“Eravamo nella mia cucina di casa. Donna Jordan, la modella, si infilò i suoi shorts, parete bianca e scattai la foto. Dopodiché la portai a Emanuele Pirella, era allora un giovane pubblicitario. Lui fece solo la grafica”, ricorda cosi’ Oliviero Toscani, autore della fotografia e dello slogan che ha segnato la storia della pubblicità. “Non mi devono scippare il talento”.

Flash back. Maurizio Vitale è il giovanissimo amministratore delegato del Maglificio Calzificio Torinese, azienda di famiglia Maurizio vede in tv John Lennon indossare la camicia militare di un soldato caduto in Vietnam e comprende che i movimenti giovanili stanno per rivoluzionare il modo di vestire. Fa tingere di verde le magliette rimaste invendute: le arricchisce con patch militari ed è un successo. Il logo con due giovani seduti schiena contro schiena, è nato casualmente durante la pausa di un set fotografico dei costumi da bagno Beatrix con l’amico Oliviero. “I costumi non erano stati consegnati. Fotografai la modella in posa seduttiva, era praticamente nuda”. A sentirlo parlare sembrano due bischeri che giocano a bocce, quelle della creatività. Scontri e scintille. Come ha conosciuto Maurizio Vitale? “Si presentò da me che lavoravo come fotografo da Vogue in Piazza Castello a Milano. Parcheggio’ la sua Ferrari nel cortile. “Ti voglio fare da assistente. Ho delle idee. Era un figlio di papà da liquidare con un paio di battute. Invece…”. Invece? “Mi disse che voleva rivoluzionare l’azienda di famiglia che vendevano canottiere e calzini. Perchè non fai jeans? Ma quelli li fanno in America”, mi rispose. Andammo a New York, camminavamo per Times Square, fui folgorato da una scritta al neon Jesus Christ. Ecco lo chiameremo Jesus. E’ un nome che non ha bisogno di copywriter”.

Nel ‘73 fu il botto con Jesus Jeans, primo marchio di jeans italiano che diventa famoso grazie alla pubblicità “scandalosa” di Oliviero, autore degli indimenticabili slogan provocatori. Il primo fu “Non avrai altro jeans all’infuori di me” con la mano insinuante di Kirsten Gille che si slaccia la patta. L’anno dopo arrivò “Chi mi ama mi segua” stampato a caratteri cubitali sul sedere debordante di Donna Jordan. Se la prima pubblicità fa arricciare il naso ai bigotti, il secondo li fa incazzare proprio tutti. Arrivano querele, una scomunica e sequestro di manifesti da parte della polizia Buon Costume per offesa alla Morale Pubblica. Interviene anche il Vate del pensiero libero, Pierpaolo Pasolini, che conduce una battaglia tutta sua in nome dal jeans. Si buttano nel ring sociologi, religiosi e giuristi. Maurizio Vitale finisce sotto processo per vilipendio della religione. Davanti ai giudici inventa: “Signor presidente, io non volevo far riferimento alla frase di Gesù, bensì a quella, quasi identica, pronunciata da Filippo il Bello per convincere i nobili a seguirlo nella guerra contro i feudatari ribelli di Francia”. La racconta così bene che gli credono. Assolto.

Diamo a Oliviero quello che è di Oliviero. “Io sono stato l’art director di queste campagne pubblicitarie, Emanuela Pirella scelse i caratteri della scritta e la sua agenzia si occupò della distribuzione. Ho sempre rivendicato la paternità dei miei slogan”. Maurizio Vitale come Luciano Benetton ha incarnato una straordinaria storia italiana, entrambi pionieri geniali, ha lavorato con entrambi sulla potenza del messaggio dell’immagine. Differenze fra i due?

Sono entrambi campioni. Non si possono paragonare. E’ come fare un confronto fra Carl Lewis e Maradona”. Qualcuno dei suoi tre figli fa il fotografo? “No, hanno scelto altre strade. Solo uno si occupa della nostra azienda agricola vicino Bolgheri”. Nel 1979 Vitale annuncia l’accordo da 100 milioni di dollari per la produzione dei Jesus in Urss. È una rivoluzione. Inventa le sponsorizzazioni nel mondo dello sport e i testimonial e mette il marchio Robe di Kappa sulle maglie della Juventus. È come se tutte queste fortune reclamassero una dose massiccia di dolore.

Muore la figlioletta appena nata e la moglie in un grave incidente stradale, l’anno dopo scopre di avere l’Aids. Il suo è uno dei cinque casi italiani “ufficiali” di contagio eterosessuale. Entra in un programma sperimentale americano ma finisce per sorteggio nel gruppo del placebo. In pratica non lo curano. Muore nel 1987 a soli 42 anni. Il brand muore con lui, l’azienda fallisce. Ma rinasce alle soglie del 2000 grazie a Marco Boglione, l’ assistente di Maurizio ( aveva 25 anni quando lo assunse come direttore marketing). La storia ricomincia. Marco assume i tre figli di Maurizio, Juni, Tancredi e Oliviero (chiamato cosi’ per onorare l’amicizia con il fotografo). “ Non c’è giorno che non pensi a Maurizio, conclude Toscani, uno dei suoi ultimi lavori anti/gomorra è stato su Scampia. Lady Sting ha detto che New York è finita. Meglio Napoli. “E solo una marchetta pubblicitaria. New York è New York. Napoli tutt’al piu’ la puoi paragonare a Calcutta”. Un rimpianto: “Quante grandi cose avremmo potuto fare insieme. Lo ricordo sempre ogni volta che mi invitano a parlare. Gli devo tanto”. Oggi Kappa è sponsor delle Olimpiadi e fornitore ufficiali della Fisi, federazione sport invernali. La piazza dove Boglione lavora si chiama Largo Maurizio Vitale.

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