A scioperare ci sono anche i lavoratori del ministero dell’Interno che lavorano nelle commissioni di valutazione delle domande d’asilo dei migranti. Il governo continua a promettere esami accelerati e rimpatri veloci. Ma chi si è dato appuntamento il 17 novembre a Roma, dalle 11.00 di fronte alla Commissione nazionale per il diritto di asilo di via Santi Apostoli, ci mette poco a costringere Meloni e soci a un bagno di realtà, accordo con l’Albania compreso. Lo sciopero, che arriva dopo mesi di agitazione, è stato indetto da Fp Cgil (Funzione pubblica) proprio per le carenze nell’organico e i carichi di lavoro insostenibili a fronte dell’immenso arretrato. Ma anche per lo svilimento di personale altamente qualificato che in piazza porterà lo striscione “tutelare il diritto d’asilo, tutelare la professionalità”. “Vogliono risolvere problemi politici con soluzioni amministrative senza i mezzi per farlo, e col decreto Cutro le cose sono ulteriormente peggiorate”, avverte Adelaide Benvenuto, coordinatrice nazionale Fp Cgil ministero dell’Interno.
Altro che protocollo con l’Albania e migliaia di domande d’asilo al mese. L’Italia non ha i mezzi nemmeno per processare in tempi ragionevoli quelle che esamina sul suo territorio. A dirlo sono i lavoratori assunti al Viminale, esclusivamente per le commissioni d’asilo, tra il 2018 e il 2019. Con il concorso indetto dall’allora ministro Marco Minniti per affrontare l’enorme arretrato e scongiurare le sanzioni Ue, ne sono entrati 400. “Personale altamente qualificato, tanto che molti hanno poi vinto altri concorsi, intrapreso carriere diplomatiche o prefettizie. Così in organico sono rimasti appena in 200”, spiega Benvenuto. Le condizioni di lavoro? “Pazzesche, hanno 85mila pratiche da smaltire e ritmi ormai insostenibili per un compito delicatissimo”. E se da un lato il ministero chiede di velocizzare le audizioni dei richiedenti, dall’altro manca addirittura il personale di supporto. “Così molte commissioni devono interrompere le audizioni per occuparsi della decretazione, che era di competenza di funzionari amministrativi e adesso tocca a chi è stato assunto con funzioni specialistiche e si sente abbandonato e dequalificato”, racconta Benvenuto.
“Le audizioni possono durare anche tre ore, dobbiamo studiare e fare ricerca per poter istruire il fascicolo, oltre alla difficoltà di trovare interpreti e mediatori culturali. Infine dobbiamo fare una proposta e partecipare alle riunioni collegiali dove si decide l’esito finale”, spiega una funzionaria ministeriale che aderirà allo sciopero ma chiede di restare anonima. “Si proclama un’accelerazione ma siamo stati caricati di lavoro e il lavoro è rallentato, altro che procedure accelerate”. Cioè? “Carichi enormi, locali spesso non idonei alle audizioni, personale ridotto, assenza di quello di supporto e di segreteria. E come non bastasse il decreto Cutro emanato dal governo ha aumentato gli adempimenti a nostro carico, rallentando le procedure anziché velocizzarle”. Ad esempio? “Quando una domanda viene respinta, nel nostro decreto dobbiamo inserire anche la notifica che impone allo straniero di lasciare il Paese, cosa che non è pertinente perché noi ci occupiamo di protezione internazionale, non di quello che compete a Prefetture e Questure, peraltro anch’esse sotto organico. Insomma, è tutto intasato”.
Così il recente accordo siglato da Giorgia Meloni e dal premier albanese Edi Rama, che punta a portare in Albania fino a 39mila migranti in centri gestiti dall’Italia sotto giurisdizione italiana sembra una chimera. “Non mi pare una cosa attuabile, a meno di non fare cose pasticciate”, dice la funzionaria. E l’ipotesi di fare le audizioni a distanza, in videoconferenza? “Da tempo si parla di far partire la registrazione delle nostre audizioni, ma dopo anni di attesa nemmeno questo si è riusciti a fare”. E se in Albania fosse diverso? “Già è complicato capirsi in presenza, avere interpreti bravi è spesso un’impresa che motiva le tante ore di audizione. Figuriamoci a distanza, non oso immaginarlo”. Spesso le persone che ascolta hanno subito violenze, abusi, mostrano ferite e cicatrici. “Poi ci sono ferite che non si vedono ma sono più difficili da trattare e a volte emergono dai silenzi, da reazioni non controllate che solo in presenza posso cogliere per capire se la persona ha vulnerabilità ed esigenze particolari”. E con amarezza ammette: “Coi ritmi imposti diventa ancora più difficile gestire i traumi altrui”.
Di che stupirsi? “Al ministero dell’Interno i servizi all’immigrazione sono tutti gestiti così: uffici disastrati dove una domanda di cittadinanza mediamente aspetta due anni, per non parlare delle prefetture: in quella di Roma ci sono ancora 8mila pratiche per l’emersione dei lavoratori in nero avviata nel 2020”, ricorda Benvenuto della Cgil. Che considera “aberrante” la possibilità, prevista dallo stesso dl Cutro, di inserire nelle commissioni territoriali funzionari amministrativi senza preparazione. “Infatti i rari esperimenti sono naufragati perché questa gente non aveva idea di cosa sia la protezione internazionale”, commenta chi nelle commissioni lavora. Tanto che la trovata è al momento lettera morta e discutere di Albania pare assurdo. “Non si vogliono fare nuove assunzioni e al Viminale di concorsi non si parla – chiude Benvenuto –, ma se il personale è sempre il nostro avrà l’obbligo di offrire le stesse garanzie: mi sembra solo un’operazione di propaganda”.