Quarantuno minuti d’automobile: meno di 27 km separano Anzio da Latina e chissà se l’occhio indagatore della Commissione parlamentare antimafia, (nonostante sia) guidata dalla onorevole Chiara Colosimo, vorrà aprirsi anche in quella direzione. Giusto lo scorso martedì, una nutrita delegazione della Commissione parlamentare antimafia, insieme alla omologa commissione del Consiglio regionale del Lazio, si recava in missione nei “territori” di Anzio e Nettuno e Colosimo dichiarava sui social: “Nei territori di Anzio e Nettuno sono presenti vari clan della mafia, della camorra e della ‘ndrangheta. Abbiamo la presenza acclarata dei Gallace, Perronace, Madaffari e Tedesco etc… Stiamo mappando la geografia dei clan in questi Comuni”.

Evviva! Speriamo si proceda appunto in direzione Latina, perché anche in quel “territorio” l’analisi potrebbe rivelarsi decisamente istruttiva. La Presidente, che come la sua mentore e leader è eletta proprio in quel collegio, avrà modo, se non le fosse già capitato, di riflettere sulle opere poco commendevoli del clan Di Silvio, legato ai Casamonica e, di relazione in relazione, le toccherebbe registrare anche quella tra i Di Silvio e l’ex potente tesoriere del suo stesso partito, Pasquale Maietta (parlamentare eletto nella XVII legislatura), coinvolto in diversi processi con accuse molto pesanti e fatto oggetto, lo si è appreso ieri grazie al Fatto, pure di un corposo provvedimento di sequestro patrimoniale di prevenzione chiesto dalle Procure di Latina e Roma (varrebbe la pena acquisirlo agli atti della Commissione per consentirne una adeguata disamina).

Le vicende che legano i Di Silvio all’ex tesoriere di Fratelli d’Italia sono state fin troppo ben arate, tra gli altri, da due caparbi giornalisti, Marco Omizzolo e Roberto Lessio, che a causa della loro cocciutaggine investigativa hanno ricevuto diverse intimidazioni, la più iconica delle quali consistette in uno lungo striscione fatto appendere (e presidiato manu militari) alla cancellata dello stadio del Latina calcio. Scoprirà la presidente Colosimo, chissà con quanta gioia, che proprio Omizzolo è un consulente della sua Commissione (gli si potrebbe chiedere una relazione sulla misura di prevenzione, per esempio).

Una settimana difficile questa per Colosimo, impegnata a rappresentarsi in una lotta senza quartiere contro le mafie, cominciata con il servizio di Report di domenica sera che ha ricordato all’opinione pubblica un passaggio chiave nella definizione del Dna di Fratelli d’Italia. Gli “Eredi-al-quadrato” (di Mussolini e di Berlusconi) di Fratelli d’Italia infatti, secondo quanto ricostruito da Report, non uscirono semplicemente dal cilindro finanziario e mediatico di Berlusconi in funzione “anti-Fini” per coprire il centrodestra appunto a destra, ma precisamente per vendicare l’affronto di Fini e Granata sulla vicenda Spatuzza.

Il super pentito Gaspare Spatuzza, che ebbe il merito di far riscrivere la storia della strage di via D’Amelio, contribuendo in maniera decisiva a scardinare il più grave depistaggio della storia repubblicana (il falso pentito Scarantino), parlò poi dei legami tra Graviano, Dell’Utri e Berlusconi. Apriti cielo! Alcuni scelsero la prudenza e restarono ai fatti, come l’allora (siamo nel 2009, XVI legislatura) vicepresidente della Commissione antimafia Granata, per il quale Spatuzza era credibile; altri invece spararono ad alzo zero in difesa del Presidente del Consiglio, cercando di annichilire il pentito, tra questi si distinse La Russa.

La ritorsione dei cavalieri del Cavaliere non si fece attendere e all’improvviso Spatuzza venne espulso dal programma speciale di protezione. Chi decise il provvedimento in quanto presidente della Commissione Centrale presso il Viminale, nonché sottosegretario del Ministero dell’Interno? Alfredo Mantovano, il quale oggi è niente meno che sottosegretario alla presidenza del Consiglio e Autorità delegata ai servizi di informazione per la sicurezza della Repubblica. Dove sono invece Granata e Fini?

Anche questo nodo, come il ruolo dei Di Silvio nel territorio di Latina, è destinato a venire al pettine della presidente Colosimo, visto il suo insistere sulla strage di via D’Amelio: è davvero ancora convinta che le riuscirà di trattare l’argomento restando legata e legando l’intera Commissione al surreale mandato dei “57” giorni che separano la strage di via D’Amelio da quella di Capaci, senza che questa indagine porti al ruolo appunto di Gaspare Spatuzza? Proprio ieri il seguito dell’audizione in Commissione antimafia di Salvatore Borsellino e del suo avvocato Fabio Repici credo che abbia definitivamente terremotato questa ipotesi.

Ma forse per la presidente Colosimo (nonostante), la via di uscita c’è ed è stata lei stessa farla intravedere qualche giorno fa durante una intervista: TikTok! Sì, avete capito bene, la Presidente ha annunciato infatti l’intenzione di convocare in Antimafia niente meno che TikTok e Instagram per lanciarsi in una nuova improcrastinabile campagna contro l’apologia di mafia che corre sulle note di trapper e neomelodici, scatenando il panico in rete.

Presidente, un consiglio da non-consulente, vada avanti: sarà sempre meglio un TikTok che un cha-cha!

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