Scienza

Cancro ovarico, “cellule da donatori sani ingegnerizzate per contrastare il tumore”. Lo studio su Nature

Un nuovo metodo per sviluppare delle cellule in grado di affrontare determinati tumori particolarmente complessi da curare. È questo quanto emerge da una ricerca degli scienziati dell’Università della California UCLA che sono riusciti a sviluppare delle specifiche cellule dette “T gamma delta” ingegnerizzate per avere il massimo effetto nella cura contro il cancro ovarico. La ricerca si basa sulla cosiddetta terapia allogenica, che utilizza cellule immunitarie derivate da donatori sani anziché dai pazienti stessi. Questo approccio può rendere le terapie cellulari, come la terapia con cellule T a recettore dell’antigene chimerico (CAR-T), accessibili a un maggior numero di pazienti in modo più tempestivo, superando così una delle principali barriere nel fornire queste terapie salvavita.

“Spesso il tempo è fondamentale quando si tratta di curare persone affette da tumori avanzati”, ha dichiarato Lili Yang, professore associato di microbiologia, immunologia e genetica molecolare e membro del Comprehensive Cancer Center dell’UCLA Health. “Attualmente, questi tipi di terapie devono essere adattate al paziente individuale. Dobbiamo estrarre le cellule del sangue bianche da un paziente, modificarle geneticamente e poi reinserirle nel paziente. Questo processo può richiedere settimane o mesi e può costare centinaia di migliaia di dollari per trattare ogni paziente”. Questo nuovo approccio, descritto su Nature Communications, rappresenta un passo cruciale verso lo sviluppo di terapie cellulari più efficaci, a costo inferiore e che possono essere prodotte in serie e spedite in ospedali di tutto il mondo, rendendo la terapia con cellule CAR-T più accessibile ed economica per un’ampia gamma di pazienti.

Nello studio, Yang e il suo team si sono concentrati sulle cellule T gamma delta, cellule immunitarie conosciute per la loro capacità di colpire una vasta gamma di tumori, compresi quelli solidi, senza causare la malattia del trapianto contro l’ospite, una complicazione comune nelle terapie cellulari allogeniche. Sebbene i trattamenti basati sulle cellule T gamma delta fossero stati studiati in precedenza, hanno avuto limitato successo clinico a causa della variabilità dei donatori, della breve persistenza delle cellule e della capacità delle cellule tumorali di sfuggire alla risposta immunitaria del corpo.

Tuttavia, Yang e il suo team dell’UCLA hanno scoperto che le cellule T gamma delta dei donatori con un’alta espressione di un marcatore di superficie denominato CD16 avevano una maggiore capacità di uccidere le cellule tumorali. “Queste cellule T gamma delta con un’elevata espressione di CD16 mostrano caratteristiche uniche che aumentano la loro capacità di riconoscere un tumore”, ha dichiarato Yang “Mostrano livelli più elevati di molecole effettori e sono in grado di impegnarsi in una citotossicità cellulare dipendente da anticorpi contro le cellule tumorali. Abbiamo scoperto che utilizzando CD16 come biomarcatore per la selezione dei donatori, possiamo migliorare le loro proprietà anti-cancro”.

Yang e il suo team hanno anche superato alcune delle problematiche riscontrate in studi precedenti con trattamenti basati sulle cellule T gamma delta, ingegnerizzando le cellule in modo che fossero dotate di CAR e IL-15, due componenti essenziali che aiutano a potenziare le capacità delle cellule T gamma delta nel combattere il cancro. Il team di scienziati è stato quindi in grado di produrre efficientemente le cellule ingegnerizzate più potenti in grandi quantità, che sono state successivamente testate su due diversi modelli preclinici di cancro ovarico. Hanno scoperto che le cellule erano capaci di attaccare i tumori e rimanevano nei modelli per un lungo periodo, consentendo loro di continuare a esercitare i loro effetti anti-tumorali. Inoltre, non vi erano segni di complicazioni come la malattia del trapianto contro l’ospite.

Lo studio

Gianmarco Pondrano Altavilla

Foto di archivio