“Essere sospettati penalmente è incompatibile con l’esercizio della carica di primo ministro”. Il premier del Portogallo, il socialista Antònio Costa, al potere da 8 anni, si è dimesso dopo essere finito in un’inchiesta della magistratura per corruzione che gira intorno agli investimenti “verdi” del suo governo e che in sostanza ha circondato il leader socialista. La polizia difatti ha arrestato tra gli altri il capo di gabinetto del premier, Vítor Escaria. il sindaco della città portuale di Sines Nuno Mascarenhas e l’imprenditore, consulente e amico personale di Costa, Diogo Lacerda Machado, per rischio di fuga e inquinamento delle prove. Tra gli indagati figurano anche il ministro delle Infrastrutture João Galamba e quello dell’Ambiente Duarte Cordeiro, oltre al capo dell’agenzia ambientale del Paese. Coinvolto nell’inchiesta anche l’ex titolare dell’Ambiente João Pedro Matos Fernandes, dal quale è iniziata gran parte dell’inchiesta. Non solo: tra i luoghi sottoposti a perquisizione dalle forze dell’ordine non ci sono state solo uffici pubblici ma anche l’abitazione privata del premier il quale non è indagato ma sta per esserlo, come ha spiegato una nota della Procura.
Poche ore dopo gli arresti e le perquisizioni, Costa si è presentato davanti alle tv del Portogallo per dire che “in queste circostanze, ovviamente” ha rimesso il mandato nelle mani del presidente della Repubblica Marcelo Rebelo de Sousa. L’avverbio usato da Costa è “ovviamente“: “È una fase della vita che è finita – ha detto tra le altre cose – E i procedimenti penali raramente sono rapidi. Certamente non aspetterei le conclusioni dei procedimenti penali per trarre conclusioni”. Per tutti questi motivi ha già anticipato che non si ricandiderà per la carica di primo ministro.
Costa governava ininterrottamente dal 2015 anche a capo di coalizioni composite di sinistra, comunisti compresi. Il suo esecutivo nato nel 2022 e appena decaduto, invece, era sostenuto in Parlamento da una maggioranza monocolore, cioè dal solo Partito Socialista che alle ultime elezioni politiche di un anno e mezzo fa aveva fatto il pieno di voti. Il nome di Costa, molto apprezzato e in ascesa nel Partito socialista europeo, era tra quelli che giravano come possibile candidato alla presidenza della Commissione europea alle elezioni del 2024. E’ evidente che – a prescindere dagli esiti dell’inchiesta – ora questa ipotesi sfumerà. Costa dice di chiudere “questa fase con la coscienza pulita”: “Voglio dire, in faccia ai portoghesi, che la pratica di qualsiasi atto illecito, o anche qualsiasi atto riprovevole, non pesa sulla mia coscienza”.
Qual è il centro dell’inchiesta che ha abbattuto il governo del Portogallo? Gli inquirenti stanno indagando su presunti illeciti, corruzione di funzionari eletti e traffico di influenze relativi a concessioni per miniere di litio nella cittadina di Montalegre, vicino al confine settentrionale del Portogallo con la Spagna, e a progetti per un impianto di idrogeno verde e un centro dati nella città costiera meridionale di Sines. Le perquisizioni hanno riguardato anche le sedi del ministero dell’Ambiente, del ministero delle Infrastrutture e del Comune di Sines oltre ad abitazioni private e uffici.
Al momento la Procura non ha fonti di prova diretta su Costa, ma gli inquirenti hanno spiegato che “i sospetti hanno invocato il nome del primo ministro” nello svolgimento delle loro presunte attività illecite. Era noto che, nel 2021, tre telefonate con Costa erano state registrate dagli inquirenti che indagavano sull’allora ministro Matos Fernandes e su un investimento di oltre un miliardo e mezzo nell’idrogeno verde. Dato che le intercettazioni coinvolgevano il premier, era stata chiamata in causa la Corte suprema, che aveva autorizzato l’uso di una delle tre telefonate.