L’elettrificazione non distrugge la filiera dell’auto, ma crea posti di lavoro. L’ansia da colonnina non ha più ragione di esistere e, soprattutto, il progresso tecnologico renderà più accessibili le macchine a zero emissioni e non il contrario. Fabrizio Longo, direttore di Audi Italia, sceglie il palco della H-Farm – più di una scuola di alta formazione di vari livelli (c’è anche il programma WeGeneration portato avanti assieme alla filiale nazionale della casa dei Quattro Anelli che quest’anno coinvolge altri 5 giovani studenti: Andrea Bernardo, Martina Gori, Veronica Babini, Nicolas Rossini e Alberto Sannino) per il quale il termine incubatore non basta più (“siamo un Venture Builder, diffondiamo la cultura dell’innovazione digitale”, spiega un volantino della struttura) – per una sorta di offensiva mediatica.
Lo fa a Roncade in occasione dell’incontro RE-Innovation prima da solo e poi assieme a Barbara Mazzolai, biologa e pioniera della robotica bio-ispirata, e ad Andrea Moccia, fondatore di Geopop. La ragione è semplice: “Sull’elettrico – chiarisce – le discussioni sono un po’ superficiali o molto ideologiche”. Non solo: “Il rischio di non decidere è più forte di attraversare un tunnel dove c’è qualche luce spenta, ma che devi attraversare se non vuoi perdere il treno dell’innovazione”, precisa. Audi e il gruppo Volkswagen di cui fa parte hanno già scelto: “Quella elettrica è la più efficiente tecnologia per la mobilità del futuro”, e non a caso vi hanno dirottato risorse ingentissime. Longo parla di una “curva di investimenti mai operata con questa intensità”.
Il manager ammette che fino a 7 anni fa alcuni degli elementi ancora oggi chiamati in causa per criticare le auto elettriche erano “fattori non abilitanti reali”, ma che adesso non reggono più. “Siamo preda di alcuni pregiudizi che rallentano l’adesione prima psicologica e poi effettiva a questa tecnologia”, ammonisce. “I numeri – insiste – non si possono negare, anche se poi ognuno è libero di fare ciò che vuole”.
Circa il temuto crollo dell’occupazione, un “allarme” peraltro lanciato dai sindacati di mezzo continente oltre che dalla CLEPA, l’associazione europea che rappresenta le migliaia di imprese che operano nel campo della fornitura dell’automotive, Longo sfodera un’analisi sviluppata assieme all’Università Ca’ Foscari di Venezia secondo la quale l’elettrificazione sarà “generatrice di posti di lavoro”.
Lo studio ipotizza il 12% di addetti in più in Italia nella galassia BEV (Battery Electric Vehicle) e del 6% direttamente nel comparto automotive entro la fine del decennio. In Europa, il solo giro d’affari del riciclo della batterie arriverà a valere 6 miliardi di euro entro il 2050. “Stanno nascendo nuovi business – avverte – e nel momento dell’abbrivio rischiamo di essere tagliati fuori da quegli aspetti che possono diventare fortemente caratterizzanti per il piano industriale di un paese”.
Longo si concede poi una stoccata, riprendendo in parte una considerazione che aveva già fatto a Trento in occasione de Festival dello Sport (l’elettrificazione “è una trasformazione industriale e va oltre i confini dell’automotive e sarebbe un peccato sprecare l’occasione per questa endemica capacità di non voler decidere”): “Non si vincono le partite stando negli spogliatoi”. “A forza di essere neutrali non si va né a destra né a sinistra: si perde tempo e basta”, rincara.
La rete di ricarica cresce nel Vecchio Continente al ritmo di 300 nuovi punti la settimana: in Italia le charging station sono 47.000 (3 anni fa erano 25.000 e fra altri 3 saranno 74.000) a fronte di 22.800 stazioni di rifornimento “convenzionali”. “Oggi se vuoi ricaricare la macchina, puoi ricaricarla: in autostrada e non”, assicura. Nemmeno tempi a autonomie sono più un problema: i primi sono scesi a 10 minuti per 150 km di percorrenza (talvolta anche 200) con un pieno completo in mezz’ora, mentre il raggio d’azione raggiunge e supera anche i 600 chilometri malgrado mediamente non si coprano più di 60 km al giorno. L’efficienza dei motori elettrici è del 90% contro il 40% di quelli endotermici, che “peraltro non sono mai stati virtuosi come oggi”.
La tecnologia ha compiuto grandi passi avanti: “A parità di dimensioni negli ultimi cinque anni l’efficienza degli accumulatori è cresciuta del settantacinque per cento”, ricorda Longo sottolineando lo strategico sviluppo delle celle. Anticipa che il gruppo e Audi impiegheranno quelle unificate e promette che “più i costi delle batterie riusciranno a ridursi, più questa innovazione tecnologica verrà restituita in termini di accessibilità, già oggi migliorata”.
Audi, dice, sta facendo la propria parte puntando alla completa neutralità carbonica perché il progresso è anche etico: “Non conta solo ciò che fai, ma anche come lo fai”. L’elettrico implica un impegno: “Se porto su strade auto a zero emissioni, ma le produco con un forte ricorso al fossile è promessa non mantenuta”, argomenta Longo. Che si prende ancora il tempo per rivendicare quanto fatto dal costruttore, che ha già 3 stabilimenti su 5 carbon neutral, che impiega attualmente il 41% di energia rinnovabile destinata a salire al 100% entro 6 anni, che ridurrà il fabbisogno di acqua per auto da 3,75 metri cubi a 1,7 e, tra le altre cose, che grazie al ciclo chiuso dell’alluminio risparmia energia che evita l’emissione in atmosfera di 525.000 tonnellate di CO2, l’equivalente di mezzo milione di alberi piantati.