“Ora a Breuil-Cervinia e Zermatt si incrociano le dita per le gare femminili, mercoledì la prima prova cronometrata”, è il ritornello che ripetono siti e giornali sportivi dopo l’annullamento delle gare di sci maschile sul ghiacciaio di fronte al Cervino. Per quanto riguarda la competizione di Coppa del mondo siamo a quota tre cancellazioni su tre, e il vero ‘opening’ della stagione, a questo punto, dovrebbe essere lo slalom di sabato 18 novembre a Gurgl, in Tirolo, nelle Alpi Venoste.

Hanno sventrato pezzi di ghiacciai millenario, per preparare le prime gare saltate, tra val d’Aosta e Svizzera, per una folle discesa libera con il via sulla Gobba di Rollin, ben oltre i 3mila metri. Hanno riempito e svuotato giganteschi ‘depositi della neve’, che non hanno ormai più nessun alone biblico mitologico (Giobbe 38), ma quasi ovunque nell’arco alpino affiancano gli impianti d’innevamento artificiale, dato che questi possono funzionare solo a basse temperature. L’illusione che le località turistiche più alte possano far resistere lo sci al cambiamento climatico s’infrange ogni anno di fronte alla realtà.

Ma non è finita così: le squadre di snowboard, per esempio, in questi giorni sono stati ad Amnéville Led Thermes, a 200 metri sul livello del mare, in Francia, nel dipartimento della Mosella, per prepararsi al chiuso dei nuovi grandi impianti coperti. E se la pista di bob pare solo la follia più esotica di Milano-Cortina 2026, i Giochi asiatici invernali del 2029 si terranno addirittura nel deserto di Tabuk, in Arabia Saudita, dove stanno costruendo una vera e propria città futuristica, Neom, con tutte le ‘snowhall’ del caso.

Bisognerebbe cominciare seriamente a pensare come riconvertire gran parte delle aree montane che con il riscaldamento globale non potranno più essere sfruttate per lo sci, e lasciarle magari conquistare da quel Terzo Paesaggio di natura ‘selvaggia’ di ritorno teorizzato da Gilles Clement e già applicato in alcune aree industriali in rovina.

Invece, come se niente fosse, nonostante le proteste e in alcuni casi persino gli interventi giudiziari, una sorta di grande alleanza politico-affaristica che si stende sull’intero arco alpino, prosegue nella corsa sfrenata alla costruzione di funivie e di scatole di cemento per depositare la neve o sciare al coperto, addirittura di veri e propri impianti da luna park, che si traducono solo in una spietata ulteriore distruzione del patrimonio naturale collettivo per favorire il divertimento privato dei pochi che sono ai vertici delle piramidi socio-economiche.

Gli esperti di marketing calcolano che il potenziale di popolazione europea per i cosiddetti sport invernali sia ormai sotto al 2 per cento. Ma l’obiettivo d’inseguire il turismo di lusso non conosce soste o stagioni. Per la nuova traversata funiviaria da Zermatt fino a Testa Grigia, nel cuore del gruppo del Monterosa, inaugurata quest’estate, il listino prezzi ufficiale segnava 185 franchi a biglietto, e certo si abbassa un po’ nel pieno della stagione invernale, a 135 franchi.

Quando la Cervino Spa ha presentato con grande orgoglio l’appuntamento con la Speed Opening di Coppa del mondo del ’23, per esempio, è stato rilanciato il progetto di un nuovo collegamento con gli impianti della Monterosa Ski, che dovrebbe essere costruito nell’area del colle delle Cime bianche, nonostante le proteste degli ambientalisti e degli appassionati di montagna.

E, tanto per gradire, si è parlato pure di una slittovia ‘alpine coaster’ (ovvero montagne russe in ambiente montano) che verrà impiantata tra il Lago di Lod e il paese di Chamois, località gioiello raggiungibile solo in funivia. Per avere un’idea della follia, basta andare a vedere l’impianto modello di questo nuovo affare da luna park dell’intrattenimento porno-alpino (definizione lanciata da Michil Costa per alcuni mega-alberghi dolomitici) che si trova proprio a Imst, o Imscht, come dicono gli austriaci, ai piedi del gruppo di Lechtal.

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