Scienza

Indi Gregory, il genetista: “Malattia scoperta nel 2013 e senza cura. Al Bambino Gesù hanno protocolli terapeutici di supporto”

Un corpicino piccolo e fragile, tenuto in vita da un respiratore. Indi Gregory è venuta al mondo da solo poco più di 8 mesi, ma con un terribile fardello impresso nel DNA: un gravissimo difetto nei mitocondri, le centraline energetiche delle cellule. La piccola bimba britannica “contesa” con l’Italia è affetta di una forma rara di malattia mitocondriale contro la quale oggi non c’è cura. “Questa patologia dipende da un difetto di un gene nucleare, SLC25A1, che codifica per un trasportatore di citrato nel mitocondrio”, spiega Giuseppe Novelli, genetista del Policlinico Tor Vergata di Roma. “Il malfunzionamento di questo trasportatore causa una malattia rarissima nota come ‘aciduria combinata D2 L2 idrossiglutarica’. Questa forma – aggiunge – è stata scoperta nel 2013 in Europa su una decina di casi di pazienti che presentavano questa alterazione metabolica”.

Dal punto di vista clinico la malattia si presenta con sintomi neurologici di varia gravità che hanno tutti un tragico epilogo. “Nella forma più severa, si presenta con una encefalopatia ad insorgenza neonatale caratterizzata da severa ipotonia, epilessia farmacoresistente, insufficienza respiratoria, ritardo globale di sviluppo, atrofia cerebrale e morte nei primi mesi di vita”, specifica il genetista. Non c’è nessuna cura contro questo terribile male. “Ma i colleghi del Bambino Gesù di Roma – sottolinea Novelli – hanno le competenze per la gestione del suo caso e certamente una ottima esperienza nel campo delle malattie mitocondriali ed hanno sviluppato protocolli terapeutici di supporto per aiutare i pazienti affetti da queste terribili malattie”.

Le malattie mitocondriali sono infatti numerose. “Sono un gruppo di malattie genetiche rare che derivano dalla disfunzione dei mitocondri, organelli che producono energia all’interno delle cellule”, spiega Novelli. “Il numero di mitocondri negli esseri umani può variare a seconda del tipo di cellula. Ogni cellula umana – prosegue – contiene tipicamente da diverse centinaia a oltre un migliaio di mitocondri. Tuttavia, è importante notare che il numero di mitocondri può differire tra i diversi tipi di cellule e può anche cambiare in risposta a vari fattori come lo stress ossidativo, che oggi è allo studio come bersaglio terapeutico”.

La prevalenza delle malattie mitocondriali varia a seconda della popolazione specifica e del tipo di mutazioni prese in considerazione. “Le malattie mitocondriali possono derivare da mutazioni nel DNA nucleare o nel DNA mitocondriale (mtDNA) e il modello di ereditarietà può essere di tre tipologie: autosomico dominante, autosomico recessivo o materno”, spiega il genetista. Questa eterogeneità genetica si aggiunge alla difficoltà di trovare una cura universale per tutte le malattie mitocondriali. “Alcune di queste malattie colpiscono il DNA proprio dei mitocondri con una prevalenza di circa 1 su 5.000 individui e si trasmettono attraverso il DNA mitocondriale per via materna (i mitocondri sono ereditati con l’ovocita). Altre malattie – sottolinea Novelli – colpiscono invece geni del DNA nucleare deputati alla produzione di proteine che fanno funzionare i mitocondri e che si trasmettono dai genitori ai figli con una prevalenza di 2,9 casi su 100.000, e spesso da padre e madre portatori sani, come nel caso della piccola Indi”.

Le malattie mitocondriali possono colpire vari organi e diversi sistemi del nostro corpo, inclusi i muscoli, il sistema nervoso centrale. La diagnosi di una malattia mitocondriale può essere difficile, poiché richiede una valutazione completa da parte di genetisti, neurologi ed esperti del metabolismo. “Le malattie mitocondriali sono un gruppo di malattie difficili da curare per diversi motivi”, spiega Novelli. “In primo luogo, la complessità della funzione di questi organelli e il coinvolgimento di più geni rendono difficile lo sviluppo di terapie mirate. Inoltre, la gestione e la cura dei pazienti con malattia mitocondriale primaria richiedono un approccio multidisciplinare”, aggiunge.

Attualmente, mancano terapie comprovate per la cura delle malattie genetiche mitocondriali. “Nonostante i progressi nella comprensione delle basi molecolari di questi disturbi – dice Novelli – gli approcci terapeutici sono ancora inadeguati, ma la ricerca sta andando avanti per fornire potenziali bersagli per future strategie di trattamento”, aggiunge. Un’area di ricerca è ad esempio focalizzata sulle terapie geniche, come l’editing genetico, per correggere i difetti alla base delle malattie mitocondriali. “Tuttavia, questi approcci sono ancora in fase sperimentale e devono affrontare sfide come il rilascio di geni terapeutici nei mitocondri. Un altro approccio allo studio – riferisce il genetista – è l’uso di antiossidanti mirati ai mitocondri e donatori di ossido nitrico per mitigare lo stress ossidativo, che è una caratteristica comune delle malattie mitocondriali. Sono necessari ulteriori studi clinici per valutare l’efficacia e la sicurezza di questi approcci. Inoltre, in casi selezionati e molto bene studiati, è stato anche sperimentato il trasferimento di mitocondri sani in cellule con disfunzione mitocondriale a livello embrionale”. Per quanto siano complicate le malattie mitocondriali come quella della piccola Indi, la ricerca non ha gettato la spugna. Si lavora, si studia, in attesa di un progresso significativo.

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