Di parole sull’esigenza di velocizzare i processi, Carlo Nordio ne spende a quintali a ogni occasione. “La giustizia ritardata è una giustizia negata. La gran parte dell’intervento programmatico del mio ministero è dedicata all’efficienza“, ha detto per l’ennesima volta venerdì, ospite del congresso di Magistratura indipendente (la corrente conservatrice che esprime quasi tutti i suoi dirigenti in via Arenula). Quando si tratta di trasformare gli annunci in testi di legge e risorse, però, il Guardasigilli perde tutta la sua grinta rivoluzionaria. L’ultima dimostrazione è la bozza della manovra per il 2024, in cui i fondi stanziati in investimenti per far funzionare meglio la giustizia nei prossimi anni ammontano… a zero. A denunciarlo è Area, la maggiore corrente progressista dell’Associazione nazionale magistrati, in un durissimo documento intitolato “Lo sgambetto alla giustizia nella legge di bilancio”: “Il governo in carica mostra di aver scelto l’abbandono della macchina giudiziaria“, attaccano i sette membri del Coordinamento nazionale del gruppo, Giovanni “Ciccio” Zaccaro (giudice a Bari), Egle Pilla (giudice in Cassazione), Barbara Benzi (pm a Milano), Luca Minniti (giudice a Firenze), Daniela Galazzi (giudice a Palermo), Costantino De Robbio (giudice a Roma) e Graziella Viscomi (pm a Catanzaro).
I magistrati ricordano come “dall’insediamento del nuovo governo”, cioè ormai più di un anno fa, il ministro sia rimasto in un “silenzio assordante” a proposito del supporto finanziario agli uffici, di cui, in base all’articolo 110 della Costituzione, sarebbe proprio lui il responsabile. In compenso si assiste quasi ogni giorno a “impegnative dichiarazioni in merito a disegni di riforma“, dall’abuso d’ufficio alla prescrizione, dal concorso esterno alla separazione delle carriere, che non migliorano in alcun modo l’esistenza quotidiana di chi frequenta i palazzi di giustizia. Perché questo mutismo sulle risorse di fronte alla logorrea sulle riforme? La risposta, secondo il Coordinamento di Area, sta nel contenuto della manovra licenziata dal Consiglio dei ministri: nel testo non c’è “nulla per la crescita del personale amministrativo in servizio, nulla per assunzioni future, nulla per il potenziamento della digitalizzazione degli uffici”, sottolineano.
Eppure Nordio, all’inizio di quest’anno, aveva garantito che quelle risorse sarebbero state stanziate, “e in più di un’occasione (l’ultima volta, anche qui, venerdì scorso, ndr) ha ribadito che l’efficienza della giustizia è fondamentale per la crescita del Pil italiano”. Allora, si chiedono le toghe progressiste, “forse il ministro e il governo credono che gli scarsi investimenti del passato siano sufficienti? Forse si pensa che alla giustizia siano sufficienti le risorse provvisorie ottenute con il Pnrr?”. Non è così, perché è lo stesso Piano a specificare che accanto ai fondi europei straordinari servono “risorse di bilancio ordinarie e durature” e “nuovi investimenti rivolti a consentire di raggiungere gli obiettivi”, ricordano. Ad esempio, “come si pensa di colmare gli enormi vuoti di organico di personale amministrativo“, che in alcuni uffici arrivano al 40%? In manovra, poi, non è previsto “alcun fondo per la digitalizzazione né il rifinanziamento di quelli già esistenti”, e soprattutto mancano “le risorse per assumere a tempo indeterminato gli addetti all’ufficio per il processo“, i laureati che dovrebbero aiutare i giudici a smaltire l’arretrato ma si dimettono in massa, attirati da impieghi più stabili del contratto di tre anni offerto loro dal ministero.
Per tutti questi motivi Area richiama Nordio e il governo “alle proprie responsabilità in materia di investimenti per gli uffici giudiziari” e “auspica che il Parlamento apporti le necessarie modifiche alla legge di bilancio”. Auspicio assai difficile da realizzare, visto che la premier Giorgia Meloni ha blindato il testo bloccando qualsiasi emendamento che comporti ulteriori spese. Eppure, “l’assenza di investimenti per la giustizia non è solo grave in sé perché priva gli uffici di risorse fondamentali, ma anche perché tradisce una visione del governo per cui la giustizia non appare un settore fondamentale dello Stato e per la crescita del Paese“, denuncia Area. “L’abbandono a loro destino degli uffici giudiziari, del personale amministrativo e dei magistrati non è solo ingeneroso verso il loro impegno, ma è uno strumento di delegittimazione della magistratura tanto quanto l’attacco ai magistrati che prendono decisioni non condivise dalla maggioranza di governo”, come quello – ed è solo l’ultimo caso – di cui è stata vittima la giudice di Catania Iolanda Apostolico, che ha disapplicato il decreto Cutro sui migranti. “Abbiamo l’impressione che finora il governo abbia inseguito l’intervento-spot sulla polemica quotidiana, senza alcuna strategia di lungo periodo”, riassume al fattoquotidiano.it Giovanni “Ciccio” Zaccaro, neoeletto segretario della corrente al posto del pm romano Eugenio Albamonte. Per questo, dice, “al governo chiediamo di investire meno energie ad attaccare i colleghi e di più negli investimenti e nelle assunzioni. Pensiamo che ne beneficerebbe tutto il sistema giustizia”.