La critica che spesso dalla gente comune viene rivolta alla nostra classe politica è quella di vivere in un altro mondo, dorato s’intende. Dalla loro comoda finestrella parlamentare i politici non sono in grado di capire quello che accade nella realtà, oppure danno delle strampalate valutazioni da marziani, gli strani abitanti di Marte. Se esistesse un premio per questa marzianità, il vincitore sarebbe indiscutibilmente il ministro palindromo del MIM, Giuseppe Valditara.

Quasi ogni giorno ci delizia con le sue insipienti esternazioni. A volte tocca sentire dell’umiliazione che redime, alla Tolstoj. Un’altra volta si punta sulla ricerca della vera personalità dello studente che, anche se non lo sa, è adatto per un lavoro manuale di cui c’è molto bisogno, e non deve iscriversi ad un liceo. Altre volte ancora il ministro si inalbera e se la prende con la scarsa considerazione sociale dei docenti, ma non fa nulla al riguardo. E così via con un flusso continuo di sue valutazioni personali che poco o nulla hanno a che fare con il mondo che dovrebbe amministrare.

Ultimamente si sta spendendo molto per giustificare, ed esaltare in realtà, la sua azione sulla legge di bilancio del 2024. Come è noto il contratto della scuola, che coinvolge circa 1,2 milioni di dipendenti pubblici, dunque uno su tre, è scaduto nel 2022 e quindi da più di un anno. Nella legge di bilancio del 2023 il ministro aveva portato a casa un misero aumento dell’1,5%. Quest’anno l’aumento si aggira attorno al 6%. Il ministro si fa vanto di aver ottenuto un risultato molto importante. Addirittura sarebbe un risultato eccezionale che nessuno prima di lui ha realizzato. Dobbiamo credere a queste valutazioni ministeriali oppure sono osservazioni da marziano, neanche in buona fede?

Il problema, come al solito è che i conservatori tirano i numeri dalla loro parte in maniera maldestra, ignorando la verità. Occorrerebbe che qualcuno chiarisse al ministro a cosa servono i rinnovi contrattuali. Semplificando, possiamo dire che hanno lo scopo di tutelare il potere gli acquisto dei lavoratori. Impresa facile, prima della pandemia, con un’inflazione media dell’1%; più difficile, ma forse ancora più necessaria ora, con un’inflazione all’8% e più. Quindi il 6% di aumento, che non è chiaro se si cumuli con l’incremento dell’anno scorso, non copre nemmeno metà dell’inflazione che si è realizzata nel biennio 22-23.

Per fare i conti della spesa, i lavoratori della scuola hanno perso in potere di acquisto circa 150 euro netti al mese. Ora il ministro vorrebbe cavarsela con 100 euro lordi, sempre al mese. È chiaro che dal suo punto di vista, quello padronale per usare una terminologia antica ma che andrebbe ripresa, è stato un successo. Ma i lavoratori della scuola, docenti e personale amministrativo, vedono una realtà molto diversa. Valditara e company hanno scientemente tagliato il loro stipendio e quindi l’entusiasmo del ministro è fuori luogo.

Difficoltà della finanza pubblica? È difficile parlare di difficoltà dell’erario quando gli incassi dello stato sono aumentati e 12 miliardi della manovra vengono tolti al pubblico impiego e ai pensionati, e adoperati demagogicamente per ridurre i contributi sociali. La domanda è la solita: perché vengono penalizzati i lavoratori del pubblico impiego che poi svolgono funzioni abbastanza delicate? Perché questo ulteriore scippo da parte dei sovranisti e populisti?

Il ministro Valditara di tutto questo non si occupa. C’è stata un’inflazione mai vista ma lui si sposta un po’ più in là e fa finta di niente. È vero che l’incremento nominale previsto è tra i più alti di sempre. Egualmente vero è che la perdita di salario reale è stata la più grande di sempre. Non occorre essere particolarmente ferrati nei numeri per capire questo. Per cui la versione ottimistica del Valditara pensiero sul contratto della scuola non è solo sbagliata, ma suona anche come una presa in giro.

Invece di chiedere scusa per il poco fatto, il ministro ai autocelebra in maniera ridicola. Servirebbe uno sciopero nazionale per dare la sveglia a questo ministro chiacchierone, una bella minaccia di scompigliare le carte come hanno fatto i bancari che, non a caso, chiedono aumenti molti elevati. I sindacati della scuola invece si muovono sempre al rallentatore e balbettano delle critiche che però non arrivano mai al sodo.

E sulla questione contrattuale come non ricordare la vecchia proposta del ministro Berlinguer recentemente scomparso, che aveva pensato di creare una fascia alta per i docenti, ben il 20%, a cui spettava un sostanzioso incremento salariale. Proposta frettolosamente bocciata dalla scuola e dai sindacati ma che adesso sarebbe rivoluzionaria. Se proprio Valditara vuole fare qualcosa per la scuola, invece di inventarsi pasticci vari, potrebbe riprendere quella proposta che a sinistra giudicavano di destra e viceversa.

C’è il sospetto fondato che si voglia mantenere ad arte un vasto proletariato intellettuale che per forza di cose si limita a portare avanti il minimo sindacale. Può essere, ma allora non si chieda alla scuola quello che oggettivamente non può dare. Senza risorse non si fa nulla; questo vale in generale, e ancora più per la scuola che non ha bisogno di ulteriori computer, appaltati ai privati, ma di un decente riconoscimento economico per i docenti e il personale amministrativo.

Non ci sono solo i bancari del denaro, ma anche i bancari del sapere che forse hanno qualche titolo, anche culturale, in più.

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