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Migranti in Albania, Meloni: “Non sono deportazioni, ci sarà un Cpr”. Opposizioni all’attacco anche a Bruxelles

“Uno sarà un centro di prima accoglienza al porto e nell’area più interna ci sarà una seconda struttura sul modello dei Cpr”, ha precisato Giorgia Meloni sui social, nella rubrica “Appunti di Giorgia”, in merito all’accordo siglato con l’Albania. Almeno a parole, la premier supera la contraddizione registrata nelle ultime ore tra il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e il sottosegretario a Palazzo Chigi Giovanbattista Fazzolari. Il primo ha parlato di trattenimenti che dureranno al massimo 28 giorni, come ha voluto sottolineare lo stesso premier albanese Edi Rama, mentre Fazzolari ha replicato allungando fino a 18 mesi, il massimo che la norme introdotte dal governo prevedono per il trattenimento nei Centri di permanenza per il rimpatrio. Tuttavia la precisazione di Meloni non aiuta a chiarire le tante implicazioni del protocollo siglato con Tirana. E non frena le polemiche, con le opposizioni che pretende il passaggio parlamentare e in Europa pretende il confronto immediato tra Commissione, alla presenza della commissaria Ylva Johansson, delle autorità italiane e di esperti legali.

Per quanto scarno e necessiti di precisazioni, il protocollo per “procedure di frontiera e di rimpatrio” firmato da Roma e Tirana è già pieno di conseguenze, soprattutto sul piano politico. In attesa di ulteriori intese e norme che lo rendano applicabile, ha creato problemi alla stessa maggioranza, con Palazzo Chigi e Viminale non allineati sui tempi di permanenza dei migranti nei due centri previsti in Albania. Difendendo l’accordo che torna a definire “storico” e il partner albanese che “si comporta già come fosse un paese dell’Unione”, Meloni puntualizza che in Albania intende sia esaminare le domande d’asilo, con la procedura accelerata che il protocollo chiama “procedura di frontiera” e non può superare i 28 giorni , sia eseguire i rimpatri con “una struttura sul modello dei Centri per il rimpatrio” che in Italia sono attualmente nove e contano 619 posti. Le implicazioni sono fin troppe, soprattutto se si considera la direttiva europea in materia che non pare consentire procedure di frontiera per l’esame delle domande d’asilo fuori dalle zone frontiera individuate dagli Stati europei e quindi interne all’Unione. Ma per ora la maggioranza fa quadrato. Di accordo “giusto e doveroso” parla la Lega con il presidente dei senatori Massimiliano Romeo, mentre il vicepremier e ministro degli Esteri, il forzista Antonio Tajani, assicura che l’intesa “rispetta il diritto europeo” e rilancia: “Nessun contrasto all’interno della maggioranza”.

La Commissione Ue ha detto di aver ricevuto il protocollo e ha promesso la sua valutazione. Ma niente commenti finché non lo avremo analizzato con attenzione. Una discreta grana per la Commissione, incalzata dai dettagli che emergono dalle dichiarazioni della maggioranza di governo italiana, a partire proprio dall’ipotesi di trattenimento fino a 18 mesi. Come non bastasse, a Bruxelles i Verdi intendono chiedere un immediato confronto in seno alla commissione del Parlamento Ue per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni (Libe), dove convocare la commissaria Johansson, le autorità italiane ed esperti legali in materia. Una richiesta alla quale la Commissione non potrà sottrarsi se, come pare, a sostenerla arriveranno altri gruppi dell’Europarlamento. Confronti che invece si proverà ad evitare in Italia, dove la premier riferirà in Parlamento ma senza l’intenzione di chiedere alle Camere l’autorizzazione alla ratifica, come la Costituzione sembra invece prevedere visti gli oneri finanziari e le modifiche di legge necessarie all’attuazione dell’accordo. Di tutt’altro avviso le opposizioni. “Noi pensiamo che sulla questione degli accordi con l’Albania si giochi una partita delicatissima, per questo crediamo che debba esserci un passaggio e un voto parlamentare”, ha detto il segretario e deputato di +Europa, Riccardo Magi. “Il governo non può permettersi di estendere come fosse un elastico la giurisdizione e la sovranità italiana su pezzi di territorio di un altro paese che non è Stato membro della Ue”.