Il caso di Airbnb, con il decreto di sequestro da 779 milioni di euro, per il mancato versamento, in qualità di sostituto di imposta, della cedolare secca al 21% sugli affitti brevi, avrà il suo immediato riverbero fiscale sugli host perché sono loro i contribuenti finali della tassa che la piattaforma doveva trattenere e gestire. Un ruolo sempre rifiutato dalla società che si era prima appellata alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea che si era espressa nel dicembre del 2022 a sfavore e poi al Consiglio di Stato, che recependo quel verdetto, lo scorso 24 ottobre ha stabilito che lo Stato può chiedere di raccogliere informazioni e dati sulle locazioni effettuate, e soprattutto di applicare la ritenuta d’imposta alla fonte prevista dal regime fiscale nazionale.
Decisione che si “abbina” a una normativa europea più stringente verso le piattaforme digitali: dal 1° gennaio 2023 i codici fiscali dei locatori, i redditi percepiti e i dati catastali degli immobili affittati dovranno essere comunicati all’agenzia delle Entrate; gli host che non metteranno a disposizione questi dati rischieranno di essere “bloccati”. Ora quindi sono a rischio accertamento gli host che hanno omesso di dichiarare nei redditi gli affitti brevi che, tra il 2017 e il 2021, hanno generato un giro d’affari per oltre 3 miliardi e 700 milioni di euro attraverso Airbnb. I controlli – in considerazione della mole di dati da analizzare – dovranno essere seguiti dai finanzieri di tutta Italia.
Le verifiche fiscali effettuate dalla Guardia di finanza di Milano hanno portato all’apertura di una inchiesta con al centro la filiale irlandese del colosso californiano e a disporre il sequestro di più di 779 milioni di euro. Sequestro non ancora finalizzato perché Airbnb non ha conti in Italia e perché gli investigatori si devono districare nel labirinto gestionale del colosso californiano. Allo stato viene evidenziato che un’alta percentuale di locatari era da un lato a conoscenza dell’omesso versamento della cedolare secca da parte di Airbnb (ricevevano il canone depurato solo della commissione per l’offerta della piattaforma online) e dall’altro si sarebbe ben guardata dal pagare le tasse. Per questo, nei loro confronti, si aprirà un procedimento tributario. Chi invece ha dichiarato non avrà nulla da temere.
I commercialisti e avvocati della multinazionale hanno preso contatti con funzionari del fisco, cosa che fa pensare all’intenzione di saldare i conti con il Fisco. Anche perché in prospettiva c’è all’allargamento dell’inchiesta anche agli anni 2022-2023. Nei giorni scorsi Airbnb Ireland però in una nota aveva fatto sapere che è in corso una discussione con l’Agenzia delle Entrate dal giugno 2023 per risolvere questa questione ritenendo di aver agito nel pieno rispetto della legge e di non essere soggetta alla legge del 2017 sulla base delle decisioni della Corte di giustizia Ue e quella italiana. “Data la complessità e l’incertezza della legge del 2017, la società non è in grado di determinare una stima di una possibile perdita o di un range di perdite, ma ogni ammontare potrebbe essere materiale” terminava la nota alla Securities and Exchange Commission (Sec) statunitense.
Intanto la cedolare secca non sarà più al 21%. Per gli affitti brevi, come previsto dalla Legge di bilancio, il regime fiscale cambierà con l’aumento al 26%. Una scelta che ha innescato proteste e polemiche a cui la ministra del Turismo Daniela Santanche’ ha risposto così: “Sugli affitti brevi c’è un Far West. Vedrete che a breve, assieme e coordinandoci con i sindaci delle città’ metropolitane e con tutti gli assessori del turismo, arriveremo a una definizione. È un settore che ha bisogno di regolamentazione tenendo presente che per noi la proprietà privata è sacra, e quindi non criminalizzeremo, ma regoleremo”.