Sono più di un centinaio quelli in attesa di sentenza, circa duemila coloro che invece chiedono di essere ammessi a prove suppletive: in una lettera indirizzata al ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, alcuni docenti neo-ammessi in ruolo spiegano come siano finiti in un intricato paradosso normativo che li vede in attesa di una sentenza del Consiglio di Stato che, se negativa, potrebbe far loro perdere il posto fisso, la cattedra appena ottenuta, solo per essersi ammalati di Covid nel 2020. Potrebbero, in pratica, essere licenziati.
Per ricostruire la vicenda bisogna fare un passo indietro. I ricorrenti, nel caso specifico tramite la Flc Cgil – ma ci sono almeno altri due ricorsi pendenti – hanno partecipato al concorso per i posti nella scuola dell’Infanzia e primaria del 2020, in piena pandemia di Covid-19. Il bando, però, non prevedeva la possibilità di una prova suppletiva in caso di isolamento da Covid. Per questo motivo, molti dei partecipanti che alla data della prova scritta si trovavano in isolamento, come previsto dal decreto in vigore al tempo (siamo a quel punto nel 2021) hanno deciso di fare ricorso al Tar del Lazio, anche tramite i sindacati. E li hanno vinti. Tre sentenze in particolare hanno rilevato che “la mancata previsione di prove suppletive per la partecipazione a un dato concorso in relazione all’emergenza epidemiologica da Covid-19 appare una previsione illogica e irragionevole” e “ne discende che, a fronte di provvedimenti di carattere eccezionale e legati a una situazione pandemica, appare priva di logicità e ragionevolezza la mancata previsione di strumenti idonei a garantire la partecipazione di soggetti alle prove concorsuali”. Insomma, sarebbe stato giusto prevedere un’alternativa per chi fosse risultato in isolamento.
Il ministero dell’Istruzione a quel punto fa due cose: da un lato permette lo svolgimento delle prove suppletive, ma dall’altro impugna la sentenza e ricorre in appello al Consiglio di Stato. Così, a febbraio 2023, il ricorso viene respinto temporaneamente ma senza una sentenza definitiva: bisognerà arrivare a un unico orientamento interpretativo, ovvero quello atteso a breve. Il problema è che nel frattempo i candidati hanno affrontato le prove suppletive e chi le ha vinte è anche già entrato di ruolo, a settembre. Cosa succederà quindi se il Consiglio di Stato dovesse produrre una sentenza negativa, come sembrano far temere alcune delle ultime sentenze arrivate sui ricorsi di chi richiedeva le prove aggiuntive? Saranno probabilmente licenziati.
“Abbiamo avuto febbre alta, difficoltà respiratorie, mal di testa insopportabili e, nonostante questo, abbiamo continuato a studiare rinchiusi in casa con i Green pass bloccati”, spiegano al ministro i docenti. “abbiamo sacrificato la nostra libertà personale fiduciosi di un intervento. Ci siamo sentiti abbandonati, ma non abbiamo temporeggiato”. Nell’anno e mezzo tra il concorso e le prove suppletive, si legge nella lettera, “siamo rimasti precari senza alternativa e abbiamo lavorato, a testa bassa e con la serietà di sempre… Ci siamo sentiti traditi quando il ministero ha impugnato la sentenza positiva e la gioia per il risultato si è scontrata con le sentenze del Consiglio di Stato per casi analoghi ai nostri”. I docenti si oppongono al fatto che si possa ritenere loro responsabilità non essersi potuti presentare a sostenere la prova: “Durante la Pandemia sono state limitate molte libertà individuali, anche se per giusti motivi. Siamo riusciti comunque a raggiungere l’immissione in ruolo: perché ora dovremmo essere licenziati? Abbiamo svolto quello che ci è stato chiesto di fare, sostenuto un concorso come da bando. Cosa abbiamo di diverso dagli altri? Siamo stati assunti con un regolare punteggio e una regolare assunzione; abbiamo iniziato un anno di prova con serietà e tutto ciò che comporta. E ora, dopo tutto ciò, volete addirittura licenziarci?”.