Si scrive Volodymyr Ariev ma si legge Petro Poroshenko: il deputato del partito dell’ex presidente di centro destra, ora all’opposizione, ha annunciato pochi giorni fa sulla sua pagina Facebook che il ministro della Difesa ucraino Rustem Umerov intendeva “dimissionare” il comandante delle forze armate di Kiev, Valery Zaluzhny, ma poco dopo si è corretto: “Rimuoverò il post precedente riguardante la richiesta allo Stato maggiore di licenziamento di Zaluzhny. Ora da molte altre fonti dicono che non è così“, ha scritto il parlamentare, che è giornalista e uomo politico di lunga esperienza e non un novellino. Ha anche aggiunto di aspettarsi una risposta chiara dal governo che nessuno licenzierà Zaluzhnyi e che “tutti questi giochi (politici) finiranno”. Il ministro – in carica da settembre dopo la sostituzione e l’autoesilio del suo predecessore, pesantemente sospettato di vicinanza a episodi di corruzione – ha colto la palla al balzo e ha ufficialmente smentito tutti i rumour sul generalissimo.
Il siluramento del braccio destro di Zaluzhny – È un fatto che nei giorni scorsi il presidente Zelensky ha licenziato uno dei principali collaboratori di Zaluzhny, il comandante delle forze per le operazioni speciali, il generale Viktor Khorenko, senza inizialmente fornire una spiegazione. Pressato dalle opposizioni e dai giornalisti, Umerov ha affermato di aver raccomandato il licenziamento ma di non poterne rendere pubbliche la motivazione per timore che “darebbe al nemico ragioni per indebolire l’Ucraina”. La decisione ha avuto una vasta eco perché il generale Khorenko aveva ottenuto una serie di successi colpendo dietro le linee nemiche, con grandi risultati sul Mar Nero, in Crimea e persino in territorio russo, con clamorosi sabotaggi e operazioni a lungo raggio divenute virali sui media. Qualcuno ha ipotizzato che Khorenko fosse stato licenziato perché non è possibile rimuovere Zaluzhny; qualcun altro -ben informato- ritiene che il presidente voglia così togliere ai militari l’ultima parola sulle operazioni in Crimea, in vista della “sua” controffensiva, quella lanciata da alcune settimane sulla riva orientale del Dnipro, nella parte dell’oblast di Kherson ancora occupata dai russi.
La controffensiva del presidente – Non mancano le lamentele tra i comandanti sul campo per quelle che sono percepite come decisioni strategiche guidate politicamente, a partire appunto dal lancio di un assalto anfibio attraverso il grande fiume dell’Ucraina meridionale per la riconquista di un territorio in gran parte occupato da deserti e paludi, ma soprattutto estremamente vasto (ha una superficie grande quasi quanto il Veneto o la Puglia) e con una popolazione oggi stimata al massimo in due centinaia di migliaia di abitanti, soprattutto residenti in zone rurali. Il punto è che -nonostante quest’area sia quasi priva di fortificazioni russe significative- è ben collegata alla Crimea occupata dai russi e al vicino oblast di Zaporizia dove è ancora in corso “l’altra controffensiva”, quella condotta dai militari in direzione di Tokmak.
Insomma, finché non sarà tagliata l’arteria ferroviaria che passa dalla stessa Tokmak e soprattutto finché i treni con i rifornimenti potranno passare dal ponte di Kerch, tra la Russia e la Crimea, la liberazione della parte orientale dell’oblast di Kherson rappresenterà un enorme stress per la logistica ucraina, una volta che le truppe non si limiteranno a agire sul lato sinistro del Dnipro ma andranno in profondità, anche nell’ipotesi che i russi decidano di spostare le loro difese più a Est. Certo, l’opportunità di riprendere il controllo della regione costiera e dell’intero corso del Dnipro rende il rischio più sostenibile. In questo momento, le operazioni speciali condotte dal nuovo comandante voluto da Zelensky sembrano, tuttavia, prefigurare un ulteriore impegno a est del Dnipro: in questo senso si spiega l’affondamento di due navi da sbarco russe in Crimea, utili per muoversi nell’area meridionale dell’oblast di Kherson e nella foce del grande fiume.
