Il gruppo parlamentare della Linke, la sinistra tedesca, sarà sottoposto a scioglimento dal 6 dicembre. Un passo a cui è costretta dopo la scissione promossa da Sahra Wagenknecht che ha annunciato la formazione di un nuovo partito che, se ci riuscirà, nel Bundestag conterà 10 deputati. Secondo i regolamenti del Parlamento tedesco un gruppo può essere composto solo da forze che non si fanno concorrenza – è il caso, ad esempio, delle formazioni di ispirazione cristianodemocratica Cdu e Csu – e deve essere costituito da un numero di deputati che rappresenti almeno il 5 per cento dell’assemblea. Nell’attuale Bundestag la soglia è di 37 persone e la Linke scenderà a 28. Occorre precisare che in tedesco si parla in effetti di scioglimento della “frazione parlamentare” perché l’ordinamento del Bundestag ammette anche una struttura più leggera che viene designata come “gruppo”. L’ultimo precedente di questo tipo che si ricordi risale agli anni Sessanta quando il Deutsche Partei – conservatore – perse una serie di deputati a beneficio del Cdu-Csu. La Linke era nata nel 2007 come risultato della fusione tra Partito della sinistra (Pds) e di Lavoro e giustizia sociale–L’alternativa elettorale (Wasg).
La spaccatura del partito della sinistra tedesca arriva in un periodo di grave crisi di consensi e si consuma su temi che sono stati o sono ancora controversi per tutta la sinistra europea, come la guerra in Ucraina, la gestione dei flussi migratori e prima ancora le campagne vaccinali durante il periodo Covid. Wagenkencht era contraria all’obbligo di vaccinazione (mentre il partito in pandemia si era attestato su posizioni critiche, ma non di acceso rifiuto alle disposizioni dell’allora ministro della Sanità Jens Spahn). Più di recente, sulla crisi ucraina, ha dato più la colpa agli Usa che a Putin ed il partito riteneva innegabile invece che è la Russia ad aver invaso un Paese sovrano. Wagenknecht è una pasionaria, ma ha anche visto il declino dei consensi della Linke ed ha capito che il tema importante è l’immigrazione incontrollata (spina nel fianco di tutta la sinistra tedesca, compresa quella di governo dei socialdemocratici di Olaf Scholz). E col suo nuovo partito vuole occupare lo stesso spazio della destra di Alternative für Deutschland, diventando automaticamente incompatibile con la Linke che nel frattempo ha messo in lista Carola Rackete, la comandante delle imbarcazioni di Sea Watch, celebre in Italia. Vari passaggi che hanno messo in evidenza quanto Wagenknecht fosse restia alla disciplina di partito. Ora ha fondato un’associazione che porta il suo nome, Alleanza Sahra Wagenknecht.
Nata in Turingia, nella Germania dell’Est, 53 anni, figlia di padre iraniano e di madre tedesca, Wagenknecht è entrata per la prima volta al Bundestag nel 2009, dopo essere stato cinque anni al Parlamento europeo. Dai rimpianti per la Ddr all’antagonismo al corso impresso alla Linke dai leader Gregor Gysi e poi Janine Wissler e Martin Schirdewan, Wagenknecht aveva già provato un’azione “autonoma” nel 2018 con la fondazione del movimento “Rialzarsi”, naufragato sul nascere. Poi , nel giugno 2021 ha dato alle stampe il libro manifesto I presuntuosi-Il mio controprogramma (il titolo tedesco originario era Die Selbstgerechten) con l’effetto che l’ala della sinistra progressista chiese la sua espulsione, che però la direzione – conscia della sua figura polarizzatrice – rifiutò. Il solco si è inesorabilmente allargato per le sue prese di posizione vicine ai no-vax, a Putin, ed ammiccanti alla destra populista. La rottura è arrivata quando a febbraio con la femminista Alice Schwarzer ha redatto un “Manifesto per la pace” e tra i primi firmatari è comparso Tino Chrupalla, leader della AfD. Non solo: il leader del partito di destra in Turingia Björn Höcke le chiese pure di passare nel loro partito. Alle critiche dal gruppo dirigente della Linke, Wagenknecht rispose che testimoniavano “il triste declino di quello che era stato un tempo il partito della pace”. A marzo disse apertamente di non volersi ricandidare per la Linke: le differenze tra lei e la dirigenza – disse – “erano così grandi che pensare come potessero essere ricomposte, andava oltre la sua immaginazione”. Il 27 gennaio 2010 aveva d’altronde già goduto il plauso dai neonazisti della Npd per non essersi alzata ad applaudire l’ex presidente di Israele Shimon Peres, premio Nobel per la pace 1994, ai suoi occhi uomo di Stato che aveva condotto delle guerre.
Il divorzio definitivo – dopo altre richieste di espulsione partite dall’interno del partito – si è consumato il 23 ottobre quando la stessa Wagenknecht ha reso pubblico di avere deciso di abbandonare la Linke, ma non il seggio in Parlamento (e la diaria). Nell’addio al partito la parlamentare è seguita da altri compagni di partito, come l’ex sindacalista bavarese Klaus Ernst e l’ex capogruppo Amira Mohamed Ali. E ancora Andrej Hunko, nel Bundestag dallo stesso anno di Wagenknecht, che con lei ed Ernst ha firmato una dichiarazione di chiamata di corresponsabilità degli Usa per la guerra in Ucraina.
Sul lungo termine, il futuro del partito dipenderà da come saprà riposizionarsi; se tornerà alle origini di “voce dell’Est”, anche con personalità estranee a quell’area come Janine Wissler o troverà un corso diverso? Il 5 novembre le direzioni del partito nazionale e regionali, con i capigruppo, hanno presentato un progetto di rilancio, ma quale strada sarà effettivamente intrapresa verrà probabilmente deciso al congresso ad Augusta dal 17 al 19 novembre e nei toni della manifestazione per la pace e contro il riarmo – la Germania ha annunciato il raddoppio degli aiuti all’Ucraina nel 2024 portandoli ad 8 miliardi – il 25 di questo mese. Si stima che se nascerà il partito di Sahra Wagenknecht, potrà d’altronde raccogliere più consensi nell’ala conservatrice e costituire un problema maggiore per la AfD, piuttosto che non per una nuova Linke sgravata da liti interne.