La Commissione europea ha presentato mercoledì le attese previsioni economiche di autunno. Rivisto al ribasso il pil dell’Eurozona, previsto a +0,6% per il 2023 e +1,2 per il 2024, in discesa rispetto allo 0,8% e all’1,3 previsti a settembre. La Germania chiuderà quest’anno in recessione, con il pil a -0,3%, perché “la perdita di potere d’acquisto dovuta all’elevata inflazione e all’inasprimento delle condizioni di finanziamento grava su consumi e investimenti”, ha spiegato il commissario europeo all’Economia Paolo Gentiloni, in conferenza stampa a Bruxelles. “In futuro, i consumi privati sono destinati a riprendersi, spinti dagli aumenti dei salari reali. Insieme alla ripresa della domanda estera, ciò dovrebbe sostenere un moderato rimbalzo della crescita, allo 0,8% nel 2024 e all’1,2% nel 2025″. In sintesi, ha detto Gentiloni, “ci stiamo avvicinando alla fine di un anno difficile per l’economia dell’Ue, in cui la crescita ha rallentato più del previsto. Le forti pressioni sui prezzi e la stretta monetaria necessaria per contenerle, nonché la debolezza della domanda globale, hanno messo a dura prova famiglie e imprese“.
Per quanto riguarda l’Italia, l’attesa di crescita per il 2023 è stata ridotta allo 0,7% dallo 0,9% indicato nelle precedenti previsioni mentre è stata modificata al rialzo allo 0,9% l’attesa per il 2024, indicato in precedenza allo 0,8%. Un dato evidentemente atteso dal governo: martedì il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti in audizione sulla manovra ha ammesso che “l’obiettivo di crescita per l’anno in corso contenuto nel Documento programmatico di Bilancio (0,8%) potrebbe essere soggetto ad una – sia pure contenuta – correzione al ribasso”. Nel 2025 l’economia dovrebbe poi crescere dell’1,2%. L’inflazione è prevista per il 2023 al 6,1% (5,9% nelle attese di settembre) e al 2,7% nel 2024 (2,9% nelle stime precedenti), per poi portarsi al 2,3% nel 2025.
Il deficit/Pil italiano nel 2024 è stimato al 4,4%, dato che include “nuove misure con un impatto di aumento del deficit dello 0,7% del Pil. Ulteriori tagli al cuneo fiscale dovrebbero portare il gettito a crescere meno del Pil nominale. Poi “è atteso diminuire in modo marginale al 4,3% nel 2025. La previsione include il prolungamento al 2025 dei tagli al cuneo fiscale, un ulteriore aumento degli stipendi pubblici riguardante il periodo contrattuale 2022-24 e una ulteriore crescita dei pagamenti per interessi“. Il costo del servizio del debito nel 2024 è atteso salire al 4,2% del Pil, “a causa dei tassi di interesse più elevati per nuove emissioni di titoli” di Stato.
La prosecuzione del taglio del cuneo dovrebbe portare le entrate correnti a crescere meno del Pil nominale. La spesa primaria include l’indicizzazione delle pensioni all’elevata inflazione del 2023, il prolungamento e la modifica di specifici schemi di prepensionamento, in parte compensati da alcuni risparmi dalla revisione della spesa (0,1% del Pil). La realizzazione del Pnrr dovrebbe “sostenere gli investimenti”.