico che già lo hanno visto “rompere” la dovuta neutralità con gesti e prese di posizione molto diverse da quelle di sua madre e sicuramente imbarazzanti, in particolare per l’attuale primo ministro Rishi Sunak. Controverso dunque deve essere stato il passaggio sull’aumento delle autorizzazioni per la ripresa dell’estrazione di “gas e petrolio” nel territorio inglese. Eppure, il re definito “impiccione” ha aspettato talmente tanto per poter salire su quel trono che probabilmente non ha certo timore di pestare qualche piede qua e là e poi, alla fine, il discorso del re si conclude sempre con la benedizione di Dio.

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