La sentenza del Tar degli scorsi giorni elimina una delle discriminazioni esistenti tra dipendenti pubblici e privati. Prima di tale decisione, infatti, secondo il DM Madia-Poletti del 2017, vigevano per il settore pubblico fasce di reperibilità, in caso di visita fiscale, superiori rispetto a quelle del settore privato. Il decreto prevedeva cioè che nel settore pubblico ci fosse un orario per le visite fiscali dei dipendenti pubblici molto più lungo di quello in vigore per i lavoratori del settore privato: 7 ore anziché 4, e cioè dalle 9 alle 13 e poi dalle 15 alle 18, con obbligo di reperibilità anche nei giorni non lavorativi e in quelli festivi, mentre nel privato la fasce orarie sono dalle 10 alle 12 e dalle 17 alle 19. Un quadro decisamente più penalizzante per i dipendenti pubblici, finalmente evidenziato da una sentenza attesa e richiesta da tempo. La decisione mette dunque fine a una vera e propria discriminazione, come sottolineato anche dal Tar stesso, che ci mette però al tempo stesso di fronte ad alcune questioni.

La prima è che questa disposizione illegittima e da noi sempre contestata è stata emanata nel pieno di una campagna contro i lavoratori pubblici che in parte continua ancora oggi. È il caso, ad esempio, dell’ingiusta trattenuta dell’indennità di amministrazione, che costituisce parte integrante dello stipendio, e che ancora oggi viene sottratta dalla retribuzione per tutte le malattie inferiori ai 10 giorni, portando a una decurtazione superiore al 30% della retribuzione. Ma non solo: ad oggi, ad esempio, a differenza del lavoro privato, nel pubblico non opera la detassazione del salario di produttività e sono quasi del tutto assenti politiche di welfare aziendale, in contrasto con le sbandierate esigenze di incentivare la produttività e il benessere organizzativo all’interno dei posti di lavoro.

Ingiustizie, queste, da cui prende il via un’altra considerazione, relativa al fatto che il lavoro pubblico è e deve essere considerato una risorsa per il Paese e non una zavorra, e che per questo deve essere valorizzato e non penalizzato con norme medievali che in questi anni sono state utilizzate dalla cattiva politica per giustificare decenni di inerzia, di malagestione e di interessate esternalizzazioni.

Per tali ragioni, chiediamo che il governo e le amministrazioni si uniformino e mettano fine alle discriminazioni subite dai lavoratori pubblici. Se la PA deve diventare attrattiva per i giovani in cerca di lavoro, se il lavoro nella pubblica amministrazione deve essere un “posto figo” più che un posto fisso, come ha più volte ribadito il ministro Zangrillo, allora serve che il primo a credere nella strategicità dei lavoratori pubblici sia proprio il governo, con norme che li incentivino e non li penalizzino.

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