C’erano una volta gli indignados, come venivano definiti con scherno dai benpensanti i populisti giustizialisti e manettari che denunciavano con toni troppo accesi gli scandali di questo meraviglioso paese. Ma da ieri gli indignados scrivono sui giornalones benpensanti, indignatissimi per la performance di Beppe Grillo a Che tempo che fa. L’indignazione serpeggia sulle pagine di Repubblica, ma è piuttosto moderata e stranamente non paragona Grillo ad Hamas; alza i toni sul Corriere, per esplodere su La Stampa dove accanto alla cronaca scende in campo un agguerritissimo commentatore.

I motivi dell’indignazione sono molteplici. Riguarda l’operazione in sé che puntava alla riabilitazione del comico (frutto evidente di un complotto, anzi gonblotto), ma anche l’uso del palcoscenico tutto per Grillo (e con chi doveva condividerlo?), la sovreccitazione del suo monologo (la stessa di quella che caratterizzava i vari Te la do io…), per non parlare dei contenuti, come la difesa del reddito di cittadinanza (che c’è in tutti i paesi europei civili, come tutti sanno ma non si può dire) e dell’attacco proditorio a Giulia Bongiorno che è legale di parte avversa nel processo al figlio: ecco il vero obiettivo del gomblotto.

Ma il bello è che tutto ciò che Grillo dice nel suo intervento viene preso alla lettera: letto, analizzato, criticato nel suo senso letterale. L’idea che l’iperbole, il paradosso, l’antifrasi ironica e autoironica siano alla base del discorso comico non sfiora neppure gli indignati. Come se Grillo avesse davvero scelto Conte perché è un bell’uomo o se davvero pensasse che non c’è differenza tra le sue cravatte e il vomito che macchia le sue camicie; o fosse davvero convinto di aver peggiorato il paese. Proprio così, sul serio. Responsabile di questo orrore sarebbe Fabio Fazio, che ha finto di non poter fare le sue domande e con tutto lo spazio concesso a Grillo ha fatto un regalo alla maggioranza rivelando la confusione che regna nell’opposizione: Corriere dixit.

Ci sarebbe poi il piccolo particolare che questa pessima pagina di televisione, questo spettacolo triste, che non fa ridere, ha portato il programma di Fazio a un incredibile 12 per cento e passa di share. E non essendo più su una rete Rai non c’è neppure la possibilità di indignarsi con il servizio pubblico che non rispetta il pluralismo, di chiedere un contraddittorio, di portare Fazio davanti alla Commissione di vigilanza dove insigni esperti di comunicazione con qualche condanna per peculato gli contestano varie violazioni.

Come si diceva in quel film: è la tv, bellezza. La tv al tempo della molteplicità delle emittenti. Ed essendo questa una tv privata, sempre come si diceva in quel film, “tu non puoi farci niente, niente…”.

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