La strategia del generale – Il punto è che Zaluzhny, pur essendo un militare di formazione “occidentale” e non sovietica, ha da sempre imposto alla guerra una linea, per così dire, più russa dei russi stessi: un po’ come Mikhail Kutuzov, l’ufficiale che impose allo zar di abbandonare Mosca e che poi sconfisse Napoleone, ha sempre preferito cercare le posizioni tatticamente più sicure, a costo di lasciare alle truppe di Mosca dei territori ma soprattutto al prezzo – per gli uomini del Cremlino – di un disastro logistico. Così ha fatto a Kiev, dove ha difeso la capitale dalla gola tra Irpin e Bucha invece che al confine bielorusso, ma soprattutto a Mykolaiv, scelta come baluardo antirusso più sostenibile di Kherson. Lo stesso ha fatto fortificando una serie di cittadine attorno al Donbass attorno a cui le forze di Vladimir Putin si dissanguano ancora oggi: Bakhmut, Kupiansk, Avdiivka ecc.
La posizione del presidente Zelensky – La strategia di Zaluzhny si “vende” molto male a alleati e elettori. Per questo, il governo di Zelensky, sempre più in difficoltà nel convincere anche gli alleati più stretti a farsi consegnare più armi, denaro e altre risorse per respingere le forze russe, ha dovuto cercare i “suoi” successi. In questo senso si spiegano le dichiarazioni concilianti del leader ucraino: “Tutti dovrebbero concentrare i propri sforzi in questo momento sulla difesa del Paese”, soprattutto occorre “rimettersi insieme e non riposarsi; non affogare nelle lotte intestine o in altri problemi… La situazione ora è la stessa di prima: se non ci sarà la vittoria, non ci sarà nessun Paese”. In una conferenza stampa con la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha spiegato che, come succede nei paesi democratici, in questa lunga guerra “tutti sono stanchi e ci sono opinioni diverse”.
Il presidente si prende il rischio – Anche se secondo la Costituzione ucraina, il presidente ha il potere di nominare e revocare il capo delle forze speciali, la rimozione di uno stretto collaboratore del generale Zaluzhny e l’organizzazione di una “controffensiva del presidente” sembrano comunque minare l’autorità del capo delle forze armate. O forse ha ragione chi sostiene che Zaluzhny stesso intenda far “sfogare” il suo superiore politico: se avrà ragione a Kherson bene per l’Ucraina e nessun problema per lui, se avrà torto -impiegando comunque numeri limitati di truppe- allora il compito di rimettere le cose a posto tornerà ai militari.
Un generale “repubblicano” a Kiev? – Con l’attenzione dei media internazionali in gran parte spostata sulla guerra in Israele e Gaza e a Washington evidenti disaccordi nel Congresso sugli aiuti aggiuntivi per l’Ucraina, il fatto che un militare -con un curriculum di successi, tra l’altro- parli in modo diretto e soprattutto chiaro sembra preludere a un dialogo con la componente più “machista” della politica americana: il militare ucraino ricorderà ai repubblicani Ulisse Grant più di quanto Zelensky possa far loro venire in mente Abramo Lincoln? A nessuno è ancora venuto in mente che il distintivo del Baby Yoda con cui Zaluzhny si è fatto vedere in alcune immagini è stato spesso preso come simbolo anche dai partigiani di Trump. Sarà un caso che proprio nelle stesse ore Zelensky abbia invitato The Donald a visitare l’Ucraina?
