“Ho vissuto il bullismo sulla mia pelle perché ero gay. Sono sempre stato un bambino pacifico, per la disperazione sono diventato aggressivo, una belva feroce. Ma sono riuscito a difendermi”. Con queste parole Guillermo Mariotto ricorda le difficoltà vissute nella sua infanzia, quando si è trovato a fare i conti con i bulli che lo attaccavano per il suo orientamento sessuale.
L’occasione per riavvolgere il nastro della memoria è arrivata allo stilista, giudice di Ballando con le Stelle e testimonial del Moige, con la notizia del suicidio di un ragazzo di 13 anni a Palermo: “Una storia infinita di ignoranza e crudeltà – ha detto parlando al Corriere della Sera e all’Adnkronos -. Ricordo che su un campo di calcio, dopo una partita, affrontai il capo del gruppo. Mi sono attaccato ai suoi capelli. Ci hanno dovuto separare. Da quel giorno sono diventato uno degli ‘intoccabili’. Purtroppo bisogna partire dall’educazione e dalla famiglia – prosegue Mariotto – Insegnare che non bisogna fare del male agli altri, anche semplicemente stare a guardare senza intervenire rende indirettamente colpevoli. A volte – chiosa – si nasce nei posti sbagliati. Bisogna saper voltare pagina, ‘fuggire’. Dopo essermi laureato in Venezuela sono andato a San Francisco. La mia salvezza, la mia rinascita.”
Quindi ha spiegato che la sua omosessualità era evidente all’epoca e che questo è stato uno dei motivi per cui è stato vittima di bullismo: “Si capiva che ero gay, vestivo in un certo modo, forse più elegante degli altri. I bulli sbroccavano perché ero forte nello sport, ciò li mandava letteralmente in bestia: figurarsi, un omosessuale…”. Mariotto ha anche subito violenze fisiche: “Se mi picchiavano? Regolarmente, mi aspettavano sotto casa. Se sono andato bene nell’atletica, con buoni tempi nei 100 metri, è perché ho imparato presto a scattare e scappare”.
Infine, Mariotto riflette sulla sua famiglia: “Volevo un gran bene alla favolosa nonna materna, Leonor. Ripeteva: ‘Guarda che non sei sbagliato, sei solo nato nel posto sbagliato. Prenditi una laurea e vai via da qui’. Mio fratello arrivò a dirmi che ero la macchia del nostro cognome, papà e mamma… mah, siamo lì. Così seguii il consiglio di nonna Leonor, andai in California, oasi di libertà, e mi laureai al College of Arts in disegno industriale”.