“Le 200 forze di Hamas, che secondo l’intelligence dell’Idf erano presenti nell’ospedale di Shifa, sono svanite nel nulla?”. Inizia così un editoriale firmato da Yonah Jeremy Bob e pubblicato nella sera del 15 novembre dal Jerusalem Post, testata israeliana di orientamento di centrodestra, per commentare i primi risultati dell’operazione delle Forze di difesa di Tel Aviv all’interno dell’ospedale di Shifa. La struttura ospedaliera, la più grande di Gaza City, ospita centinaia di feriti che i medici cercano di curare in condizioni drammatiche con pochi medicinali e scarse attrezzature, e decine di famiglie sfollate e rifugiate lì per cercare riparo dai bombardamenti israeliani. Per giustificare l’assedio e l’entrata nella clinica, Tel Aviv ha sempre sostenuto come sotto l’ospedale ci fosse una rete di tunnel, attraverso i quali si accede alla centrale di Hamas, con centinaia di miliziani nascosti lì dopo l’attacco del 7 ottobre. A supporto di questa tesi, l’Idf aveva diffuso nei giorni scorsi una ricostruzione in 3d dei sotterranei.

L’intervento quindi era considerato da Israele come un momento cruciale di un’offensiva che ha già provocato 11mila vittime tra la popolazione di Gaza. In grado di assestare un colpo decisivo ai vertici di Hamas. Le aspettative nell’opinione pubblica erano molto alte, anche perché il costo in termini di vite umane (se così si può dire) è incalcolabile. E altissimo è anche quello in termini di immagine e credibilità internazionale. Da qui lo scetticismo e la delusione del Jerusalem post per ciò che è stato scoperto finora (l’operazione è ancora in corso). Nell’articolo si sottolinea come non ci siano stati arresti, “nessun terrorista ucciso all’interno e nemmeno uno scontro a fuoco dentro l’ospedale”. Sono stati interrogati giovani e adolescenti palestinesi, ma senza risultati apparenti. E “non è stato trovato nessun alto funzionario di Hamas”. In un altro articolo, sempre lo stesso analista, un esperto di intelligence, evidenzia la mancanza della “pistola fumante“. “L’Idf – scrive – ha mostrato un equipaggiamento militare nascosto dietro una macchina per la risonanza magnetica, videocamere sistematicamente oscurate in tutto l’ospedale e un gran numero di uniformi di Hamas, ma non ha trovato né le forze di Hamas, né segni di ostaggi nascosti lì”. Il giornale si chiede quindi se sia possibile che i miliziani siano riusciti a fuggire prima del blitz.

Le immagini dell’esercito a cui fa riferimento il Jerusalem post sono quelle di un video diffuso dall’Idf su Twitter, per fornire una prova dell’utilizzo delle stanze dell’ospedale da parte dei miliziani di Hamas. Una strategia comunicativa simile a quella utilizzata alcuni giorni fa per l’ospedale pediatrico Rantisi. Nei 7 minuti di video dentro Shifa, il portavoce Jonathan Conricus entra in un’area della clinica che lui definisce “bonificata”, indicando le telecamere di sorveglianza coperte. Mostra poi un primo borsone scuro posizionato dietro il macchinario per la risonanza magnetica, contenente un fucile Ak-47, una granata e un’uniforme.

Continua indicando dei fucili e munizioni “trovati dentro un armadio”, il contenuto di un’altra borsa con l’equipaggiamento per un miliziano, con scarpe, un’uniforme delle brigate Al-Qassam e un Ak-47. Il tutto “nascosto in una security area dell’ospedale”. Si sposta infine in un’altra stanza dove mostra trasmettitori radio e un laptop acceso, dove, sostiene il colonnello, “ci sono prove per un’incriminazione”. Il filmato è stato pubblicato una prima volta su X nella serata del 15 novembre, poi rimosso, e infine ripostato in una versione di 20 secondi più corta e con l’immagine del portatile oscurata. Una doppia pubblicazione che ha alimentato dubbi, teorie e critiche da parte degli utenti. Sono centinaia infatti coloro che hanno sollevato interrogativi sulla veridicità delle immagini, che a molti sono apparse “eccessivamente costruite”. Altri fanno notare come le armi trovate siano un risultato misero rispetto a quanto lo stesso esercito si aspettasse. L’elemento più controverso è l’immagine dello schermo acceso del computer, che nella prima versione appare senza maschera: “Perché oscurarlo in un secondo momento?” è la domanda di tanti. In un continuo scambio di accuse reciproche di fabbricazione di fake news che va avanti dal 7 ottobre, Hamas ha bollato entrambi i video, quello dentro Rantisi e quello dentro Shifa, come falsi. Di sicuro, come scrive il New York Times, le affermazioni e il contenuto del video dell’Idf “non possono essere verificati” da stampa o entità indipendenti.

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