La guerra di trincea logora – Intanto, la “controffensiva dello stato maggiore” si prepara a entrare nella stagione invernale avendo liberato circa 600 chilometri di territorio in cinque mesi, in gran parte nell’oblast di Zaporizia. A Kherson, per fare un paragone, il presidente ha recuperato quasi 200 chilometri in poche settimane, tra ottobre e novembre. Entrambi sono risultati miseri se paragonati ai quasi 17mila chilometri ripresi ai russi nell’autunno del 2022: tuttavia, quella di un anno fa fu una guerra di movimento contro truppe non trincerate e in assenza di linee di difesa multiple da sfondare a ogni passaggio. Per dirla con un esempio dal mondo del calcio, allora la Russia giocava con la difesa alta e ogni palla lunga diventava un gol; adesso, Mosca fa il catenaccio più duro e raddoppia ogni marcatura sugli attaccanti. Inoltre, può permettersi offensive molto localizzate con assalti di massa e perdite colossali, come nell’ultimo mese a Bakhmut, dove tra morti, dispersi e prigionieri ha “speso” diecimila uomini. Kiev, per ragioni demografiche e politiche, non può permettersi di scialare così. Sia il presidente sia il capo di stato maggiore lo sanno bene.
Mondo
Ucraina, così lo stallo nella guerra con la Russia accentua malumori e dissidi tra generali e governanti (Zelensky compreso)
Si scrive Volodymyr Ariev ma si legge Petro Poroshenko: il deputato del partito dell’ex presidente di centro destra, ora all’opposizione, ha annunciato pochi giorni fa sulla sua pagina Facebook che il ministro della Difesa ucraino Rustem Umerov intendeva “dimissionare” il comandante delle forze armate di Kiev, Valery Zaluzhny, ma poco dopo si è corretto: “Rimuoverò il post precedente riguardante la richiesta allo Stato maggiore di licenziamento di Zaluzhny. Ora da molte altre fonti dicono che non è così“, ha scritto il parlamentare, che è giornalista e uomo politico di lunga esperienza e non un novellino. Ha anche aggiunto di aspettarsi una risposta chiara dal governo che nessuno licenzierà Zaluzhnyi e che “tutti questi giochi (politici) finiranno”. Il ministro – in carica da settembre dopo la sostituzione e l’autoesilio del suo predecessore, pesantemente sospettato di vicinanza a episodi di corruzione – ha colto la palla al balzo e ha ufficialmente smentito tutti i rumour sul generalissimo.
Il siluramento del braccio destro di Zaluzhny – È un fatto che nei giorni scorsi il presidente Zelensky ha licenziato uno dei principali collaboratori di Zaluzhny, il comandante delle forze per le operazioni speciali, il generale Viktor Khorenko, senza inizialmente fornire una spiegazione. Pressato dalle opposizioni e dai giornalisti, Umerov ha affermato di aver raccomandato il licenziamento ma di non poterne rendere pubbliche la motivazione per timore che “darebbe al nemico ragioni per indebolire l’Ucraina”. La decisione ha avuto una vasta eco perché il generale Khorenko aveva ottenuto una serie di successi colpendo dietro le linee nemiche, con grandi risultati sul Mar Nero, in Crimea e persino in territorio russo, con clamorosi sabotaggi e operazioni a lungo raggio divenute virali sui media. Qualcuno ha ipotizzato che Khorenko fosse stato licenziato perché non è possibile rimuovere Zaluzhny; qualcun altro -ben informato- ritiene che il presidente voglia così togliere ai militari l’ultima parola sulle operazioni in Crimea, in vista della “sua” controffensiva, quella lanciata da alcune settimane sulla riva orientale del Dnipro, nella parte dell’oblast di Kherson ancora occupata dai russi.
La controffensiva del presidente – Non mancano le lamentele tra i comandanti sul campo per quelle che sono percepite come decisioni strategiche guidate politicamente, a partire appunto dal lancio di un assalto anfibio attraverso il grande fiume dell’Ucraina meridionale per la riconquista di un territorio in gran parte occupato da deserti e paludi, ma soprattutto estremamente vasto (ha una superficie grande quasi quanto il Veneto o la Puglia) e con una popolazione oggi stimata al massimo in due centinaia di migliaia di abitanti, soprattutto residenti in zone rurali. Il punto è che -nonostante quest’area sia quasi priva di fortificazioni russe significative- è ben collegata alla Crimea occupata dai russi e al vicino oblast di Zaporizia dove è ancora in corso “l’altra controffensiva”, quella condotta dai militari in direzione di Tokmak.
