Pierpaolo Bombardieri ha adombrato l’ipotesi, neanche tanto velatamente, che la loro decisione risponda “a logiche politiche”. Ancora più chiaro Maurizio Landini: “Un’evidente forzatura politica, una compiacenza della commissione per un uso che il governo sta facendo”. La Commissione Garanzia Sciopero è così finita sotto i riflettori per la richiesta di rimodulare lo sciopero generale di venerdì 17 settembre indetto da Cgil e Uil, che l’hanno pesantemente attaccata attribuendole un ruolo politico. E scorrendo le loro storie personali e professionali di certo non mancano agganci con il centrodestra, perfino con Giorgia Meloni, in almeno tre figure tra le cinque che hanno stroncato l’iniziativa sindacale contro le politiche del governo. Per almeno uno di loro si tratta di radici profonde, di quelle che “non gelano mai” per dirla con J.R.R. Tolkien, autore molto caro alla presidente del Consiglio.
La delibera dell’autorità a cui la legge affida il compito di vigilare sulla convocazione degli scioperi, arrivata martedì, è diventata terreno di scontro politico, anche a causa di una decisione molto attesa dal ministro dei Trasporti Matteo Salvini che già domenica aveva avanzato l’ipotesi di precettare i lavoratori per sgonfiare le 24 ore di astensione proclamata dalle due sigle sindacali. E chi sono dunque i commissari che hanno valutato come “intersettoriale” e non “generale” lo sciopero, una decisione che porta a dover rispettare paletti più rigidi? Si tratta di cinque esperti del settore lavoro, indicati da Camera e Senato, nominati con un decreto dal presidente della Repubblica. Sono stati scelti lo scorso giugno e sono in carica dal 12 luglio.
E – al netto dei corposi e specifici curriculum vitae – i legami con la maggioranza di centrodestra non mancano per almeno tre membri su cinque. La presidente è Paola Bellocchi, docente di Diritto del lavoro all’università di Teramo. Accanto a lei un altro professore universitario, due avvocati e un economista. Si tratta di Fabrizio Ghera, docente di Diritto costituzionale all’università di Foggia, Peppino Mariano, Luca Tozzi e Paolo Reboani. Proprio questi ultimi tre, come facilmente rintracciabile anche dai loro curriculum sul sito della Commissione e segnalato dal deputato di Avs Angelo Bonelli, hanno avuto in passato diversi legami diretti con esponenti, attuali o passati, della maggioranza. Bellocchi e Ghera, invece, secondo La Stampa, sarebbero vicini ai leghisti Alberto Bagnai e Claudio Durigon.
Mariano ha un link diretto con Meloni: fu infatti suo consulente sulle materie del lavoro tra il 2008 e il 2011, quando era ministra della Gioventù. Ha radici antiche a destra, Mariano, che era nel movimento politico Fare fronte con il fedelissimo meloniano Giovanbattista Fazzolari: come racconta un articolo de L’Unità del 1992, fecero da “scorta” a una loro amica nel giorno della festa di laurea e si ritrovarono al centro di un’aggressione da parte di un gruppo di autonomi. Ad avere la peggio fu proprio Mariano, trasportato in ospedale con una prognosi di 30 giorni per una lussazione a un braccio e una contusione cranica, mentre Fazzolari riportò una frattura a un dito della mano sinistra.
Molto più fresca invece l’esperienza di Tozzi con un importante rappresentante della maggioranza: l’avvocato è stato consulente giuridico del ministro della Famiglia nel biennio 2018-19 durante il governo M5s-Lega. Chi era? Lorenzo Fontana, l’attuale presidente della Camera, organo che lo ha designato insieme agli altri quattro membri della Commissione. L’economista Reboani, curriculum più trasversale e già direttore generale del ministero del Lavoro ed ex componente del Cnel tra il 2005 e il 2010, in anni passati è stato invece consulente per ministri del Lavoro Roberto Maroni e Maurizio Sacconi, nonché sherpa internazionale della ministra Emma Bonino durante il governo Prodi.