Ho visto un video con scambio di battute fra Giuseppe Cruciani e una donna marocchina chiamata in una trasmissione dove si parlava dell’omicidio di Saman Abbas, mentre da Paolo Del Debbio, in un dibattito sul matrimonio imposto alle spose bambine, aleggiava la tesi che si trattasse di una imposizione dell’Islam.
Cruciani e Senaldi hanno mostrato di non capire che il motivo per cui è stata uccisa Saman non è la religione islamica, ma le tradizioni, come cercava di dire la signora musulmana. La signora ha più volte chiaramente condannato l’assassinio di Saman e chiamato criminali gli autori del delitto, ma gli altri due l’accusavano di aver difeso o giustificato gli assassini perché aveva detto che il movente dell’omicidio potesse risalire al fatto che i familiari avessero già speso la cospicua dote.
Alla domanda di Cruciani: perché allora ucciderla? Rispondo io, dato che alla signora non è stato consentito: per lavare l’offesa col sangue. Chi vive in un paese in cui fino a pochi decenni fa nel codice penale c’era il delitto d’onore dovrebbe capirlo.
La signora richiamava poi il fatto che in Italia ogni tre giorni viene uccisa una donna, per dire che in entrambi i casi si tratta di delitti che hanno una matrice culturale, ma Cruciani ha detto che le italiane sono state uccise perché i mariti erano esasperati per essere stati lasciati dalla compagna, così mostrando che si tratta proprio di una questione culturale di cui egli stesso è inconsapevolmente vittima, anche se poi a livello razionale condanna i femminicidi. Il femminicidio nasce infatti dalla cultura patriarcale della violenza e del possesso, proprio come l’uso delle spose bambine e l’infibulazione.
Va ricordato infatti che anche la pratica delle mutilazioni genitali femminili è ritenuta dai più una prescrizione islamica, ma risale all’epoca dei faraoni (quella più radicale si chiama proprio faraonica), cioè a migliaia di anni prima della nascita di Maometto, ed è in uso anche presso popolazioni africane non islamiche. Ciò proprio perché si tratta di pratiche tradizionali, anche se in alcuni contesti la loro imposizione è facilitata adducendo motivi religiosi.
D’altra parte anche nella religione cristiana con slogan come “lo chiede Gesù” e il classico “Dio è con noi” si sono giustificati anche gravi delitti. come quelli sugli aborigeni dei paesi da colonizzare, mentre il Vangelo chiede che si ami il prossimo come se stessi…
Anche alcuni gruppi ebraici hanno imposizioni per le donne (fra cui il velo, la separazione fra uomini e donne persino sui marciapiedi e la forte soggezione della donna al marito) che giustificano con la religione. Ma non tutti gli ebrei applicano queste regole, così come non tutti i musulmani adottano la Sharia o la pratica delle spose bambine, pratica presente invece in India o in contesti non musulmani. Anche il velo non lo portano tutte le musulmane, mentre era imposto da noi fino a qualche decennio fa, quando le donne non potevano entrare in chiesa a capo scoperto.
E’ indubbio che l’applicazione stretta della sharia produca mostri in tanti casi, come con la lapidazione, presente nella Bibbia e citata nel Vangelo quando Maometto non era ancora nato, ma la scelta è di chi la applica, tanto è vero che in molti contesti islamici questo non avviene.
Del Debbio è poi sbottato contro l’imam presente, dicendo testualmente di essersi “rotto i coglioni” del fatto che si dica che quelli che compiono queste azioni non sono islamici. Ma in realtà l’ospite in trasmissione – continuamente sovrastato e interrotto – cercava solo di dire che queste pratiche non sono prescritte dall’Islam, e quindi sono sì commesse da musulmani ma non per attuare insegnamenti dell’Islam. Diversamente sarebbe come attribuire al Vangelo i principi criminali che guidarono l’Inquisizione o la colonizzazione dell’America Latina.
Nell’altro contesto Cruciani ha concluso energicamente che “il problema è l’Islam”. E proprio questo messaggio si vuol veicolare dal 7 ottobre per demonizzare tutti gli arabi, non solo Hamas. Suscitare la paura dell’Islam lega infatti le uccisioni dei civili a Gaza alla difesa della nostra civiltà. Le cui radici, però sono la tradizione cristiana e le Carte fondamentali dei diritti, i cui principi di non discriminazione impongono di opporsi sia all’antisemitismo che all’islamofobia.