Duecentocinquanta dollari per riparare alle violenze sessuali subite. Sarebbe questa la cifra offerta in risarcimento dall’Organizzazione mondiale della sanità alle 150 donne che tra il 2018 e il 2020 sono state violentate dai membri dell’agenzia operativi sul campo per contrastare un focolaio di Ebola secondo quanto denunciato da Associated Press. Documenti riservati consultati dall’agenzia di stampa statunitense hanno fatto emergere alcuni dettagli di quello che è già conosciuto come il peggiore scandalo di abusi nella storia dell’Oms, che ha visto almeno 83 persone incriminate per “abuso sessuale e sfruttamento” ai danni di centinaia di donne della Repubblica democratica del Congo. La vittima più giovane ha 13 anni e anche tra quelle “risarcite” c’è chi chiede “giustizia” perché la cifra donata “è a malapena abbastanza” per riparare al danno fatto.
In un’inchiesta costruita sulla base dei documenti riservati in mano ai giornalisti, AP ha sottolineato che l’indennizzo concesso dall’Oms alle donne vittime di stupro è “inferiore a quanto prendono su base giornaliera alcuni funzionari delle Nazioni Unite“. Tra questi anche la dottoressa Gaya Gamehewages, a capo della divisione di prevenzione e risposta allo sfruttamento sessuale dell’Oms, che lo scorso marzo si è recata nel Paese africano per raccogliere le testimonianze delle giovani vittime. In quella occasione il suo cachet giornaliero sarebbe stato pari a 231 dollari. Gli stessi documenti hanno inoltre fatto emergere che degli 1,5 milioni di dollari stanziati dall’Oms per la prevenzione degli abusi sessuali in Congo per l’anno 2022-2023, più della metà è destinata agli stipendi degli operatori, mentre solo il 35% del totale è dedicato al “supporto delle vittime”.
Il sistema di abusi documentato dai fascicoli interni dell’Oms è risultato pervasivo e anche le operazioni di “riparazione” hanno presentato delle controversie. Sempre secondo quanto denuncia Ap, alcuni ufficiali di alto livello all’interno dell’agenzia Onu sarebbero stati a conoscenza delle violenze subite dalle donne del Paese, ma non avrebbero fatto nulla per impedirli e anche a scandalo scoperto nessuno di loro è stato licenziato. Diverse donne hanno denunciato di essere state costrette a rapporti sessuali con gli operatori Oms in cambio di posti di lavoro o favori. Molte di loro sono rimaste incinte a seguito degli abusi e hanno dovuto mantenere le spese mediche per portare avanti le gravidanze indesiderate.
Per quanto riguarda il risarcimento invece, avendo l’Oms il divieto di elargire somme di denaro direttamente ai cittadini dei Paesi che ospitano i loro programmi, alle donne è stato richiesto di seguire dei “corsi di formazione” tra cui corsi di pasticceria e gestione dei budget prima di ottenere l’indennizzo. Un “pacchetto completo” come descritto dalla stessa Onu, per aiutare le vittime di abuso a diventare autosufficienti. Messa di fronte ai dubbi di Ap relativi all’esiguo ammontare del rimborso, l’Oms ha dichiarato di avere scelto il compenso per le vittime sulla base delle line guida globali dell’organizzazione e sulle stime del potere di acquisto in Congo, aggiungendo che in futuro chiederà alle vittime cosa fare per essere ulteriormente confortate. In un caso specifico, l’Oms avrebbe pagato per le spese mediche di una donna rimasta incinta dopo un abuso, che avrebbe ricevuto anche un lotto di terra come compensazione per il danno subito.