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Lo storico Kamel: “Il piano di Israele è quello di rendere invivibile la Striscia di Gaza. Ha buttato già 22mila tonnellate di bombe”. Su La7

“Allo stato attuale, su Gaza ci sono bombardamenti israeliani. Ma solo in piccola parte colpiscono Hamas, che si trova in larga parte nei tunnel, e prevalentemente colpiscono civili. Ci sono oltre 10mila vittime civili, di cui 4mila bambini. Sono bambini come i nostri, ma spesso per noi occidentali sono solo dei numeri. E a fronte di questi bombardamenti a tappeto contro i civili l’impunibilità rimarrà là“. Sono le parole pronunciate a Tagadà (La7) dallo storico Lorenzo Kamel, che, nello spiegare cosa sta succedendo a Gaza, menziona la proposta ufficiale del ministro israeliano dell’Intelligence per la definitiva espulsione di massa dei palestinesi dalla Striscia di Gaza e il loro trasferimento permanente nella penisola egiziana del Sinai.

Kamel sottolinea: “Oggi, però, non siamo più nel 1948, quando vennero distrutti e in larga parte rasi al suolo 418 villaggi palestinesi. Quindi, quella soluzione non è praticabile. Servirà allora un piano B, paventato peraltro da diversi generali e politici israeliani: rendere invivibile la Striscia di Gaza. E infatti sono state buttate 22mila tonnellate di bombe che sono andate a colpire anche le riserve d’acqua“.

Lo storico dell’Università di Torino invita a una maggiore precauzione nell’utilizzo delle informazioni provenienti da Israele: “Secondo i dati ufficiali dell’organizzazione israeliana Yesh Din, se un soldato israeliano viene denunciato per danni arrecati a un palestinese, la probabilità che l’accusa si concluda in una condanna è pari allo 0,87%, quindi c’è la quasi certezza dell’impunibilità. Nel 2009 Israele venne accusato di utilizzare fosforo bianco contro i civili nella Striscia di Gaza. Le autorità israeliane – spiega – smentirono, ma grazie alle inchieste del Times Israele fu poi costretto ad ammettere di averlo usato. Dieci anni dopo vennero bombardate diverse case nella Striscia di Gaza e vennero uccisi civili. Si disse, come adesso, che erano tutti terroristi, ma anche in quel caso grazie ai giornalisti venne provato che le vittime erano in realtà 8 civili. Ricordiamo anche la giornalista palestinese Shireen Abu Akleh, uccisa lo scorso anno in un raid israeliano a Jenin, in Cisgiordania. Abbiamo, insomma, decine di esempi”.

E conclude: “Tutto questo per dire che in un momento di guerra la propaganda, che sia israeliana, palestinese o di Hamas, non deve essere presa acriticamente, ma mi sembra che alle nostre latitudini spesso si faccia affidamento su una sola propaganda in maniera acritica“.