Mondo

Gaza, il fotoreporter Satolli: “Non si entra se non seguendo l’esercito israeliano. Vediamo cosa succede solo grazie ai giornalisti palestinesi”

Emanuele Satolli, già finalista del premio Pulitzer per i reportage sulla strage di Bucha, è un fotoreporter di guerra che collabora con diverse testate internazionali, dal Wall Street Journal al Time Magazine. Ospite di Alessandro Milan nella trasmissione Uno, Nessuno, 100Milan (Radio24), Satolli, che attualmente si trova in Israele, racconta cosa sta accadendo nella Striscia di Gaza e in Cisgiordania dal punto di vista degli inviati e dei fotoreporter internazionali: “Nella Striscia di Gaza non possiamo assolutamente entrare. Vediamo le immagini di Gaza solo grazie al lavoro dei giornalisti palestinesi locali. È davvero un’anomalia non poter raggiungere le zone di guerra per noi fotoreporter – spiega – Nel 2018 sono stato a Gaza e all’epoca si poteva entrare solo dopo aver ricevuto un permesso dalle autorità israeliane. Ora hanno iniziato a fare degli ‘embedded’ con le truppe di Israele, cioè alcune testate riescono a entrare a Gaza ma solo sotto il controllo dell’esercito israeliano“.

E aggiunge: “In pratica i giornalisti che seguono le truppe israeliane fanno solo quello che dice l’esercito, che ora addirittura, come condizione per poter lavorare con loro, richiede la visione preventiva di tutto il materiale raccolto e può eliminare quello che non va. Per il Wall Street Journal io 2 giorni fa sono stato in una base aeronautica israeliana. Alla fine della visita hanno controllato tutto il materiale che avevo fotografato e hanno cancellato molte delle foto scattate. Una cosa veramente molto fastidiosa”.

Riguardo alla situazione in Cisgiordania, Satolli smentisce che i giornalisti possano muoversi liberamente, perché anche lì c’è un serrato controllo esercitato dalle forze militari israeliane: “Ci sono stato molte volte in questi giorni. Sono stato a Jenin, a Tulkarem, a Ramallah. Capita spesso, come è accaduto a me, che si rimanga bloccati in qualche checkpoint perché l’esercito israeliano ti impedisce di proseguire. Anche per gli stessi palestinesi la libertà di movimento è limitatissima e dipende molto dal controllo dei soldati israeliani”.

Il fotoreporter racconta la sua esperienza diretta a Salfit, uno dei villaggi palestinesi della Cisgiordania più toccati dalla presenza di insediamenti di coloni israeliani: “Si trova proprio a ridosso di Ariel, il più grande insediamento israeliano in Cisgiordania, dove c’è adirittura un campus universitario. Ho parlato con diversi abitanti palestinesi di Salfit che hanno alberi di ulivo confinanti con questo insediamento e, nonostante ora sia il periodo di raccolta delle olive – continua – non possono assolutamente fare niente, né avvicinarsi ai loro alberi. Un contadino mi ha detto: ‘Se mi avvicino, sicuramente mi sparano’. E mi ha anche confidato che prima queste violenze dei coloni non accadevano così frequentemente, anche perché prima addirittura l’esercito israeliano cercava di fermare i coloni che attaccavano i palestinesi. Ora non più”.

Satolli sottolinea: “Sicuramente dopo il 7 ottobre c’è stato un aumento delle violenze dei coloni in Cigiordania per un sentimento di rivalsa conseguente all’attacco dei miliziani di Hamas. Ma c’entra indubbiamente anche la politica di Netanyahu, quella dell’espansione delle colonie nei territori della Cisgiordania. Quindi, ne stanno approfittando per cacciare ulteriormente i palestinesi, anche perché l’attenzione ora è focalizzata su Gaza. Quello che sto vedendo non è tanto odio quanto rabbia sia dalla parte palestinese, sia da quella israeliana”.

E spiega: “Ho assistito a molti funerali di palestinesi, sono tanti i civili che muoiono a causa dei raid notturni israeliani in Cisgiordania. Da parte dei palestinesi, c’è molta rabbia non solo per i bombardamenti di Israele, ma anche per la mancata libertà di movimento e per la continua soggezione al controllo autoritario di un esercito che non è nemmeno l’esercito del tuo paese. Hamas? – prosegue – Sono stato a diverse manifestazioni a Ramallah e Hamas non è molto popolare. Ho visto poche bandiere. In realtà, con qualsiasi palestinese io parli, tutti mi dicono che l’Autorità Nazionale Palestinese non ha più nessun potere e quindi quel vuoto viene colmato poi dalle numerose milizie presenti”.

Satolli chiosa: “Ovviamente c’è anche molta rabbia da parte degli israeliani per il violento attacco di Hamas lo scorso 7 ottobre. Il figlio di un libraio israeliano mi ha detto di nutrire una fortissima rabbia, di non riuscire proprio a controllarla e di manifestarla non solo nei confronti dei palestinesi, ma anche verso gli amici e la famiglia”.