“Il mandato di cattura spiccato dalla Francia nei confronti di Bashar al Assad è un risultato storico”. È entusiasta Anwar al Bunni, avvocato siriano raggiunto a telefono da Ilfattoquotidiano.it. “Il presidente della Repubblica Siriana è accusato di crimini contro l’umanità, ora è politicamente finito e non potrà prendere parte ad alcun processo di transizione politica” spiega Al Bunni, da anni impegnato nella difesa dei diritti umani. Dalla Germania, dove vive, nel 2020 si rese celebre perché portò alla sbarra del tribunale tedesco di Coblenza due rifugiati siriani, Anwar Raslan e Eyad Al-Gharib, entrambi membri dell’intelligence di Damasco e accusati di crimini contro l’umanità. Il processo, conclusosi nel 2022, portò alla condanna all’ergastolo per Raslan e a quattro anni per Gharib.
“La legge francese – spiega al Bunni a Ilfattoquotidiano.it – permette la condanna in contumacia, come già accaduto l’anno scorso per Ali Mamluq e Jamil Hassan”, imputati in un processo imbastito da un tribunale parigino per la morte di due cittadini con doppia cittadinanza, francese e siriana, torturati a morte nelle carceri del regime. “Ora Assad, e chi è stato condannato con lui, non avrà libertà di movimento perché il mandato di cattura sarà trasmesso all’Interpol che lo estenderà a tutto il suolo europeo”.
La sentenza della giustizia francese, che ha chiesto l’arresto del presidente siriano, del fratello Maher e di altri due membri delle autorità siriane, arriva dopo anni in cui i giudici transalpini hanno esaminato prove e ascoltato testimoni. Il capo d’imputazione è quello di essere stati i responsabili dell’attacco chimico contro i civili nella Ghouta, un sobborgo nella periferia della capitale siriana, avvenuto nel 2013 e nel quale, secondo diverse fonti, furono uccisi circa un migliaio di civili.
All’epoca dei fatti, il governo siriano e i gruppi ribelli, che allora controllavano la zona colpita, si lanciarono in uno scambio di accuse. Gli Stati Uniti, guidati dall’amministrazione Obama, ventilarono l’ipotesi di intervenire militarmente in Siria contro il presidente Assad, ma si arrivò, grazie alla mediazione russa, a un piano di smantellamento degli impianti di stoccaggio del gas Sarin controllati dal governo siriano, senza però ottenere alcuna ammissione di responsabilità dell’attacco da parte delle autorità di Damasco.
Dal 2013, il dibattito su chi avesse usato le armi chimiche è riemerso diverse volte. Mentre per i familiari delle vittime non sembrava esserci alcuna giustizia: “Nella lotta all’impunità, questa è una sentenza capitale”, analizza il politologo libanese Ziad Majed, professore all’università americana di Parigi, parlando con Ilfattoquotidiano.it. “ I siriani non sono più invisibili davanti alla giustizia. Ora c’è un precedente che sarà importante per tutte le battaglie in nome della libertà”.
Sul fatto che Assad possa davvero finire in manette, Majed non si fa illusioni. “È molto difficile arrestare queste persone quando sono al potere perché godono di protezioni internazionali”. E aggiunge: “È l’inizio, però, dell’istituzionalizzazione di un processo nella lotta contro i criminali e l’impunità in Siria”.
Il lavoro dei giudici francesi è cominciato nel marzo del 2021, a seguito di una serie di testimonianze di sopravvissuti alla strage successivamente rifugiatisi in Europa. Oltre ad Assad e al fratello Maher, a capo delle forze d’élite del Paese in guerra da più di 12 anni, i mandati di arresto sono stati spiccati anche nei confronti del generale Ghassan Abbas, nel 2013 a capo della sezione n.450 del Centro siriano per gli studi e le ricerche scientifiche (Cssrs), e per il generale Bassam Hassan, all’epoca consigliere per gli affari strategici e ufficiale di collegamento tra il palazzo presidenziale e il Cssrs.
In Medio Oriente, aggiunge Majed, “molte persone sentono di essere state escluse dalla protezione del diritto e della comunità internazionale. Il risultato ottenuto per i siriani ci deve aiutare a portare davanti ai giudici anche quelli fra palestinesi e israeliani”. In questo senso, conclude, “non possiamo avere un doppio standard, dobbiamo sempre supportare la lotta contro l’impunità”.