La vittoria a sorpresa di Bernardo Arévalo alle presidenziali del Guatemala ha scatenato la rabbiosa reazione dei poteri tradizionali e corrotti del paese che provano ora a impedire il suo insediamento. La procura Generale della Repubblica ed il Ministerio Pubblico stanno portando avanti azioni giuridiche contro il Movimento Semilla, partito del presidente eletto, e contro il binomio Bernardo Arévalo y Karin Herrera. Difficile non parlare di giustizia ad orologeria tanto che più volte, l’ultima il 16 novembre, anche l’Organizzazione degli Stati Americani (Osa) ha condannato l’azione giudiziaria contro il presidente eletto e la democrazia.

Nell’ultimo comunicato stampa diramato dall’Osa si legge: “La Segreteria Generale condanna la continua persecuzione politica da parte del Ministerio Pubblico che oggi si è estesa contro altri 28 cittadini guatemaltechi e che si aggiunge alle ripetute intimidazioni e vessazioni nei confronti di membri del Partito “Movimento Semilla”, attivisti per i diritti umani, accademici, giornalisti e altri attori sociali. La criminalizzazione e l’intimidazione contro attori politici e sociali in un quadro di persecuzione politica costituiscono una grave violazione dello stato di diritto e si discostano dai principi della democrazia”.

Addirittura l’ambasciata degli Stati Uniti ha preso posizione comunicando pubblicamente anche su Twitter che “se il Guatemala inizierà ad essere una società non democratica ci saranno conseguenze nelle relazioni commerciali”. Arévalo non si può certo considerate politicamente vicino agli interessi degli Stati Uniti d’America e la posizione dell’ambasciata americana mostra con forza quello che il Paese sta vivendo. Ad inizio novembre, dopo un mese di sciopero nazionale e blocchi stradali guidati dalle organizzazioni indigene ed ancestrali del Guatemala a difesa del processo democratico delle urne e contro la corruzione, la Corte Suprema Elettorale (Tse) ha validato la richiesta del giudice penale Fredy Orellana di sospendere il Movimento Semilla per presunte “anomalie nel processo di creazione” del partito nei precedenti 5 anni. L’azione giuridica contro il partito di Arévalo è iniziata il 12 luglio con la procuratrice capo Maria Consuelo Porras e la Procura speciale contro l’impunità (FECI) che hanno ha sequestrato le cassette contenenti i risultati delle elezioni. Mentre tra giovedì 16 e venerdì 17 novembre la giustizia guatemalteca è entrata in azione arrestando studenti, studentesse e docenti considerati responsabili dell’occupazione dell’Università San Marcos, tra cui una candidata alle elezioni per Semilla (Marcela Blanco), e coinvolgendo anche il presidente e la vice presidente come “mandanti morali” chiedendo la soppressione dell’immunità per i due eletti.

Il Ministerio Pubblico (MP) ha presentato una richiesta di custodia cautelare presso l’Ufficio di Gestione Criminale contro 28 persone tra cui il presidente eletto Bernardo Arévalo e la vicepresidente eletta Karin Herrera, nonché i deputati Samuel Pérez e Raúl Amílcar Barrera Robles (ex Procuratore Generale per i Diritti Umani), dal partito Semilla; Carlos Barreda, del VOS; e Adán Pérez y Pérez, del partito Winaq. L’accusa è di “crimini contro il Patrimonio Culturale della Nazione” per le azioni di resistenza di studentesse e studenti dell’Università di San Carlos (USAC) contro l’elezione di Walter Mazariegos come rettore.

Arévalo ed Herrera sono di fatto accusati di aver appoggiato, tramite dichiarazioni pubbliche e sui social media, l’azione di occupazione e resistenza di studenti e studentesse. Il presidente eletto ha commentato l’azione giudiziaria su Twitter scrivendo “le azioni del Pubblico Ministerio contro i membri del Movimento Semilla sono false e inaccettabili. Chiediamo rispetto per la sicurezza e l’integrità di Marcela Blanco e qualsiasi altro membro del partito sottoposto ad abusi. Adotteremo le misure necessarie per proteggerli e proteggerle”. Davanti a questo ennesimo attacco al processo democratico sabato 18 novembre una nuova ondata di protesta ha invaso la capitale, con una mobilitazione convocata per le 09.00 davanti al Campus dell’Università San Marcos. Manifestazione accompagnata dal 48esimo giorno di sciopero nazionale e presidio continuativo delle organizzazioni indigene e ancestrali davanti al Ministerio Pubblico per chiedere le dimissioni di Porras e la difesa della democrazia.

Ore prima è stato diramato un documento firmato da 850 persone (tra cui giornalisti, giornaliste, cittadine e cittadini) e decine di organizzazioni democratiche (tra cui molti mezzi di comunicazione indipendenti) del Guatemala contro la persecuzione di studenti, docenti, militanti politici e di associazioni per i diritti umani per la mobilitazione “contro la frode nell’elezione del rettore e contro il golpe di stato”. La corruzione strisciante nel Paese è uno dei motivi che ha portato milioni di persone a votare per Arévalo e a difendere il processo elettorale, soprattutto i popoli indigeni ed ancestrali. Questa è certamente una anomalia storica perché le popolazioni indigene si sono sempre sentite aliene al processo elettorale e abbandonate dallo Stato. Arévalo rappresenta per loro l’ultima speranza che il Guatemala possa essere un paese capace di tutelare anche i diritti indigeni e per questo sono i principali alleati del presidente eletto in questa fase. Arévalo avrà la responsabilità, se riuscirà ad insediarsi, di non tradire sforzi e aspettative di questi inaspettati ma fondamentali compagni di strada e di lotta.

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