Insomma, finché non sarà tagliata l’arteria ferroviaria che passa dalla stessa Tokmak e soprattutto finché i treni con i rifornimenti potranno passare dal ponte di Kerch, tra la Russia e la Crimea, la liberazione della parte orientale dell’oblast di Kherson rappresenterà un enorme stress per la logistica ucraina, una volta che le truppe non si limiteranno a agire sul lato sinistro del Dnipro ma andranno in profondità, anche nell’ipotesi che i russi decidano di spostare le loro difese più a Est. Certo, l’opportunità di riprendere il controllo della regione costiera e dell’intero corso del Dnipro rende il rischio più sostenibile. In questo momento, le operazioni speciali condotte dal nuovo comandante voluto da Zelensky sembrano, tuttavia, prefigurare un ulteriore impegno a est del Dnipro: in questo senso si spiega l’affondamento di due navi da sbarco russe in Crimea, utili per muoversi nell’area meridionale dell’oblast di Kherson e nella foce del grande fiume.
La strategia del generale – Il punto è che Zaluzhny, pur essendo un militare di formazione “occidentale” e non sovietica, ha da sempre imposto alla guerra una linea, per così dire, più russa dei russi stessi: un po’ come Mikhail Kutuzov, l’ufficiale che impose allo zar di abbandonare Mosca e che poi sconfisse Napoleone, ha sempre preferito cercare le posizioni tatticamente più sicure, a costo di lasciare alle truppe di Mosca dei territori ma soprattutto al prezzo – per gli uomini del Cremlino – di un disastro logistico. Così ha fatto a Kiev, dove ha difeso la capitale dalla gola tra Irpin e Bucha invece che al confine bielorusso, ma soprattutto a Mykolaiv, scelta come baluardo antirusso più sostenibile di Kherson. Lo stesso ha fatto fortificando una serie di cittadine attorno al Donbass attorno a cui le forze di Vladimir Putin si dissanguano ancora oggi: Bakhmut, Kupiansk, Avdiivka ecc.
La posizione del presidente Zelensky – La strategia di Zaluzhny si “vende” molto male a alleati e elettori. Per questo, il governo di Zelensky, sempre più in difficoltà nel convincere anche gli alleati più stretti a farsi consegnare più armi, denaro e altre risorse per respingere le forze russe, ha dovuto cercare i “suoi” successi. In questo senso si spiegano le dichiarazioni concilianti del leader ucraino: “Tutti dovrebbero concentrare i propri sforzi in questo momento sulla difesa del Paese”, soprattutto occorre “rimettersi insieme e non riposarsi; non affogare nelle lotte intestine o in altri problemi… La situazione ora è la stessa di prima: se non ci sarà la vittoria, non ci sarà nessun Paese”. In una conferenza stampa con la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha spiegato che, come succede nei paesi democratici, in questa lunga guerra “tutti sono stanchi e ci sono opinioni diverse”.
Il presidente si prende il rischio – Anche se secondo la Costituzione ucraina, il presidente ha il potere di nominare e revocare il capo delle forze speciali, la rimozione di uno stretto collaboratore del generale Zaluzhny e l’organizzazione di una “controffensiva del presidente” sembrano comunque minare l’autorità del capo delle forze armate. O forse ha ragione chi sostiene che Zaluzhny stesso intenda far “sfogare” il suo superiore politico: se avrà ragione a Kherson bene per l’Ucraina e nessun problema per lui, se avrà torto -impiegando comunque numeri limitati di truppe- allora il compito di rimettere le cose a posto tornerà ai militari.
Un generale “repubblicano” a Kiev? – Con l’attenzione dei media internazionali in gran parte spostata sulla guerra in Israele e Gaza e a Washington evidenti disaccordi nel Congresso sugli aiuti aggiuntivi per l’Ucraina, il fatto che un militare -con un curriculum di successi, tra l’altro- parli in modo diretto e soprattutto chiaro sembra preludere a un dialogo con la componente più “machista” della politica americana: il militare ucraino ricorderà ai repubblicani Ulisse Grant più di quanto Zelensky possa far loro venire in mente Abramo Lincoln? A nessuno è ancora venuto in mente che il distintivo del Baby Yoda con cui Zaluzhny si è fatto vedere in alcune immagini è stato spesso preso come simbolo anche dai partigiani di Trump. Sarà un caso che proprio nelle stesse ore Zelensky abbia invitato The Donald a visitare l’Ucraina?
