“I dottori che non sono d’accordo a somministrare le terapie indicate da Correale vengono minacciati. La “sperimentazione fraudolenta” viene eseguita su tutti i pazienti del reparto. Ci sono stati pazienti, ormai moribondi, ai quali è stata comunque somministrata la chemioterapia, senza alcuna utilità. Anzi è controproducente, tanto da portare alla morte per tossicità”. E ancora: “Vi è un uso costante di sperimentazioni fraudolente e di farmaci non previsti. Inizialmente solo il Giannicola copriva il Correale, mentre altri medici, solo dopo minacce o nella speranza di gratificazioni, hanno ceduto alle pratiche del primario. Le minacce consistevano nel prospettare licenziamenti e trasferimenti”. È agghiacciante la denuncia-querela presentata ai Carabinieri da un dirigente medico del Grande ospedale metropolitano di Reggio Calabria, che aveva rilevato delle anomalie sul diario clinico di un paziente. Dalle sue dichiarazioni è partita un’indagine sul reparto di Oncologia che ha portato all’interdizione per un anno dell’ex primario Pierpaolo Correale e del suo vice Rocco Giannicola. Le accuse sono di somministrazione di farmaci guasti o imperfetti, falsità materiale e ideologica, abuso d’ufficio e truffa. La gip Karin Catalano ha disposto la misura cautelare su richiesta della Procura di Reggio Calabria, guidata da Giovanni Bombardieri.

L’inchiesta è iniziata nel marzo 2021 e si è conclusa nel dicembre 2022, quando i carabinieri del Nas e del Nucleo Aifa hanno presentato l’informativa finale ai pm. Gli indagati sono sette: oltre all’ex primario e al suo vice, sono accusati la direttrice della farmacia dell’ospedale Maria Altomonte, il responsabile dell’Unità farmaci antiblastici Antonio Nesci, il dirigente medico di Oncologia Domenico Azzarello, il presidente dell’associazione “Arco” Francesco Provenzano e la psicologa Mariangela Polifrone, collaboratrice del reparto. Dopo la denuncia, gli investigatori hanno disposto numerose intercettazioni telefoniche e ambientali, raccolto i verbali di diversi testimoni, realizzato una complessa attività peritale e sequestrato e analizzato oltre trecento cartelle cliniche. Tutto ha confermato i sospetti su quanto accadeva all’interno del reparto: in base a quanto accertato dai Carabinieri, tra il 2017 e il 2018 Correale e Giannicola hanno somministrato senza consenso a 13 pazienti oncologici farmaci sperimentali in assenza di autorizzazione o per patologie diverse da quelle previste nelle linee guida. In particolare, in concorso con la direttrice della farmacia e con il responsabile dell’Unità Farmaci antiblastici, l’ex primario e il suo vice sono accusati di aver attestato dosaggi superiori del farmaco Nivolumab rispetto a quelli realmente somministrati e patologie differenti da quelle reali, al fine di ottenere, a spese dell’Erario, quantitativi maggiori della medicina, poi dispensati a pazienti privi dei requisiti richiesti per la rimborsabilità.

“Il Nivolumab veniva somministrato anche per tumori per i quali non c’era evidenza né indicazione, come per esempio quelli della mammella e nello stomaco e nel pancreas”, ha raccontato una medica del reparto ai carabinieri dei Nas, guidati dal maggiore Giacomo Moschella. Quando si opponeva alle scelte terapeutiche, la donna subiva le pressioni del primario: “Correale mi diceva “sei sempre sotto contratto”, o “dovrai fare sempre un concorso“, e la mia paura era di perdere il posto, quindi assecondavo quello che potevo. Alla domanda sul perché il suo capo si allontanasse dalle linee guida, la dottoressa suggerisce una spiegazione: “Forse, se si adotta in larga scala una terapia che costa diverse migliaia di euro, aumenti i profitti derivanti da quei farmaci che nel nostro campo costano cifre esorbitanti. Ho notato un costante uso solo di farmaci della Bristol”. La Bristol è una grossa azienda farmaceutica dove, per un caso, lei stessa ha lavorato. E così può fornire agli inquirenti un elemento importante: “So per esperienza diretta che l’azienda riteneva Reggio Calabria un centro rifiorito con la gestione del dottor Correale… Le vendite a Reggio Calabria erano esorbitanti e quel centro dimostrava una certa fedeltà”. Stando alle accuse, inoltre, i due medici interdetti hanno realizzato queste condotte al fine di divulgare i risultati delle loro prassi cliniche tramite pubblicazioni scientifiche, così da accrescere la loro reputazione professionale per attrarre società farmaceutiche ed organizzatori di convegni.

Tramite le intercettazioni è stata scoperta anche una truffa da cinquemila euro ai danni della Pfizer, messa in atto dall’ex primario Correale in concorso con il dirigente medico Domenico Azzarello, con la psicologa Polifrone e con il presidente della onlus “Arco” Francesco Provenzano. In sostanza, la casa farmaceutiva avrebbe finanziato un progetto per il sostegno psicologico ai malati oncologici di fatto mai realizzato. Nette le conclusioni della gip Catalano nell’ordinanza: per Correale e Giannicola, scrive, c’è “indubbiamente un concreto e attuale pericolo di reiterazione di reati della medesima specie”. Entrambi, infatti, “non hanno disdegnato di trasgredire ai doveri anche di natura deontologica connessi all’esercizio della professione sanitaria e di abusare di quei poteri, certificativi, direttivi e terapeutici loro riconosciuti per finalità di ordine pubblico, da individuarsi, in tal caso, con la tutela della salute dei pazienti loro affidati e con la gestione del reparto ospedaliero. Il comportamento illecito realizzato dagli indagati è connaturato alla loro indole, rivelatasi fortemente refrattaria all’osservanza della legge e della normativa regolamentare”.

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