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Aumentano torture e detenzioni arbitrarie dei palestinesi da parte di Israele

Attraverso testimonianze di detenuti scarcerati e di avvocati per i diritti umani, nonché mediante l’analisi di filmati e fotografie e articoli della stampa israeliana, Amnesty International ha riscontrato un allarmante aumento, a partire dal 7 ottobre, delle torture e delle detenzioni arbitrarie dei palestinesi della Cisgiordania occupata.

Il massiccio uso della tortura nei confronti dei detenuti palestinesi non è una novità: Amnesty International la denuncia da decenni. Ma nelle ultime quattro settimane sono emerse agghiaccianti testimonianze di soldati che hanno picchiato e umiliato palestinesi dopo averli bendati, denudati e avergli legato le mani.

In un’immagine analizzata dal Crisis Evidence Lab di Amnesty International, tre palestinesi bendati e denudati sono accanto a un soldato con l’uniforme verde oliva tipica delle forze israeliane di terra. Un’indagine pubblicata il 19 ottobre dal quotidiano israeliano Haaretz ha concluso che quella fotografia è stata scattata il 12 ottobre a Wadi al-Seeq, un villaggio a est di Ramallah. Una delle tre vittime inquadrate nella foto ha detto ad Amnesty International di essere stato inizialmente fermato e picchiato dai coloni. Dopo due ore è arrivata una jeep dell’esercito israeliano:

“Uno dei soldati si è avvicinato e mi ha preso a calci, è salito con entrambe le gambe sulla mia testa spingendo il mio volto a terra, poi, mentre avevo le mani legate dietro la schiena, ha continuato a prendermi a calci. Ha preso un coltello e mi ha strappato i vestiti, a eccezione delle mutande, e li ha usati per bendarmi. Poi ha continuato a picchiarmi su tutto il corpo. A un certo punto mi è saltato sulla schiena, tre o quattro volte, urlando: ‘Muori, spazzatura!’. Quando ha finito, è sopraggiunto un altro soldato che mi ha urinato in faccia e sul corpo urlando a sua volta ‘Dovete morire’”.

Amnesty International ha parlato con due donne trattenute arbitrariamente per 14 ore in una stazione di polizia di Gerusalemme Est occupata. Durante quel periodo sono state umiliate, sottoposte a perquisizioni corporali, prese in giro e obbligate a maledire Hamas. Alla fine sono state rimesse in libertà senza alcuna accusa.

In un video pubblicato sui social il 31 ottobre e analizzato dal Crisis Evidence Lab di Amnesty International, nove uomini, che dall’accento risultano palestinesi, vengono denudati in parte o del tutto, bendati e ammanettati e poi circondati da almeno 12 soldati in uniforme verde oliva con fucili d’assalto M4A1 o Tavor X95. Tanto le uniformi quanto le armi sono dotazioni standard delle forze israeliane di terra. Uno dei soldati colpisce con un calcio la testa di un detenuto.

Un palestinese tornato recentemente in libertà a Gerusalemme Est occupata, che ha parlato con Amnesty International in condizioni di anonimato, ha raccontato che gli addetti israeliani agli interrogatori del centro di detenzione al-Maskoubiyeh (noto anche come Russian Compound) lo hanno picchiato procurandogli ferite e la frattura di tre costole. Lui e altri detenuti venivano continuamente picchiati sul capo, mentre gli veniva urlato di rimanere a testa bassa e di “ringraziare Israele e maledire Hamas”. Anche quando uno di loro lo ha fatto, non hanno smesso di picchiarli e di umiliarli.

Dal 7 ottobre quattro palestinesi sono morti nei centri di detenzione israeliani, in circostanze che non sono state indagate in modo imparziale. Due dei quattro erano lavoratori della Striscia di Gaza occupata, trattenuti in isolamento dall’esercito israeliano in centri di detenzione militari. La loro morte è stata resa ufficialmente nota solo dopo un’inchiesta del quotidiano israeliano Haaretz. Secondo dati forniti dal Servizio israeliano delle prigioni all’organizzazione israeliana per i diritti umani HaMoked, alla data del 1° novembre i detenuti palestinesi erano 6809.

Il 31 ottobre le autorità israeliane hanno esteso di un mese lo “stato di emergenza nelle prigioni”, che conferisce al ministro per la Sicurezza nazionale poteri pressoché illimitati di negare ai prigionieri già condannati le visite di familiari e avvocati, di tenere i detenuti in celle sovraffollate, di vietare gli esercizi all’aperto e di imporre crudeli punizioni collettive come non fornire acqua e luce per lunghe ore.

Le detenzioni amministrative dei palestinesi sono aumentate lungo tutto il 2023, raggiungendo – secondo HaMoked – la cifra di 1391 il 1° ottobre e quella di oltre 2070 il 1° novembre.

I palestinesi classificati come “prigionieri di sicurezza” sono spesso lasciati senza accusa né processo, in buona parte a seguito di ordinanze di detenzione amministrativa che possono essere rinnovate a tempo indeterminato di sei mesi in sei mesi. La detenzione amministrativa prevede che un individuo resti in carcere per ragioni di sicurezza segrete: dato che non sono note, non è possibile fare ricorso.

Le autorità israeliane, inoltre, hanno deciso di applicare la Legge sui “combattenti illegali”, una categoria non riconosciuta dal diritto internazionale, per trattenere a tempo indeterminato, senza accusa né processo, almeno 150 palestinesi della Striscia di Gaza occupata, entrati in Israele durante gli attacchi guidati da Hamas il 7 ottobre. Non è chiaro quanti di loro siano detenuti in relazione a quegli attacchi.

Le autorità israeliane hanno anche sottoposto migliaia di palestinesi di Gaza, che avevano il permesso di entrare in Israele principalmente per lavoro, a una terza forma di detenzione arbitraria: sono stati tenuti in isolamento per almeno tre settimane in due basi militari in Israele e nella Cisgiordania occupata. Molti sono stati liberati ma non è noto quanti siano ancora detenuti.