La guerra di trincea logora – Intanto, la “controffensiva dello stato maggiore” si prepara a entrare nella stagione invernale avendo liberato circa 600 chilometri di territorio in cinque mesi, in gran parte nell’oblast di Zaporizia. A Kherson, per fare un paragone, il presidente ha recuperato quasi 200 chilometri in poche settimane, tra ottobre e novembre. Entrambi sono risultati miseri se paragonati ai quasi 17mila chilometri ripresi ai russi nell’autunno del 2022: tuttavia, quella di un anno fa fu una guerra di movimento contro truppe non trincerate e in assenza di linee di difesa multiple da sfondare a ogni passaggio. Per dirla con un esempio dal mondo del calcio, allora la Russia giocava con la difesa alta e ogni palla lunga diventava un gol; adesso, Mosca fa il catenaccio più duro e raddoppia ogni marcatura sugli attaccanti. Inoltre, può permettersi offensive molto localizzate con assalti di massa e perdite colossali, come nell’ultimo mese a Bakhmut, dove tra morti, dispersi e prigionieri ha “speso” diecimila uomini. Kiev, per ragioni demografiche e politiche, non può permettersi di scialare così. Sia il presidente sia il capo di stato maggiore lo sanno bene.
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Nuovo scandalo corruzione in Ue: in manette lobbisti di Huawei accusati di aver corrotto parlamentari. Arrestato ex assistente di due eurodeputati italiani
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Tremano i Campi Flegrei: nella notte scossa di 4.4. Oggi scuole chiuse. Tensioni all’ex base Nato di Bagnoli: i residenti sfondano i cancelli
Mondo
Russia-Ucraina, la diretta | L’inviato Usa Witkoff a Mosca. Il Cremlino presenta le sue richieste per la pace
Roma, 13 mar (Adnkronos) - "Credo che l'esperienza viva possa essere più forte di qualunque altro elemento: io da giovane sono stata vittima di violenza, ho avuto un fidanzato che non capiva il senso del no". Lo ha detto in aula alla Camera la deputata del M5s Anna Laura Orrico, nel dibattito sulla Pdl sulle intercettazioni e in particolare sull'emendamento sul limite all'uso delle intercettazioni stesse.
"Quando l'ho lasciato ha iniziato a seguirmi sotto casa, si faceva trovare dietro gli angoli del mio quartiere. Venti anni fa non si parlava di violenza contro le donne, non c'era nessun meccanismo di prevenzione nè strumenti per agire -ha proseguito Orrico-. Il mio appello alla Camera è di sostenere questo emendamento, oggi gli strumenti ci sono ma non sono sufficienti. Le intercettazioni sono tra questi strumenti e nessuna donna è tutelata se non è consapevole".
Tel Aviv, 13 mar. (Adnkronos) - "Il rapporto delle Nazioni Unite che afferma che Israele ha compiuto 'atti di genocidio' e ha trasformato la 'violenza sessuale' in un'arma come strategia di guerra non è solo ingannevolmente falso, ma rappresenta anche un nuovo, vergognoso punto basso nella depravazione morale delle Nazioni Unite". Lo ha scritto su X il parlamentare israeliano dell'opposizione Benny Gantz, aggiungendo che il rapporto diffonde "calunnie antisemite e fa il gioco di terroristi assassini".
