Capitan America aiuto, abbiamo qualche problema. Sulle testate di cinema hollywoodiano non si parla d’altro. Ai piani alti della Marvel Studios si stanno vivendo momenti di seria preoccupazione per il futuro aziendale: i ricavi da film e serie MCU – Marvel Cinematic Universe, ovvero l’universo narrativo in cui sono ambientate le storie della Marvel – non sono più come una volta e i segnali di una rinascita paiono creativamente lontani. Su Variety si racconta della palpabile atmosfera di angoscia percepibile nella riunione annuale dello studio avvenuta un mese fa a Palm Springs, alla presenza ovviamente del boss, Kevin Faige.
Di solito, spiega la bibbia del cinema, “l’atmosfera sarebbe stata fiduciosa, perfino arrogante, dato che il principale marchio di supereroi, di proprietà della Disney dal 2009, ha rimodellato il business dell’intrattenimento a sua immagina; ma questa occasione è stata piena di angoscia: tutti alla Marvel erano scossi da una serie di delusioni dagli incassi dei film su grande schermo e dallo scandalo legale che coinvolge una delle sue più grandi star, Jonathan Majors”, in quanto sul personaggio malvagio di Kang il Conquistatore, interpretato da Majors, era stata programmata una lista di sequel, spin-off e serie, tra cui l’ultima puntata della serie Loki, dove Majors alias Kang è apparso rilanciando peraltro il gioiello della ditta: il filone degli Avengers che dovrà (o doveva?) vederlo come nuovo villain al posto di Thanos/Josh Brolin nel quinto film Avengers previsto nel 2026.
Così quello che pareva essere un elemento di fiducia estremo e peculiare – intrecciare personaggi e storie modello crossover tra film e serie MCU – diventa paradossalmente un limite. Il caso Majors fa andare ulteriormente all’aria quello che già stava cominciando a pesare dello stile Marvel: trame troppo complesse, intricate, oscure, riconoscibili dai fan più accaniti, ma non dal grande pubblico pronto a sentenze etiche tra cattivi e supereroi più dicotomiche. Ricordiamo peraltro che l’apice d’incassi del mondo MCU è arrivato nel 2019 con i due miliardi e ottocento milioni di dollari guadagnati proprio dal filone Avengers con Avengers: Endgame, secondo film più visto nella storia del cinema dopo Avatar di Cameron (2 miliardi e 900 milioni ndr).
Infine, i successi più o meno ininterrotti iniziati da Iron Man nel 2008, primo prodotto indipendente Marvel al cinema, hanno ricevuto un brusco stop che pareva nell’aria con l’uscita di The Marvels, sequel di Captain Marvel (2019), titolo dalla lunga e tortuosa produzione che arriva infine in sala in queste segnando, come ha scritto Deadline, l’apertura più bassa del mondo MCU con una forbice d’incassi tra i 47 e i 55 milioni di dollari, nonostante la promozione all’ultimo istante delle star del film liberatesi dal lungo sciopero degli attori appena conclusosi.
In Italia The Marvels è uscito l’8 novembre racimolando una cifra che per i parziali del passato è bassa: 100mila spettatori e poco più di 750mila euro d’incassi. Per fare un paragone, il ciclone Cortellesi con C’è ancora domani il 10 novembre ha staccato 105mila biglietti contri i 40mila di The Marvels. Soluzioni ne abbiamo? Poche, forse ad ora nessuna. Perché nel lungo reportage di Variety la crisi Marvel non sembra solo essere creativa, ma soprattutto di amalgama aziendale con ripicche e pugnalate alle spalle con gole profonde che segnalano una sorta di assenza sensibile di Feige nei processi di post produzione tanto che Quantumania durante la prima mondiale nel febbraio 2023 avrebbe avuto i titoli di coda fuori fuoco come nemmeno in un film di Ed Wood.
Un’altra accusa è finita alla ribalta mediatica, sintomo di una crisi interna difficilmente sanabile, e riguarda le confessioni davanti al Congressional Labour Caucus effettuata due settimane fa da Anne George, ex assistente VFX Marvel Studios. La donna ha parlato di paghe non adeguate e orari di lavoro infiniti, tanto che “abbiamo dovuto avviare un processo di sindacalizzazione”. Queste problematiche produttive sono il segnale dello sgretolamento di un aspetto cruciale MCU: la qualità del marchio che, appunto, nel 2019, aveva portato Avengers: Endgame a sfiorare il record mondiale di film più visto della storia del cinema.