Finisce qui la corsa della proposta delle opposizioni sul salario minimo in Commissione lavoro alla Camera. Un emendamento a firma della maggioranza butta la palla in tribuna e delega il governo che dovrà emanare una serie di decreti per, si legge nei due articoli del testo, “assicurare ai lavoratori trattamenti retributivi giusti ed equi“. E poi “contrastare il lavoro sottopagato”, “stimolare il rinnovo dei contratti collettivi” e “contrastare il dumping contrattuale” che abbassa “il costo del lavoro e ridurre le tutele dei lavoratori”. Per fare tutto questo, la delega concede al governo sei mesi, giusto il tempo di arrivare a ridosso delle elezioni europee. Ma consente anche, magari superate le elezioni, di pensare a “correttivi”.
Dopo nove mesi e numerosi rinvii voluti dal governo, in Commissione lavoro alla Camera stavano per scadere i termini per la presentazione degli emendamenti alla proposta di legge delle opposizioni sull’introduzione di un salario minimo legale: 9 euro lordi l’ora, una cifra che in Italia 3,5 milioni di lavoratori non raggiungono (dato Istat). Nelle parole della ministra del Lavoro Marina Elvira Calderone, “siamo contrari al salario minimo per legge”. Così a pochi minuti dalla scadenza, la maggioranza ha trovato la quadra con un emendamento che sterilizza la proposta dell’opposizione e affidando tutto al governo che, tanto per cambiare, decreterà. Dal M5s al Pd, le opposizioni contrattaccano. Nelle parole della responsabile Lavoro del Pd, Maria Cecilia Guerra, il testo è “una schifezza”. “Hanno tirato finalmente fuori il coniglio dal cilindro: il contratto collettivo nazionale maggiormente applicato. Il nuovo faro guida per la giusta retribuzione. Un concetto pericoloso, perché non ancorato ad alcun criterio di rappresentatività dei soggetti che lo firmano, che favorisce paradossalmente i contratti pirata”, ha attaccato la Guerra in una nota. E spiega: “Vogliono quindi cancellare il riferimento, democratico, ai contratti firmati dalle associazioni datoriali e sindacali comparativamente più rappresentative, contenuto nella legge delle opposizioni”.
Ma vediamo nel dettaglio in cosa dovrà impegnarsi il governo entro i prossimi sei mesi. Tra i principi e criteri ai quali il governo dovrà attenersi secondo la delega, al primo posto troviamo proprio l’idea criticata dalle opposizioni: “Definire, per ciascuna categoria, i contratti collettivi più applicati in riferimento al numero delle imprese e dei dipendenti, al fine di prevedere che il trattamento economico complessivo minimo del contratto più applicato sia, ai sensi dell’art. 36 Cost., la condizione economica minima da riconoscersi ai lavoratori nella stessa categoria”. Di seguito e in base a questo principio, “stabilire l’obbligo, per le società appaltatrici e subappaltatrici, di riconoscere ai lavoratori coinvolti nell’appalto trattamenti economici complessivi minimi non inferiori a quelli previsti dai contratti collettivi più applicati nella categoria”. Ed “estendere i trattamenti economici complessivi minimi dei contratti collettivi a quei gruppi di lavoratori non raggiunti da alcuna contrattazione collettiva, applicando il contratto della categoria più affine”. Per farlo il governo dovrà “prevedere strumenti di misurazione” basati sull’indicazione obbligatoria, nella denuncia mensile che i datori fanno all’Inps (flussi UNIEMENS) “del codice del contratto collettivo applicato al rapporto”. A cosa esattamente si voglia approdare, però, il testo non lo dice e sarà appunto il governo a decidere cosa inserire in questa scatola dei desideri.
Che non finiscono qui. Si prevedono incentivi “a sostegno del rinnovo dei contratti collettivi nei termini previsti”, e l’intervento diretto del ministero del Lavoro che, di fronte a contratti scaduti o a settori non coperti dalla contrattazione collettiva, potrà adeguare i “soli trattamenti economici minimi complessivi”, eventualmente considerando quelli previsti “da contratti collettivi più applicati vigenti in settori affini”. Inoltre saltano fuori quelle che sembrano tanto “gabbie salariali”, affidate alla contrattazione di secondo livello: “Prevedere strumenti di incentivazione atti a favorire lo sviluppo progressivo della contrattazione di secondo livello con finalità adattive, anche per fare fronte alle diversificate necessità derivanti dall’incremento del costo della vita e correlate alle differenze dei costi su base territoriale“, è scritto al secondo comma del primo articolo, alla lettera d. E poi riformare la “vigilanza del sistema cooperativo” e “disciplinare la partecipazione dei lavoratori alla gestione e agli utili di impresa”. Quanto all’articolo 1 bis, il governo dovrà “perfezionare la disciplina dei controlli e sviluppare una informazione pubblica e trasparente in materia di retribuzione dei lavoratori e contrattazione collettiva”.
Bazzecole, insomma. Tipo “razionalizzare le modalità di comunicazioni tra imprese ed Enti pubblici in materia di retribuzioni e applicazione della contrattazione collettiva, prevedendo strumenti che rendono effettiva, certa ed efficace l’acquisizione del dato di applicazione della contrattazione collettiva a livello nazionale, territoriale e per categorie, nonché dei dati afferenti i trattamenti retributivi effettivamente riconosciuti”. Per non parlare della delega a “perfezionare, prevedendo anche il ricorso a strumenti tecnologici evoluti e l’implementazione di banche date condivise, le disposizioni in materia di ispezioni e controlli, aumentando l’efficacia materiale delle azioni di contrasto al ricorso a forme di lavoro nero o irregolare, evasioni contributive ed assicurative, applicazione di contratti collettivi non rappresentativi con finalità elusive in danno dei lavoratori, delle lavoratrici e degli Enti previdenziali”. Ovviamente tirando in ballo l’Ispettorato nazionale del lavoro, magari dimenticando per un attimo che i suoi dipendenti sono gli unici che ancora protestano e scioperano perché non hanno ricevuto la perequazione riconosciuta agli altri dipendenti ministeriali, a proposito di equità. E che anche per questo i concorsi dell’INL faticano a integrare le forti carenze d’organico, con i vincitori che, appena possono, vanno altrove.
Insomma, al posto di una proposta semplice, quella di garantire una retribuzione oraria sotto la quale non si può scendere per evitare il dilagare del lavoro povero, nel giorno in cui la Germania aumenta ancora il suo salario minimo, già sopra i 12 euro, la maggioranza ha servito una lettera dei desideri che, suggeriscono in tanti sui social, “era meglio mandare a Babbo Natale”. La lista è lunga e il governo avrà di che lavorare se vorrà davvero sterilizzare uno dei cavalli di battaglia delle opposizioni in vista della campagna elettorale per le europee. Se poi si trattasse di fare il passo più lungo della gamba, ci sarà tempo di rimediare. “Il Governo è delegato ad adottare uno o più decreti legislativi contenenti disposizioni correttive e integrative dei decreti legislativi adottati ai sensi del presente articolo, entro un anno dalla data di entrata in vigore di ciascuno di essi, nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi e secondo la procedura di cui al presente articolo”, chiudono entrambi gli articoli.