Washington, 13 mar. (Adnkronos/Afp) - Gli attacchi "sistematici" di Israele alla salute sessuale e riproduttiva a Gaza sono "atti genocidi". Lo ha affermato una commissione d'inchiesta delle Nazioni Unite. “La Commissione ha scoperto che le autorità israeliane hanno parzialmente distrutto la capacità dei palestinesi di Gaza – come gruppo – di avere figli, attraverso la distruzione sistematica dell’assistenza sanitaria sessuale e riproduttiva, che corrisponde a due categorie di atti genocidi”, ha affermato l'Onu in una nota. Israele “respinge categoricamente” queste accuse, ha indicato la sua ambasciata a Ginevra (Svizzera).
Roma,13 mar. (Adnkronos) - Il Commissario Straordinario dell'AdSP Mtcs Pino Musolino ha partecipato al panel organizzato nell'ambito della fiera Letexpo di Alis a Verona sulle tematiche della logistica, dei trasporti e della sostenibilità, dove questa mattina sono intervenuti anche il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini e il viceministro con delega ai porti Edoardo Rixi.
"Partecipare ad un evento come quello organizzato da Alis e da Guido Grimaldi - ha sottolineato il Commissario Musolino- che è diventato un punto di riferimento della logistica e della sostenibilità in Italia e non solo, per parlare di tematiche della portualità e di un settore così strategico per il nostro paese è sempre molto stimolante".
"Bisogna ragionare- ha concluso Pino Musolino - sui cambiamenti che oggi lo shipping sta affrontando per essere pronti a cogliere le opportunità che il settore marittimo ci sta offrendo, soprattutto nella transizione ecologica e nelle nuove tecnologie, per essere competitivi non solo nei nostri scali italiani ma anche nei porti europei e mondiali".
(Adnkronos) - Acer for Education conferma la sua partecipazione a Fiera Didacta 2025, l'evento di riferimento per l'innovazione nel settore scolastico, che si terrà dal 12 al 14 marzo presso la Fortezza da Basso a Firenze. In questa occasione, Acer presenterà le sue più recenti soluzioni tecnologiche progettate per trasformare la didattica e preparare gli studenti alle professioni del futuro.
“La scuola è al centro di un’importante rivoluzione digitale e richiede tecnologie sempre più all'avanguardia per supportare la didattica. Acer, leader del settore, si impegna costantemente per offrire soluzioni innovative, in grado di soddisfare le esigenze di entrambi docenti e studenti,” afferma Alessandro Barbesta, Head of Sales Commercial & Education, Acer Italia. "Crediamo infatti che la tecnologia sia un alleato indispensabile per l’innovazione didattica e possa supportare appieno i docenti nel creare esperienze di apprendimento coinvolgenti e idonee a preparare gli studenti alle professioni del futuro”.
Durante i tre giorni dell'evento, Acer offrirà agli operatori del mondo scolastico un ricco programma di workshop. Questi incontri, tenuti da esperti del settore, mostreranno in modo pratico e interattivo come le tecnologie digitali possano affiancare efficacemente le modalità didattiche tradizionali. L'obiettivo è fornire al personale scolastico gli strumenti necessari per integrare le nuove tecnologie nei processi educativi, migliorando l'esperienza di apprendimento degli studenti.
Acer collaborerà con partner come Google for Education e Microsoft Education per presentare soluzioni integrate che facilitino l'apprendimento collaborativo e l'accesso alle risorse educative digitali. Saranno inoltre presentati dispositivi progettati per l'ambiente scolastico, caratterizzati da durabilità, sicurezza e facilità d'uso, per supportare al meglio le esigenze delle istituzioni educative.
Antonella Arpa, aka Himorta, nota creator a livello internazionale e con un passato da insegnante, mostrerà in modo pratico come la gamification possa rendere le lezioni più interattive e il videogioco diventare un prezioso strumento per apprendere competenze trasversali, come il team-working e il problem-solving. Verrà analizzata anche l’importanza cruciale delle materie STEM nel mondo di oggi, con un'attenzione particolare allo studio computazionale e alle sue applicazioni pratiche.
Le “Maestre a Cubetti”, spiegheranno come integrare la tecnologia in classe per un apprendimento dinamico e innovativo. Con il supporto dei dispositivi Acer Chromebook Plus e del gioco Minecraft, le insegnanti mostreranno come potenziare la didattica per competenze attraverso il game-based learning, migliorando l’esperienza di apprendimento e guidando i ragazzi nella realizzazione fattiva di progetti concreti.
