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Massacro del Circeo, la sorella di una delle vittime contro la fiction Rai: “Raccontano la nostra vita senza averci interpellati, ancora oggi non contiamo nulla”

A FqMagazine parla Letizia Lopez, la sorella di Rosaria, la 19enne che venne uccisa nel '75 da Angelo Izzo, Gianni Guido e Andrea Ghira

Questa sera su Rai Uno va in onda la prima puntata di “Circeo”, la miniserie che racconta la storia del massacro del ’75 che ha cambiato la storia del nostro Paese, scrivendone una pagina tra le più buie. La miniserie, diretta da Andrea Molaioli e scritta da Flaminia Gressi, Lisa Nur Sultan e Viola Rispoli, racconta delle torture che il 29 settembre del 1975 furono inflitte fino alla morte alla 19enne Rosaria Lopez (che venne uccisa) e alla 17enne Donatella Colasanti, sopravvissuta allo stupro fingendosi morta e scomparsa nel 2005 per un tumore al seno. A distruggere le loro vite furono Angelo Izzo, Gianni Guido e Andrea Ghira: tre studenti della Roma bene, cresciuti in seno alla “scuola cattolica” che lo scrittore Edoardo Albinati ha ben raccontato nel suo libro. “Circeo” si concentra più che sul truce delitto sul processo che ne seguì e sulla dolorosa battaglia della Colasanti grazie a cui lo stupro, fino ad allora reato contro la pubblica morale, divenne un reato contro la persona, con la legge 66 del 1996.

“Non è cambiato nulla da allora”: dice a FqMagazine la sorella di una delle due vittime del Circeo, Letizia Lopez. “Non ci sono state più violenze di gruppo? Non mi pare. Oggi è ancora peggio. Quei ragazzi erano frustrati da quell’ambiente cattolico e finto perbenista. Quel male si perpetua sempre perché esiste ancora nel contesto sociale e familiare. Quelli del Circeo erano già violenti a 14 anni ma non sono stati arrestati né fermati dai genitori all’epoca. Li hanno sempre coperti. Bisogna denunciare ma a cosa serve?”

Però quel processo ha cambiato una legge.
“Tutta una sceneggiata, cosa è cambiato? Denuncio e poi? L’esito è lo stesso. Nelle leggi basta una virgola perché vengano interpretate come servono, quando si vuole. Noi ci siamo sentiti abbandonati. La giustizia non è mai esistita perché quelli erano figli di papà ma non perché fossero di destra, anche se fossero stati di sinistra sarebbe stato così. Forse neanche se ne sarebbe parlato. La stessa Donatella fu abbandonata dalle istituzioni. Non mi sento sconfitta, è lo Stato che ha perso, io sono solo amareggiata, ho capito i giochetti delle istituzioni. È inutile tutto l’associazionismo che gira intorno a questo tema, non gliene frega niente a nessuno. Se lo Stato è violento di per sé, non basterà una serie a rimettere a posto le cose”.

Cosa ne pensa di Circeo? Crede rispecchi bene i tragici fatti di allora?
“Non so a cosa servirà questo film, ormai lo hanno fatto. Stanno raccontando la nostra vita, e non siamo stati chiamati a dire com’erano andate le cose. Non si può farlo solo con gli atti del tribunale. C’è della fantasia, era giusto così, non avendoci incontrati. Non contiamo nulla, non siamo stati informati se non a cose fatte. Perché va in onda adesso? Solo perché c’è la Giornata contro la violenza sulle donne?”

Non crede in questo genere di manifestazioni?
“Dove sono le femministe? Si nascondono nei salotti, parlano solo quando conviene a loro. All’epoca scesero tutte in piazza. Io non sono una femminista ma una donna libera. Oggi, ho 72 anni e devo dire che la parità non esiste ma dovrebbe esserci almeno quella lavorativa perché abbiamo molte più incombenze degli uomini che oggi forse gli si adeguano di più alle esigenze delle loro compagne. Ma tolto questo, il periodo storico che stiamo vivendo oggi – ancora non ve ne siete resi conto – è simile a quello di allora, c’è molta tensione politica per nulla. Questa prepotenza è il risultato di quella violenza. L’educazione familiare è malata, lo Stato è assente: non si può neanche uscire più di casa”.

Ha letto i diari di Angelo Izzo (uno dei tre aguzzini, nda) scritti dal carcere?
“Non l’ho letto e non lo leggerò. Quel libro lo ha scritto una giornalista, mi pare. Non mi interessa, la gente campa sulle nostre disgrazie. Della nostra sofferenza non importa a nessuno. Sono tutte fandonie. E Andrea Ghira? Per me non è morto finché non avrò le prove”.

Sarebbe morto a Melilla, nella sua casa di Costa della Vigna, dopo aver militato nella legione straniera spagnola, in seguito a overdose all’età di 40 anni il 2 settembre del 1994. Hanno anche riesumato la salma.
“Voglio le prove, perché il risultato di quella riesumazione è secretato? Gianni Guido? Lavora alla Caritas come se nulla fosse. Chi ce lo ha messo lì? Da chi è sostenuto? Se al suo posto ci fosse stato mio fratello, stia certa che non lavorerebbe alla Caritas ma noi siamo della Garbatella, eravamo il popolino. Quelli erano figli di papà appoggiati dalle istituzioni”.

Crede sia ancora così?
“Ancora oggi scendo per strada e sento tanta gente dire che se una ragazza viene stuprata la colpa è sua, di come è vestita, di quanto ha bevuto. Donatella e Rosaria erano lucidissime, non si drogavano, eppure sono state attaccate. Lo dicono tutti, sia a destra che a sinistra. Ancora chiedono alla vittima com’era vestita. Non vogliono uscirne fuori da questa mentalità, sia gli uomini che le donne. Non è stato fatto mai niente, né dalla destra, né dalla sinistra né dal centro. Donatella ha lottato per 30 anni da sola, fino alla morte. Non è finita qui, ce ne saranno altre di tragedie come quella, io vi avviso”.