Assoluzione confermata anche in secondo grado per l’ex presidente del Consiglio regionale della Calabria Domenico Tallini, l’esponente di forza Italia accusato di concorso esterno con la ‘ndrangheta e scambio elettorale politico-mafioso. Si è concluso così, in Corte d’appello a Catanzaro, il processo “Farmabusiness” nato da un’inchiesta della Dda nell’ambito della quale Tallini, nel novembre 2020, era finito agli arresti domiciliari per illeciti nella vendita all’ingrosso di farmaci da parte della cosca Grande Aracri. La vendita dei farmaci sarebbe stata organizzata, secondo l’accusa, da componenti del clan di Cutro che avrebbero investito i proventi delle attività illecite del clan con l’aiuto di imprenditori, esponenti politici e funzionari pubblici.
Secondo i pm, i rapporti di Tallini con la famiglia mafiosa ruotavano attorno alla costituzione di una società, la Farmaeko con base a Catanzaro, finalizzata alla distribuzione all’ingrosso di prodotti medicinali mediante una rete di punti vendita costituiti da farmacie e parafarmacie (20 in Calabria, due in Puglia e una in Emilia Romagna). In qualità di assessore regionale (fino al 2014), Tallini era accusato di aver fornito un contributo alla cosca che i pm definivano “concreto, specifico e volontario per la conservazione o il rafforzamento delle capacità operative dell’associazione”. Un contributo legato, nella ricostruzione della Procura, alla fase di avvio del progetto imprenditoriale, e ricambiato anche dal sostegno della cosca alle elezioni regionali del novembre 2014. L’aiuto di Tallini, ritenevano gli investigatori, sarebbe stato decisivo per favorire e accelerare l’iter burocratico iniziale per ottenere le necessarie autorizzazioni per la costituzione della società per la distribuzione di medicinali. Per quanto riguarda la posizione dell’ex presidente del Consiglio regionale, però, l’impianto accusatorio, però, non ha retto né in primo né in secondo grado.
Tallini, infatti, era stato assolto dal Tribunale nel febbraio 2022. A distanza di un anno e 9 mesi, la Corte d’Appello ha confermato quella sentenza assolvendo pure l’imputato Santo Castagnino che, in primo grado, era stato condannato a 10 anni e 8 mesi. Sconto di pena, infine, per Domenico Scozzafava, considerato il fulcro della truffa dei farmaci e il “trait d’union” tra la cosca Grande Aracri ed il mondo dell’imprenditoria e della politica. Imputato di associazione mafiosa e ritenuto il principale artefice, per conto della cosca Grande Aracri, dell’affare legato alla vendita illecita di farmaci, Scozzafava è stato condannato a 11 anni e 8 mesi mentre in primo grado ne aveva rimediati 16. Sono state diminuite, infine, le pene per Giuseppina Mauro ed Elisabetta Grande Aracri, rispettivamente moglie e figlia del boss Nicolino Grande Aracri. La prima è stata condanna a a 13 anni e otto mesi mentre alla seconda la Corte d’Appello ha inflitto 8 anni di reclusione. Per Domenico Grande Aracri, avvocato e fratello del boss, invece, i giudici di secondo grado hanno confermato la condanna a 2 anni e 8 mesi.