Fabio De Nunzio, Presidente dell’Associazione Bullismo No Grazie, e Maurizio Siracusa, Ethical Hacker e componente del Direttivo di Bullismo No Grazie, offriranno un’analisi delle implicazioni psicologiche e sociali del fenomeno del bullismo, fornendo indicazioni concrete e strategie efficaci per promuovere un ambiente scolastico più sicuro e inclusivo. Un focus particolare sarà dedicato all'educazione dei ragazzi ad un uso consapevole e sicuro della tecnologia e al coinvolgimento di genitori e docenti in una rete di prevenzione attiva.
Francesco Bocci, psicoterapeuta e fondatore di Video Game Therapy, Marcello Sarini, ricercatore di Informatica al Dipartimento di Psicologia dell'Università Bicocca di Milano, e Elena Del Fante, psicologa digitale e del gaming, assegnista di Ricerca Milano-Bicocca e Founder di Play Better, analizzeranno come il videogioco, oltre ad essere uno strumento di apprendimento, rappresenti anche una grande opportunità per innovare la didattica. Il gioco di gruppo offre, infatti, un grande potenziale per stimolare le soft skill, come il problem solving, che sono fondamentali per il successo degli studenti.
Lo stand Acer sarà al Padiglione Spadolini, piano inferiore, K44.
Roma, 13 mar. (Adnkronos/Labitalia) - Il ciclo 'Career connections' di UniMarconi ha visto ieri un appuntamento dedicato a esplorare le opportunità e le strategie professionali di una realtà d’eccellenza: Kpmg. Career connections, organizzato da UniMarconi in collaborazione con aziende leader, è un programma che propone eventi bimestrali dedicati alle tendenze del mercato, alla formazione su competenze specifiche e al networking professionale.
L'evento ha appunto visto come protagonista Kpmg, leader mondiale nella consulenza e nell’analisi forense, per vedere come stia rivoluzionando il modo di affrontare le sfide del mercato del lavoro. Hanno partecipato Tommaso Saso, direttore marketing e relazioni esterne UniMarconi, Daniele Ianniello, associate partner Kpmg forensic services, e Leonardo Primangeli, studente di economia UniMarconi.
"Con il progetto 'Career connections' - ha spiegato Tommaso Saso, direttore marketing e relazioni esterne UniMarconi - l'Università Guglielmo Marconi crea un ponte strategico tra il mondo accademico e il mondo professionale. Una delle missioni della nostra università è dare agli studenti una solida conoscenza tecnica ma anche creare la possibilità di una visione strategica e relazionale".
"Il nostro obiettivo - ha sottolineato Daniele Ianniello, associate partner Kpmg forensic services- è presentare agli studenti i servizi di Kpmg, in particolare il settore del Forensic, una boutique che si occupa di prevenire, identificare e rispondere ai rischi di frode".
"Questi incontri - ha commentato lo studente Leonardo Primangeli, studente di economia UniMarconi - sono fondamentali per lo studente, sono una grande opportunità, perché permettono di entrare in contatto con esperti di una delle big four nel campo della consulenza, un'esperienza che molti di noi considerano un traguardo".
Roma, 12 mar. (Adnkronos) - Aspettare, ponderare. Giorgia Meloni non avrebbe ancora deciso se partecipare o meno alla video-call dei 'volenterosi', convocata per sabato dal Regno Unito. Il primo ministro britannico Keir Starmer ha chiamato di nuovo a raccolta i leader di quei Paesi pronti a fornire il loro supporto per assicurare la pace in Ucraina, dopo un possibile accordo di tregua con la Russia. Ma la partecipazione dell'Italia all'incontro da remoto, si apprende da fonti di governo, non è ancora confermata e la presidente del Consiglio starebbe riflettendo sul da farsi.
