I risultati delle prime analisi sembrerebbero escludere la presenza di botulino ma intanto la notizia della morte della signora Gerardina Corsano, 46 anni, dopo una cena in pizzeria ha riacceso i riflettori sulla pericolosità di questa sostanza. Intossicarsi con olio piccante appare un’eventualità piuttosto rara, ma va anche detto che “la tossina botulinica è la più potente che si trova in natura: anche a basse dosi è in grado di bloccare tutti i muscoli, pure quelli respiratori. Basta 1 grammo di tossina per uccidere 14.000 persone”, esordisce la dott.ssa Mara Antonaccio, Biologa Nutrizionista di Torino specializzata in sicurezza alimentare e docente universitaria. Ciò detto, è utile sapere che le infezioni da botulino non sono frequentissime: secondo i dati dell’Istituto Superiore di Sanità, “dal 1986 al 30 settembre 2022 sono stati confermati in laboratorio 406 incidenti di botulismo che hanno coinvolto 599 persone”. Non sempre si muore (solo nel 5% dei casi), però di sicuro la malattia è seria. Ma come mai questa infezione alimentare è tanto pericolosa?
Batteri-alien
“La tossina botulinica è prodotta dal batterio Clostridium botulinum. Fa parte della famiglia dei clostridi, tutti batteri sporigeni, che si riproducono cioè tramite le spore. Questi batteri sono dotati di una parete cellulare molto spessa, difficile da distruggere, che permette loro la sopravvivenza per molto tempo, addirittura anni”, spiega la biologa. Ma per sopravvivere, questi piccoli alien hanno bisogno dell’ambiente adatto. Essendo batteri anaerobi, che vivono cioè senza ossigeno, prosperano soprattutto nelle conserve sott’olio preparate o conservate male, in particolare quelle fatte in casa. “Per riprodursi, i batteri hanno bisogno di proteine e olio” spiega la biologa. Come riporta l’Iss, i casi di botulismo in Italia sono legati per il 47% a conserve di vegetali in olio (in particolare di funghi preparati in ambito domestico); seguono quelle in acqua/salamoia (25,5%). Possono essere a rischio pure salsicce sottolio, olive e cime di rapa, e in minor misura alcune preparazioni macrobiotiche.
Segnali di pericolo
Quando possibile, bisogna controllare che i barattoli non siano gonfi o i vasetti non abbiano il coperchio deformato: in tal caso vanno eliminati. “Se aprendo la conserva si sente un soffio bisogna allarmarsi: questo gas segnala la fermentazione anaerobica”, avverte l’esperta. Perciò va buttato tutto, anche perché non sempre gusto e odorato aiutano – ma se si sente qualcosa di strano è meglio evitare il consumo. Il rischio è basso con i prodotti in commercio. “A livello industriale, i sistemi di conservazione sono standardizzati rispetto al tipo di prodotto. L’aria dell’ambiente di lavoro è del tutto priva di germi”. Il che non si verifica in casa, quindi non guasta qualche suggerimento per fare conserve sicure.
Preparazione accurata
Fondamentali sono igiene attentissima (senza dimenticare mani e piani di lavoro), alte temperature e adeguata conservazione – la classica dispensa. Si parte dalla sterilizzazione dei vasetti, bollendoli o passandoli nel microonde. Per eliminare le spore ci vuole però un ambiente acido, salino o zuccherino; perciò le verdure vengono sbollentate nell’aceto e salate e la frutta della marmellata addizionata di zucchero e limone. Ma aceto, sale e zucchero devono essere nelle giuste proporzioni – occhio quindi alle confetture poco zuccherine e alle salamoie leggere! Diverso il caso dei sottoli. “La bollitura uccide tutto, ma l’olio non si bolle e le spore possono restare”, precisa la dott.ssa Antonaccio. Di per sé non sono pericolose per gli adulti, perché vengono distrutte dagli acidi gastrici e dal sistema immunitario. Ma nelle condizioni ideali, in mancanza di ossigeno e a una temperatura di 36-38°, le spore si possono aprire e nascono nuovi clostridi, che producono tossina, allora sono guai. Da qui la necessità di una corretta conservazione, in un ambiente fresco e ventilato.
La sintomatologia
I sintomi possono comparire dopo poche ore o vari giorni, in media a 24-72 ore dal pasto. Prima si presentano e più grave è la contaminazione; più cibo contaminato si mangia e peggio è. In ogni caso è essenziale un tempestivo intervento medico. I sintomi variano per tipologia e intensità: dilatazione delle pupille, annebbiamento e sdoppiamento della vista, difficoltà a parlare e a deglutire, secchezza delle fauci, nausea, vomito, vertigini, stipsi. Insomma, pervenire è fondamentale, ma non si deve rinunciare alle buone conserve. Come quella che segue.
L’olio piccante della biologa
“Invece di far seccare i peperoncini all’aria, con il rischio di contaminazioni da botulino, è meglio tostarli in forno ad alta temperatura. Poi si sbriciolano e si uniscono all’olio”. Il piccante non se ne va, le spore sì.