Il problema di fondo, viene spiegato, è essenzialmente uno: il governo italiano è fortemente contrario all'invio di truppe al fronte in Ucraina; dunque, se la riunione di Londra rientra nell'ambito di un invio di uomini, "noi non partecipiamo", il refrain che arriva da Palazzo Chigi. Diverso è invece il discorso per quanto riguarda la riunione dei Capi di Stato maggiore europei svoltasi martedì a Parigi con il presidente francese Emmanuel Macron: "In quel caso non eravamo parte del gruppo dei cosiddetti 'volenterosi', siamo andati lì come osservatori". Le diplomazie restano comunque in contatto.
Meloni è al lavoro sul discorso che dovrà pronunciare alle Camere la prossima settimana prima del Consiglio europeo del 20-21 marzo: un passaggio impegnativo, sul quale i partiti della maggioranza sono chiamati a compattarsi dopo aver votato in maniera difforme a Strasburgo. Gli europarlamentari di Fratelli d'Italia hanno dato il loro sì alla risoluzione sul Libro bianco sulla difesa, che sollecita i 27 Paesi dell'Ue ad agire con urgenza per garantire la sicurezza del Continente, accogliendo le conclusioni del Consiglio europeo sul riarmo.
Tuttavia, la delegazione di Fdi si è astenuta sulla risoluzione riguardante l'Ucraina dopo aver richiesto, senza successo, un rinvio del voto. Secondo Nicola Procaccini, co-presidente del gruppo Ecr, il testo non avrebbe tenuto conto dell'accordo raggiunto a Gedda tra Stati Uniti e Ucraina per un possibile cessate il fuoco, rischiando così di "scatenare l'odio verso Donald Trump e gli Usa, anziché aiutare l'Ucraina".
Il nostro "non è stato un doppio voto", dice all'Adnkronos un membro dell'esecutivo in quota Fratelli d'Italia: "La posizione è chiara: se approvi un testo troppo anti-Usa, come fai poi a farti mediatore con gli Usa?". Sulla stessa risoluzione per l'Ucraina, la Lega ha votato contro mentre Forza Italia si è espressa a favore.
Anche da Palazzo Chigi sottolineano come il testo della risoluzione sull'Ucraina fosse troppo sbilanciato 'contro' gli Stati Uniti: Fratelli d'Italia a Strasburgo - il ragionamento che trapela dai piani alti del governo - ha sempre votato a favore della libertà e della sicurezza dell'Ucraina, ma questa volta il testo della risoluzione "era molto più 'accusatorio' verso l'amministrazione Usa" rispetto ad altre volte. Fratelli d'Italia non avrebbe mai votato contro quella risoluzione: "Ma non potevamo nemmeno votare a favore tout court", spiegano.
Sull'astensione, come confermato poi da Procaccini, ha inciso la notizia arrivata dall'Arabia Saudita ieri sera sulla proposta di un cessate il fuoco di 30 giorni in Ucraina e la ripresa dell'assistenza americana a Kiev: "Non ci stiamo smarcando da nulla, quello di Fratelli d'Italia non era un voto contro l'Ucraina", il concetto che viene ribadito. Il voto a macchia di leopardo del centrodestra, ad ogni modo, non impensierisce Palazzo Chigi: in questo momento - si sottolinea - c'è un problema internazionale ben più ampio e la maggioranza di governo ha dimostrato che nei momenti importanti "è sempre uscita unita e compatta".
Almeno per ora, non sembrerebbe all'orizzonte un vertice con Meloni e gli altri leader della maggioranza, Antonio Tajani e Matteo Salvini (anche se i tre ogni settimana si incontrano per fare il punto della situazione su tutti i dossier). Sempre da palazzo Chigi viene evidenziata la "piena sintonia" tra Meloni e il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti, che rispondendo alla Camera all'interrogazione del Movimento 5 Stelle sul piano di riarmo approvato oggi dall'Unione europea ha ribadito che i finanziamenti per la difesa non andranno a discapito di sanità e servizi pubblici, rimarcando il suo no a spese per il riarmo che rialzino in modo oneroso il debito pubblico con rischi anche per la stabilità della zona euro. (di Antonio Atte)